Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte europea dei diritti dell'uomo (di Francesco Trapella)


Severità del trattamento carcerario (Corte e.d.u., 31 ottobre 2019, Ulemek c. Croazia) La Corte di Strasburgo torna sui rapporti tra la severità del trattamento carcerario e la violazione dell’art. 3 Cedu. La permanenza in vinculis è sempre connotata da un certo grado di durezza: la privazione della libertà personale cagiona in chi la subisce un fisiologico disagio, che può esprimersi in forme diverse a seconda delle peculiarità individuali; per supportare i soggetti più fragili e per curare le evenienze più estreme va assicurata ai reclusi assistenza specializzata, sia fisica che psicologica. Ogni contesto che conduca la sofferenza del detenuto al di là del consueto, però, integra un trattamento degradante e merita la censura del giudice europeo (ex multis, Corte e.d.u., 12 marzo 2009, Aleksandr Makarov c. Russia, §§ 94-98). Nel corso degli anni la Corte ha rimarcato realtà variegate, in contrasto con i parametri convenzionali: nel particolare frangente ora in esame, l’art. 3 Cedu è infranto se lo spazio concesso a ciascun prigioniero non basta ad assicurargli un’esistenza dignitosa (es. Corte e.d.u., 6 novembre 2012, Longin c. Croazia, §§ 60-61), se non sono assicurate adeguate cure a chi ne abbisogni (es. Corte e.d.u., 29 novembre 2007, Hummatov c. Azerbaijan o, più recente e relativa al nostro Paese, Corte e.d.u., 25 ottobre 2018, Provenzano c. Italia), se l’istituto penitenziario versa in cattive condizioni igieniche (es. Corte e.d.u., 2 dicembre 2010, K. Russia e, in pari data, S.K. c. Russia) o, ancora, se il personale di sorveglianza s’atteggia con i carcerati in modo da lederne l’integrità fisica o morale (es. Corte e.d.u., 18 ottobre 2001, Indelicato c. Italia). È parso utile ricordare, sia pure per tratti generali, gli orientamenti della Corte europea sulla vita carceraria, così da meglio apprezzare la pronuncia che s’annota. Nel caso di specie, il ricorrente lamentava le condizioni della propria detenzione nella permanenza dei due istituti di Zagabria e di Glina, in Croazia. Per il primo, la Corte evoca Longin c. Croazia: in quella pronuncia del 2012, i giudici strasburghesi rilevavano l’inadeguatezza del carcere della capitale croata nei primi anni del nuovo millennio. Le medesime criticità vengono evidenziate nella sentenza ora in nota: ad ogni detenuto era concesso uno spazio di 3 metri quadri (talora, anche meno) e in ogni cella era collocato un numero di prigionieri che rendeva impossibile tra loro una convivenza tollerabile. L’esame della Corte si limita sostanzialmente a prendere atto che si tratta dello stesso penitenziario già esaminato in Longin e dello stesso periodo nel quale furono rilevate le problematiche appena accennate: ne deriva [continua..]

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Fascicolo 1 - 2020