Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte europea dei diritti dell'uomo (di Marcello Stellin)


NE BIS IN IDEM, DOPPIO BINARIO SANZIONATORIO (Corte edu, 16 aprile 2019, Ármannsson c. Islanda) La pronuncia in commento s’incunea in quel solco giurisprudenziale – oggetto di rimodulazione attraverso la recente sentenza A. e B. c. Norvegia (Corte edu, Grande Camera, 16 novembre 2016) – che concerne la compatibilità del c.d. doppio binario sanzionatorio (amministrativo/penale) rispetto al canone del ne bis in idem, sancito dall’art. 4 del settimo Protocollo addizionale alla Cedu. Detta norma vieta, infatti, che taluno possa essere perseguito penalmente o condannato per il medesimo fatto con riferimento al quale sia già intervenuta una sentenza definitiva. Si volga un rapido sguardo alla vicenda. In data 30 luglio 2009, l’autorità tributaria islandese dava inizio ad un’ispezione: il procedimento era finalizzato ad accertare se il ricorrente – un cittadino danese, già amministratore delegato di una delle più importanti banche dello stato convenuto – avesse correttamente dichiarato i guadagni ottenuti dalla vendita delle azioni acquisite dopo essersi dimesso dalla dirigenza dell’istituto di credito. L’accertamento si concludeva il 5 ottobre 2010 (§ 5). Gli esiti venivano comunicati il giorno successivo: il ricorrente apprendeva, da un lato, che l’agenzia delle entrate avrebbe esaminato il suo caso, in vista di un possibile ricalcolo delle imposte dovute e, dall’altro, che la propria condotta avrebbe potuto avere una rilevanza di carattere penale (§ 6). Su richiesta del Sig. Ármannsson, l’autorità tributaria decideva, tuttavia, di rimandare l’eventuale denuncia al pubblico ministero all’indomani della rideterminazione delle imposte da parte dell’agenzia delle entrate (§§ 7,52): tale calcolo, comunicato il 2 maggio 2011 – avente ad oggetto le imposte dovute con riferimento alle dichiarazioni dei redditi presentare tra gli anni 2007 e 2009 –, veniva, tuttavia, contestato dal ricorrente (§ 8). In data 12 gennaio 2012, l’agenzia delle entrate inviava, dunque, un nuovo accertamento, relativo alla suddetta parentesi temporale, cancellando la rivalutazione afferente ai guadagni ottenuti mediante la cessione del pacchetto azionario (§ 9). In data 2 marzo 2012 l’autorità tributaria trasmetteva gli atti al pubblico ministero, denunciando anche il possibile occultamento dei profitti relativi alla suddetta vendita delle azioni (§ 12): nel replicare alle cesure mosse dal ricorrente – il quale aveva, tra l’altro, eccepito la mancata scadenza del termine per impugnare il nuovo calcolo (§ 13) – l’autorità tributaria affermava che il pubblico ministero avrebbe compiuto un’indagine ex novo, valutando le prove a carico in maniera indipendente. Per tali ragioni, [continua..]

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Fascicolo 4 - 2019