Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
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La restituzione nel termine (di Luigi Palmieri, Dottore di ricerca in Teoria delle istituzioni dello Stato – Università degli Studi di Salerno)


La riforma Cartabia ha introdotto un rimedio finalizzato a consentire all'imputato giudicato in assenza di essere rimesso nei termini per la proposizione dell'impugnazione quando fornisca al giudice la prova della mancata, incolpevole, conoscenza del processo. In considerazione dell’entrata in vigore della causa di improcedibilità dell’azione penale (ex art. 344-bis, c.p.p.), si è reso necessario introdurre una disciplina transitoria per i procedimenti relativi ai reati commessi prima del 1° gennaio 2020. In tale ipotesi, non tiene conto, ai fini della prescrizione del reato, del tempo intercorso tra la scadenza del termine per impugnare e la notificazione alla parte dell’avviso di deposito dell'ordinanza che concede la restituzione.

Return within the legal term

The Cartabia Reform has introduced a remedy aimed at allowing the defendant judged in absence to be put back within the time limits for proposing an appeal when he provides the judge with proof of the lack of knowledge of the trial, innocent. In consideration of the entry into force of the cause of inadmissibility of the criminal prosecution (pursuant to article 344-bis, c.p.p.), it was necessary to introduce a transitional regulation for proceedings relating to crimes committed before 1 January 2020. In this case, for the purposes of the statute of limitations of the offence, it does not take into account the time elapsed between the expiry of the term for appealing and the notification to the party of the filing notice of the order granting restitution.

SOMMARIO:

1. I rimedi attivabili per la nuova ipotesi di assenza - 2. La disciplina transitoria prevista per la rimessione in termini - NOTE


1. I rimedi attivabili per la nuova ipotesi di assenza

La riforma Cartabia ha rinnovato la disciplina del processo in assenza, introducendo meccanismi idonei a valorizzare la funzione giurisdizionale deputata all’accertamento della partecipazione effettiva e consapevole dell’imputato al processo [1].

L’obiettivo perseguito dal legislatore delegato muove da un’esigenza processuale deflattiva finalizzata a neutralizzare prassi distorsive che determinano ricadute negative sui tempi di celebrazione del processo, spesso paralizzati da imputati irreperibili.

La riforma ha previsto la ridefinizione dei casi in cui il giudice – attraverso l’individuazione di plurimi criteri di valutazione – possa ritenere accertata l’effettiva conoscenza della pendenza del processo per procedere alla sua legale celebrazione in assenza dell’imputato [2].

A latere del reticolato normativo relativo al controllo dei presupposti per procedere in absentia si collocano i rimedi restitutori in favore dell’imputato (e del condannato) giudicato al di fuori dei casi che legittimano l’organo giudicante a procedere alla dichiarazione di assenza.

L’intero sistema dei rimedi è caratterizzato dall’opzione processuale concessa all’imputato di esercitare ex post diritti e facoltà dalle quali è decaduto, in ragione dell’errata valutazione del giudice sulle condizioni per procedere in sua assenza alla celebrazione del processo oppure quando lo stesso imputato dimostri di essersi trovato nell’assoluta impossibilità di comparire per causo fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento [3].

Di conseguenza, il legislatore ha ampliato il catalogo dei casi di restituzione in termine attraverso l’inserimento di una espressa previsione normativa – ex art. 175, comma 2.1., c.p.p. – che consente all’imputato giudicato in assenza, nei casi previsti dall’art. 420-bis, commi 2 e 3, c.p.p., di essere rimesso nei termini per proporla [4].

Il rimedio è attivabile nelle ipotesi di assenza accertata dal giudice (ex art. 420-bis, comma 2, c.p.p.) – dovuta, cioè, ad una scelta volontaria e consapevole dell’imputato – e di assenza consapevole (ex art. 420-bis, comma 3, c.p.p.) dovuta allo status di latitante rivestito dall’imputato o dalla sua volontaria sottrazione alla conoscenza della pendenza del processo.

In tali ipotesi, l’imputato che fornisce la prova di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo, e di non aver potuto proporre impugnazione nei termini «senza sua colpa», è rimesso dal giudice nei termini.

Il rimedio è, pertanto, esperibile soltanto dall’imputato giudicato in assenza che fornisca la prova della mancata conoscenza – incolpevole – successiva allo spirare del termine utile per la proposizione dell’impugnazione [5].


2. La disciplina transitoria prevista per la rimessione in termini

Per la nuova ipotesi rimessione in termini, è stato necessario introdurre – ex art. 88 del d. lgs 150/2022 – una diversa disciplina transitoria per i procedimenti che hanno ad oggetto reati commessi prima e dopo del 1° gennaio 2020, in considerazione dell’entrata in vigore del nuovo art. 344-bis c.p.p [6].

Pertanto, per i procedimenti che hanno ad oggetto reati commessi prima di tale data, nei quali sia stata disposta la restituzione in termine (ex art. 175, comma 2.1., c.p.p.), non si tiene conto, ai fini della prescrizione del reato, del tempo intercorso tra la scadenza dei termini per impugnare (di cui all’art. 585 c.p.p.) e la notificazione alla parte dell’avviso di deposito dell’ordinanza che concede la restituzione [7].

Nonostante per i reati antecedenti al 1° gennaio 2020 la prescrizione decorra anche nel grado d’im­pugnazione, il legislatore ha ritenuto di sterilizzare tale lasso temporale in coerenza con quanto già previsto dall’art. 175, comma 8, c.p.p.

Secondo quanto statuito da quest’ultima disposizione normativa, nel caso di accoglimento della richiesta di restituzione nel termine per impugnare non si tiene conto, ai fini della prescrizione del reato, del tempo intercorso tra la notificazione della sentenza contumaciale [8] (o del decreto penale di condanna) e della notificazione alla parte dell’avviso di deposito dell’ordinanza che concede la restituzione.

Si tratta, all’evidenza, di una sterilizzazione del lasso temporale non assimilabile né alla disciplina dell’interruzione e nemmeno a quella della sospensione della prescrizione, prevista soltanto per l’ipo­tesi di cui all’art. 420-quater c.p.p. (vecchia formulazione) che si verifica in caso di impossibilità della notifica all’imputato e che integrava l’unico caso di sospensione [9].

Lo schema procedimentale è stato, altresì, adottato, ex art. 175, comma 8-bis, c.p.p. anche per i reati commessi dopo il 1° gennaio 2020 a cui si applica, ex art. 344-bis c.p.p., la nuova causa d’improce­dibilità.

È opportuno rilevare come la neutralizzazione del termine rappresenta una clausola di salvaguardia del sistema a beneficio dell’imputato giudicato in assenza a cui è concesso il diritto – ricorrendone i presupposti di cui all’art. 175, comma 2.1., c.p.p. – di essere restituito nel termine per proporre l’im­pugnazione.

Diversamente, l’eventuale estinzione del reato – a seguito del computo del tempo trascorso tra la scadenza dei termini per impugnare e la notificazione alla parte dell’avviso di deposito dell’ordinanza che concede la restituzione – vanificherebbe l’opportunità di procedere all’accertamento dei fatti oggetto d’imputazione [10].

Del resto, la fisionomia della restituzione nel termine risponde alla necessità di assicurare all’im­putato – assente incolpevole – il pieno esercizio di tutti i diritti di difesa e di ottenere una nuova pronuncia giurisdizionale sul merito dell’imputazione.

Anche in sede sovranazionale si è evidenziata la necessità di sopperire alla stasi mediante il riconoscimento di idonee garanzie ispirate all’effettiva conoscenza del processo al fine di evitare inutili sospensioni che incidono negativamente sull’economia processuale [11].

In questo senso, le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo [12] sono da sempre orientate alla introduzione di strumenti preventivi per eludere la celebrazione di processi a carico di imputati inconsapevoli, e ripristinatori, per assicurare all’imputato, una volta venuto a conoscenza dell’esistenza del processo, il pieno esercizio del diritto di difesa [13].


NOTE

[1] Per un approfondimento sul nuovo processo in assenza, v. diffusamente in dottrina, L. Kalb, La nuova disciplina del processo in assenza dell’imputato: la ricerca di una soluzione equilibrata per il superamento di problemi ancora irrisolti, a cura di G. Spangher, La Riforma Cartabia. Codice penale – Codice di procedura penale – Giustizia riparativa, Pisa, Pacini Editore, 2022, p. 337 ss.

[2] Ai sensi del nuovo comma 2-bis dell’art. 420 c.p.p., il giudice procede in assenza dell’imputato soltanto dopo aver constatato la regolarità delle notificazioni. Sulla nuova disciplina in materia di notificazioni, v. in dottrina, D. Cimadomo, Notificazioni e Riforma Cartabia, in Dir. pen. e proc., 1, 2023, p. 121; Id., La nuova disciplina in materia di notificazioni, a cura di G. Spangher, cit., p. 147 ss.

[3] Le ipotesi sono richiamate negli artt. e 420-bis, comma 6, lett. a), b) e c), c.p.p. La riforma ha inoltre introdotto la previsione di una nuova ipotesi di nullità della sentenza rilevabile dinanzi al giudice dell’appello (ex art. 604, comma 5-bis e 5-ter, c.p.p.) e nel giudizio di legittimità ai sensi dell’art. 623 b-bis) c.p.p.

[4] Così il comma 2.1. dell’art. 175 c.p.p. introdotto dall’art. 11, comma 1, lett. b), n. 1, del d.lgs. 10 ottobre 2022 n.150.

[5] Sul punto, v. A. Nocera, I rimedi restitutori, in A. Nocera-G. Sessa (a cura di), Relazione su novità normativa “La Riforma Cartabia. Corte di Cassazione, Ufficio del massimario, 2023, p. 182. L’autore rileva che la previsione di cui all’art. 175, comma 2.1., è funzionale «[…] ad impedire un utilizzo strumentale del rimedio da parte di chi, dichiarato legittimamente assente nel giudizio, abbia avuto, nel corso dello stesso, successiva conoscenza del procedimento in tempo utile per intervenirvi, avvalendosi dei rimedi interni alla fase o per proporre impugnazione in via ordinaria».

[6] Come descritto nella relazione illustrativa al decreto legislativo, si è avvertita la necessita di un intervento per regolare le nuove disposizioni in materia di assenza e di restituzione del termine per proporre impugnazione a favore dell’imputato giudicato in assenza: «[…] il principio tempus regit actum potrebbe non essere soddisfacente, in ragione della difficoltà di individuare l’actum a fronte di una sequenza processuale concatenata; anche il tempus è di difficile individuazione quanto è un’intera sequenza processuale concatenata ad essere disciplinata ex novo». Cfr. sul punto p. 295. della relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 «Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari». In dottrina, v. G. Varraso, Il “nuovo” processo in assenza dell’imputato, a cura di D. Castronuovo-M. Donini-E. M. Mancuso-G. Varraso, Riforma Cartabia. La nuova giustizia penale, Milano, Wolters Kluwer, 2023, p. 601.

[7] Negli stessi termini, il legislatore si è espresso per i procedimenti di impugnazioni per i reati commessi successivamente al 1° gennaio 2020. Ed invero, ai sensi dell’art. 175, comma 8-bis, c.p.p. (introdotto dall’art. 11 comma 1, lett. b), n. 3, del d.lgs n. 150/2022) se la restituzione nel termine è concessa a norma dell’art. 175, comma 2.1., c.p.p. non si tiene conto, ai fini dell’improcedibilità di cui all’art. 344-bis, c.p.p., del tempo intercorso tra il novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine previsto dall’art. 544 c.p.p. – come eventualmente prorogato ai sensi dell’art. 154 delle nome di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di rito – e la notificazione alla parte dell’avviso di deposito dell’ordinanza che ha concesso la restituzione.

[8] Il riferimento dell’art. 175, comma 8, c.p.p. alla «sentenza contumaciale» è da ritenersi parzialmente abrogato ad opera dalla l. 28 aprile 2014, n. 67 che ha eliminato l’istituto della contumacia e disciplinato il processo in assenza nonostante continui ad applicarsi nei confronti degli imputati che siano già stati dichiarati contumaci alla data del 22 agosto 2014, stante la disciplina transitoria di cui all’art. 15-bis della citata legge, inserito in essa dalla l. 11 agosto 2014, n. 118. Sul punto, v. Cass., sez. V, 3 febbraio 2020, n. 14001, in CED Cass., n. 279102. Rileva in dottrina G. Magliocca, Sub art. 175 c.p.p., in A. Giarda-G. Spangher (a cura di), Codice di procedura penale commentato, t. I, Milano, Wolters Kluwer, 2023, p. 2334, «[…] il riferimento letterale alla notificazione della sentenza contumaciale tuttora esistente deve ritenersi implicitamente abrogato». Ed invero, l’attuale formulazione dell’art. 175, comma 2, c.p.p. ha limitato alla sola ipotesi di decreto penale di condanna, eliminando qualsiasi riferimento alla sentenza.

[9] In questi termini, Cass., sez. II, 31 maggio 2022, n. 28722, in CED Cass., n. 283843.

[10] Sul punto, v. Cass., sez. V, 15 maggio 2019, n. 32426, in CED Cass., n. 277101. La richiamata sentenza ha ritenuto il mancato computo del termine, ai fini della prescrizione, tra la notificazione della sentenza contumaciale o del decreto penale di condanna e la notificazione alla parte dell’avviso di deposito dell’ordinanza che concede la restituzione (ex art. 175, comma 8, c.p.p.) compatibile con il principio di ragionevolezza (ex art. 3 Cost.) e con quello della ragionevole durata del processo (ex art. 111 Cost.).

[11] Il riferimento è alla direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali.

[12] Ex plurimis, Corte e.d.u., 18 maggio 2004, Samogyi c. Italia, n. 67972/01 Corte e.d.u., 10 novembre 2004, Sejdovic c. Italia, n. 56681/00.

[13] La Corte costituzionale ha già avuto modo di evidenziare che il diritto di difesa dell’imputato (assente inconsapevole) prevale sul principio di ragionevole durata del processo giacché «un processo non giusto perché carente sotto il profilo delle garanzie, non sarebbe conforme ad un modello costituzionale, quale che sia la sua durata». Sul punto, v. C. cost., 4 dicembre 2009, n. 317, in Giur. cost., 2009, 6, p. 4747.