La sentenza in commento offre l’occasione per analizzare una questione interpretativa particolarmente delicata e di notevole rilievo pratico: l’ambito applicativo della confisca diretta di una somma di denaro. Per evidenziare appieno la portata, le conseguenze e le perplessità derivanti dal principio di diritto stabilito dalla Corte di legittimità, l’Autore si preoccupa di esaminare preliminarmente il c.d. microsistema delle confische e l’evoluzione giurisprudenziale in materia di sequestro orientato alla confisca di denaro.
Parole chiave: confisca – confisca diretta – confisca per equivalente.
The judgment offers the occasion to analyze a peculiar sensitive interpretive issue of remarkable importance: the scope of application of direct confiscation of a sum of money. To fully highlight the extent, the consequences and the perplexities that come from the principle of law established by the Court of Legitimacy, the Author decides to examine preliminarily the so-called microsystem of confiscation and the jurisprudence evolution on the subject of seizure oriented to the confiscation of money.
1. I termini della questione - 2. Il microsistema delle confische - 3. Il percorso giurisprudenziale in materia di confisca diretta di denaro - 4. Sez. Un. 42415/2021: rilievi critici - NOTE
La sentenza in commento ha ad oggetto il dibattuto quesito in ordine ai presupposti applicativi e alla natura giuridica del sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro. Attraverso questa decisione la Corte di legittimità, nella sua composizione più autorevole, tenta di dissipare una volta per tutte i dubbi in ordine a quel rigoroso orientamento giurisprudenziale a mente del quale la confisca del denaro, per la sua natura di bene fungibile, si qualifica in ogni caso come ‘diretta’. Ed infatti, nonostante i molteplici arresti in materia, la Sesta Sezione della Cassazione si è fatta ancora una volta portatrice delle perplessità dogmatiche di questa tesi, rimettendo alle Sezioni Unite la seguente questione: «se il sequestro delle somme di denaro giacenti su conto corrente bancario debba sempre qualificarsi finalizzato alla confisca diretta del prezzo o del profitto derivante dal reato anche nel caso in cui la parte interessata fornisca la “prova” della derivazione del denaro da un titolo lecito». Di fronte ad un formante giurisprudenziale che ha di fatto rinunciato alla necessità di provare il nesso di derivazione del denaro oggetto di apprensione dal reato, la Sezione rimettente – in un’ottica di compromesso tra esigenze investigative e garanzie del cittadino – ha proposto di rileggere tale nesso di pertinenzialità in chiave di presunzione relativa, superabile quindi attraverso la dimostrazione della lecita provenienza del bene. Investita della questione, la Suprema Corte – anticipando sin da subito l’esito del percorso motivazionale – ha ribadito, in continuità con il precedente giurisprudenziale, che «qualora il prezzo o il profitto derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca viene eseguita, in ragione della natura del bene, mediante l’ablazione del denaro, comunque rinvenuto nel patrimonio del soggetto, che rappresenti l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario da quest’ultimo conseguito per effetto del reato; tale confisca deve essere qualificata come diretta, e non per equivalente, e non è ostativa alla sua adozione l’allegazione o la prova dell’origine lecita del numerario oggetto di ablazione». Di conseguenza, in virtù della natura fungibile del denaro, dovrebbe sempre considerarsi diretta la confisca di denaro che costituisce il prezzo o il [continua ..]
La confisca è un istituto di notevole rilievo pratico, quale strumento di contrasto soprattutto alla criminalità economica e organizzata. Viene spesso definita come una figura giuridica proteiforme [1] poiché «a fronte di un medesimo effetto sostanziale, consistente nell’ablazione del bene […], diversa può essere la fisionomia dell’istituto in rapporto alla specifica disciplina positiva» [2]. Nel nostro ordinamento, infatti, convivono diverse tipologie di confisca che, a loro volta, presentano una diversa natura giuridica, pur condividendo il medesimo nomen iuris. Del resto, la Corte costituzionale era giunta alla medesima conclusione già nel 1961, ben prima che proliferassero numerosissime forme “speciali” di confisca: «La confisca può presentarsi, nelle leggi che la prevedono, con varia natura giuridica. Il suo contenuto, infatti, è sempre la stessa privazione di beni economici, ma questa può essere disposta per diversi motivi e indirizzata a varia finalità, sì da assumere, volta per volta, natura e funzione o di pena, o di misura di sicurezza, ovvero anche di misura giuridica civile e amministrativa» [3]. Questa è la ragione per cui, lessicalmente, sarebbe più corretto parlare di “confische”, al plurale, in modo da evidenziare e distinguere le differenti peculiarità di ogni manifestazione di questa figura giuridica [4]. La forma “classica” di confisca è descritta dall’art. 240 c.p. fra le misure di sicurezza patrimoniali. Tale figura generale prevede, nel caso di condanna, la confisca facoltativa delle cose «che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto». È invece obbligatoria, anche se non è stata pronunciata condanna, la confisca del prezzo del reato e delle cose “intrinsecamente criminose”, ossia il cui uso, fabbricazione, porto, detenzione o alienazione costituisce di per sé reato. Dal 2012, oltre alle ipotesi di confisca obbligatoria è stata aggiunta quella riguardante i beni e gli strumenti informatici o telematici utilizzati per la commissione di reati c.d. informatici [5]. A differenza delle misure di sicurezza personali, tale istituto non presuppone la verifica della pericolosità del reo. Al contrario, secondo [continua ..]
A questo punto della trattazione, dopo aver analizzato le peculiarità strutturali e la natura giuridica della confisca diretta e di quella per equivalente, diviene necessario «sporcarsi le mani con la law in action» [18] per calarsi nella specifica tematica del sequestro preventivo finalizzato alla confisca di una somma di denaro. In altri termini, una cursoria rassegna giurisprudenziale consente di contestualizzare e, di conseguenza, valorizzare il principio di diritto di cui alla decisione in commento. Il primo approdo verso l’istituzione della misura – di matrice giurisprudenziale – della confisca diretta del valore del denaro è tradizionalmente rappresentato dalla nota sentenza Gubert [19]. Segnatamente, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, chiamate a decidere circa la possibilità di «aggredire direttamente i beni di una persona giuridica per le violazioni tributarie commesse dal legale rappresentante della stessa» (in questo caso, il reato di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto di cui all’art. 10 ter d.lgs. n. 74/2000), oltre a dirimere la questione contingente, giungono ad affermare che il denaro e gli altri beni fungibili che costituiscono il profitto del reato sono sempre beni confiscabili in via diretta ex art. 240, comma 1 c.p. Due, in particolare, gli snodi ermeneutici intorno ai quali la decisione si sviluppa. Da un lato, forzando il valore semantico del concetto normativo di “profitto di reato”, si perviene alla conclusione che il profitto confiscabile comprende «non soltanto i beni appresi per effetto diretto ed immediato dell’illecito, ma anche ogni altra utilità che sia conseguenza, anche indiretta o mediata, dell’attività criminosa». Dall’altro, viene arbitrariamente svalutato il canone della pertinenzialità – indefettibile presupposto per la confisca diretta – attraverso il richiamo al carattere fungibile del denaro [20]. Nella sentenza in esame si legge, infatti, «qualora il profitto tratto da taluno dei reati per i quali è prevista la confisca per equivalente sia costituito da denaro, l’adozione del sequestro preventivo non è subordinata alla verifica che le somme provengano dal delitto e siano confluite nella effettiva disponibilità dell’indagato, in quanto il denaro oggetto di ablazione deve solo equivalere [continua ..]
Suscita particolare interesse la “dichiarazione di intenti” esplicitata al § 11 del considerato in diritto: «Le Sezioni Unite intendono rispondere al quesito posto dalla Sezione remittente dando continuità al principio di diritto affermato, in tema di sequestro a fini di confisca diretta del prezzo o profitto monetario del reato, da Sez. Un. Lucci». In questo modo, la decisione in commento “scopre le carte” e, di conseguenza, prende le distanze da tutte quelle sentenze – riportate nel paragrafo precedente – dirette a mitigare l’assolutezza del decisum Lucci. Secondo l’impostazione avallata dalla Corte, la natura fungibile del denaro giustificherebbe un regime peculiare di confisca diretta che, lungi dal potersi qualificare come per equivalente e avere, quindi, carattere sanzionatorio, non perderebbe la sua natura di misura di sicurezza che mira a disincentivare l’attrattiva del reato. Difatti, ove si permettesse al reo di provare la provenienza lecita delle somme per evitare la misura ablativa, «sarebbe sufficiente all’interessato spendere o dissipare la provvista monetaria rappresentativa del profitto del reato, in modo da “esporre” alla confisca le sole disponibilità monetarie della cui acquisizione possa dare giustificazione perché egli possa sfuggire […] alla inabilitazione patrimoniale» [33]. Questa soluzione, tuttavia, non può ritenersi pienamente convincente. Le criticità di questa tesi attengono sia ad un piano logico, legato al concetto di pertinenzialità, che a ragioni di ordine sistematico. Come più volte ribadito, presupposto indefettibile della confisca diretta è il nesso di pertinenzialità tra la cosa oggetto della confisca e il reato [34]. Proprio tale rapporto tra res e illecito giustifica l’ablazione patrimoniale, permettendo di qualificare come pericolosa la cosa e, di conseguenza, di incidere sui diritti patrimoniali dei cittadini nel perseguimento di finalità di interesse generale. Pertanto, laddove difetti tale nesso, sarebbe impossibile qualificare la res come pericolosa e, a cascata, sarebbe certamente inapplicabile l’istituto della confisca diretta/misura di sicurezza [35]. In altri termini, la necessità di individuare un legame tra reato e res risponde a fondamentali esigenze di garanzia: solo il bene appreso per effetto [continua ..]