Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte europea dei diritti dell´uomo (di Francesco Trapella)


Carcere, pericolosità sociale e salute psichica

(Corte e.d.u., 24 gennaio 2022, Sy c. Italia)

La vicenda riguarda un giovane di nemmeno trent’anni, afflitto da bipolarismo e da plurimi disturbi della personalità; nel luglio 2017, egli veniva ristretto agli arresti domiciliari nell’ambito di un procedimento che lo vedeva indagato per molestie contro la ex fidanzata, per resistenza a pubblico ufficiale e per lesioni; allontanatosi dalla propria residenza, era collocato in carcere: lo stesso giudice che disponeva l’aggravamento della cautela, chiedeva alla direzione del penitenziario di relazionare circa le condizioni di salute dell’interessato, al fine di stabilirne la compatibilità con lo stato detentivo. Contestualmente aveva luogo un incidente probatorio per il vaglio della capacità d’intendere, di volere e di stare in giudizio, e della pericolosità sociale del ragazzo: le conclusioni riferite dal perito all’udienza del 3 ottobre 2017 raccontavano di una personalità mista di tipo antisociale e borderline, di disturbi bipolari, talvolta connessi al consumo di cannabis e di cocaina; all’epoca dei fatti, l’uomo si trovava in una fase di grave scompenso che ne cagionava un’infermità tale da escludere la responsabilità per quanto commesso. L’esperto proseguiva, poi, nell’esporre la pericolosità sociale dell’indagato che avrebbe imposto un percorso di cure alternativo al collocamento in carcere. Da ultimo, il giovane era perfettamente in grado di partecipare coscientemente al proprio processo. Tre giorni dopo, sulla scorta di tali rilievi, il giudice ordinava la cessazione della custodia carceraria, con collocamento dell’interessato in una residenza per l’esecuzione di misure di sicurezza (di qui in avanti, semplicemente, REMS) per il periodo di un anno; la misura avrebbe dovuto essere attuata il prima possibile e, nelle more, l’uomo sarebbe stato collocato presso un apposito centro di accoglienza. In pari data, poi, su richiesta del pubblico ministero, veniva disposto il giudizio immediato. Il 22 novembre 2017 l’odierno ricorrente era prosciolto sulla base delle risultanze peritali testé sintetizzate; nondimeno, con la sentenza era disposta la misura del collocamento nella REMS per sei mesi, osservando il giudicante che quanto previsto con l’ordinanza del 6 ottobre precedente non era stato eseguito, stante l’indisponibilità delle strutture contattate dal tribunale ad accogliere il ragazzo.

segue

Il 23 dicembre 2017 l’attuale ricorrente era rimesso in libertà; un mese dopo, spontaneamente, raggiungeva una struttura medica per avviare un percorso terapeutico personalizzato. Vista la situazione, il pubblico ministero sollecitava il magistrato di sorveglianza ad esaminare il caso; con un provvedimento depositato nel giugno 2018 era ordinata la libertà vigilata per un anno, con prosecuzione delle cure già avviate dall’interessato; questa soluzione – si legge nell’ordinanza, suffragata da un rapporto del Servizio pubblico per le dipendenze patologiche – era preferibile al collocamento in REMS e meglio avrebbe fatto fronte alla perdurante pericolosità sociale del giovane. Alla fine del giugno 2018, autorizzato a lasciare temporaneamente la comunità, l’odierno istante fu vittima di una nuova crisi, causata dall’abuso di stupefacenti; ricoverato d’urgenza in ospedale, alla dimissione non fu riammesso presso la struttura terapeutica e rimase, perciò, a piede libero. Il 2 luglio 2018 il giovane veniva nuovamente arrestato, stavolta poiché sorpreso nella flagranza di un furto; il tribunale lo collocava in carcere, in stato custodiale. Il medico dell’istituto consigliava l’isolamento del ragazzo, visti i suoi deliri e il suo stato di profondo disturbo; dalla documentazione del sanitario emerge, poi, che l’interessato non aveva coscienza delle ragioni per cui si trovasse, di nuovo, rinchiuso e che, anzi, aveva maturato un forte senso di persecuzione; alla fine del luglio 2018 il ricorrente era collocato in un reparto ordinario, in contatto con gli altri ristretti; un mese dopo si registrava un peggioramento degli stati d’ansia e un rifiuto della terapia farmacologica. Il 9 novembre 2018 il tribunale sentiva nuovamente il perito che l’anno prima aveva relazionato sull’interessato; le conclusioni riprendevano, più o meno, le precedenti: al momento dei fatti che portarono al secondo arresto, il ragazzo era parzialmente incapace di intendere e di volere, rimaneva socialmente pericoloso e avrebbe dovuto essere sottoposto ad un programma misto di terapia e di riabilitazione, con adeguate cure farmaceutiche e l’avvio di un percorso di risocializzazione. In mancanza di queste iniziative – sottolineava l’esperto – sarebbe stato molto elevato il rischio di nuove fasi di acuto scompenso, con reiterazione degli episodi criminosi. Alla fine del novembre 2018 il giovane era condannato ad un anno e due mesi di reclusione, diminuita la pena per la sua parziale infermità; non venivano applicate misure di sicurezza e la custodia carceraria era sostituita con quella in luogo di cura. Ben presto il provvedimento si rivelò insufficiente e l’interessato veniva nuovamente ricondotto in carcere dove, all’inizio del 2019, tentava il suicidio. Dopo quest’episodio lo psichiatra [continua..]

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