Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Pena pecuniaria: nuova disciplina, vecchi problemi (di Matteo Rampioni, Dottore di ricerca in Procedura penale – Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”)


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 Sebbene la riforma introduca degli spunti interessanti, soprattutto in materia di pena pecuniaria sostitutiva, l’ec­cessiva genericità dell’art. 1, comma 16, l. 27 settembre 2021, n. 134, da un lato, e le difficoltà sociali-economiche che attanagliano il Paese, sembrano minare in radice l’intento di restituire effettività alla pena pecuniaria.

Parole chiave: pena pecuniaria - conversione della pena pecuniaria.

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Pecuniary penalty: new discipline, old problems

Although the reform introduces some interesting ideas, especially in the field of substitute pecuniary penalty, the excessive genericity of art. 1, paragraph 16, l. 27 September 2021, n. 134, on the one hand, and the social-economic difficulties that grip the country, seem to undermine the intent to restore effectiveness to the pecuniary penalty.

SOMMARIO:

1. La novella - 2. Considerazioni - NOTE


1. La novella

In materia di pena pecuniaria la c.d. Riforma Cartabia [1] ricalca, in buona parte, la strada già tracciata dalla Commissione Lattanzi [2]. L’obiettivo è quello di cercare di superare la concezione «carcerocentrica», secondo cui la reclusione rappresenta l’unica ed effettiva risposta alla criminalità [3], promuovendo strumenti sanzionatori alternativi per la repressione dei reati. Tra le diverse iniziative, rileva certamente il tentativo di valorizzare il ruolo della pena pecuniaria, fino ad oggi ridotta “a mera ancella della pena detenitva” [4]. Sebbene si sia ben consapevoli di non poter attualmente raggiungere (vista anche la grave crisi economica in cui versa il Paese) le percentuali di pene pecuniarie erogate da Paesi come la Germania e l’In­ghilterra – dove, a partire dagli anni ‘80 sino ad oggi, questa tipologia di sanzione rappresenta l’80% del totale delle condanne – i dati offerti dalla Commissione Lattanzi (in sede di relazione all’art. 9-bis – Disposizioni in materia di sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi) sono drammatici: dal 2015 ad oggi il tasso di pene pecuniarie sostitutive eseguite oscilla tra l’1 ed il 2,4%. Non a caso la stessa Corte costituzionale, in due diverse occasioni (sent. n. 279/2019 [5] e 15/2020 [6]), ha auspicato “un complessivo intervento […] volto a restituire effettività alla pena pecuniaria, anche attraverso una revisione degli attuali, farraginosi meccanismi di esecuzione forzata e di conversione in pene limitative della libertà personale”. La riforma, da un lato (art. 1, comma 16, l. 27 settembre 2021, n. 134), dispone novità di carattere «generale» mediante cui: a) razionalizzare e semplificare il procedimento di esecuzione; b) rivedere, secondo i criteri di equità, efficienza ed effettività, i meccanismi e la procedura di conversione della pena pecuniaria in caso di mancato pagamento per insolvenza o insolvibilità del condannato; c) prevedere procedure amministrative efficaci, che assicurino l’effettiva riscossione della pena pecuniaria e la sua conversione in caso di mancato pagamento. Dall’altro, ed è forse l’aspetto più interessante, modifica sensibilmente la disciplina della pena pecuniaria sostitutiva, ispirandola a quella di matrice tedesca che [continua ..]


2. Considerazioni

Sebbene le intenzioni della riforma siano ampiamente condivise, si nutre invece qualche perplessità sull’effettivo successo della novella; non tanto per l’eventuale inutilizzazione dello strumento sanzionatorio in questione, quanto, soprattutto, per via della realtà economico-sociale in cui versa il Paese e per le enormi difficoltà pratiche (mancata escussione dei crediti; mancata conversione della sanzione) che sino ad oggi si registrano. Rispetto al primo aspetto (realtà economico-sociale) le questioni, almeno secondo chi scrive, sono essenzialmente due: da un lato, si deve considerare che la quantità di persone oggi in grado di far fronte ai crediti di giustizia, complice anche la pandemia in corso (che, come è noto, fa crescere il tasso di povertà a dismisura), si assottiglia sempre più, rendendo di fatto inutilizzabile, sia la sanzione pecuniaria, sia la sanzione sostitutiva (neppure lo strumento delle quote sembra infatti sufficiente a garantire una maggiore effettività della pena in questione). Dall’altro, essendo l’Italia un paese caratterizzato dalla forte evasione ed elusione fiscale, il sistema delle quote rischia, paradossalmente, di agevolare due volte queste categorie di soggetti: “la prima perché non paga le imposte; la seconda perché, quando condannato a una pena pecuniaria basata sul sistema dei tassi giornalieri, se la caverà a modico prezzo, rispetto a quanto noto al fisco” [13]. Rilevano poi le difficoltà applicative. La prassi giudiziaria evidenzia come: non solo, il tasso di riscossione dei crediti di giustizia non raggiunge neppure il 30% nelle sedi più virtuose [14], ma, inoltre, la conversione (in detentiva) delle pene pecuniarie non pagate non avviene praticamente mai; solitamente, infatti, interviene la prescrizione del reato che rende ineseguibile la condanna. Non aiuta, poi, a dipanare le perplessità la vaghezza dell’art. 1, comma 16, l. 27 settembre 2021, n. 134. L’utilizzo da parte del legislatore di formule generiche non consente infatti di far comprendere la reale portata innovativa del provvedimento. Poco chiare, infatti, sono le modalità attraverso cui attuare, sia i meccanismi di razionalizzazione e semplificazione del procedimento di esecuzione, sia le procedure amministrative per assicurare l’effet­tiva riscossione della pena [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2022