Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Opposizione all'atto perquirente non seguito da sequestro (di Giorgia Padua, Dottore di ricerca in Diritto pubblico – Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”)


L’art. 1, comma 24, della legge 27 settembre 2021, n. 134, reca i principi e criteri direttivi cui il Governo deve attenersi, in sede di attuazione della delega, in materia di controllo giurisdizionale della legittimità della perquisizione. In particolare, deve essere introdotta la possibilità di proporre opposizione al g.i.p. avverso il decreto di perquisizione al quale non abbia fatto seguito un provvedimento di sequestro. Si tratta di una previsione ispirata ad esigenze garantistiche che si pone in linea con i dettami della Corte di Strasburgo.

In attesa del legislatore delegato, si rende, dunque, opportuna una riflessione sulle ragioni che hanno motivato la scelta legislativa, nonché sulle caratteristiche del rimedio prescelto.

 

Opposition to the police search not followed by seizure

Art. 1, paragraph 24, of the law no. 134/2021, contains the principles and criteria which the Government must comply with in the regulation of the judicial control of the police search’s legitimacy. In particular, it must be introduced the possibility to propose opposition to the judge against the search not followed by seizure. The provision is inspired by the protection of individual guarantees and it is in line with the dictates of the European Court of Human Rights.

While waiting for the delegated legislator, it is therefore advisable to reflect on the reasons that motivated the legislative choice, as well as on the characteristics of the chosen remedy.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Ratio e obiettivi della novità legislativa - 3. Il grado di autonomia dell’atto esplorativo - 4. Forma, contenuto ed efficacia del controllo giurisdizionale - NOTE


1. Premessa

Con la legge 27 settembre 2021, n. 134 [1], il legislatore della recente riforma del processo penale ha inteso affrontare, in qualità di soggetto delegante [2], alcune fra le più impellenti criticità del sistema della giustizia penale. L’indifferibilità di un’operazione di riordino scaturisce dagli impegni presi in sede eurounitaria, che richiedono la riduzione della durata dei giudizi penali [3], oltre che dalla evidente sfiducia sociale nei confronti di un sistema giudiziario deficitario quanto a efficienza e autorevolezza. In campo strettamente processualpenalistico [4], due sono i fronti principali di intervento: uno “formale”, relativo alla durata dei procedimenti; l’altro “materiale”, connesso alla qualità della macchina giudiziaria [5]. Quanto al fattore tempo, si è avvertita la necessità di fronteggiare le disfunzioni dovute alle lungaggini processuali che non consentono una rapida definizione dei giudizi, frustrando tanto il principio costituzionale di ragionevole durata, quanto l’esigenza di tutela delle vittime [6]. Così, la riforma incide, fra gli altri, sugli aspetti relativi alla scansione temporale nella fase delle indagini e dell’udienza preliminare, all’esercizio dell’azione penale, alla digitalizzazione, alla semplificazione di atti e notificazioni, agli istituti deflattivi e alla razionalizzazione dei mezzi di impugnazione [7]. Sul versante qualitativo, il disegno descritto dalla novella legislativa insiste sull’efficientamento della giustizia, visto anche attraverso la lente della giurisdizionalità. Non mancano, infatti, tentativi di valorizzazione delle pretese di garanzia, basati sulla ricerca di un maggiore equilibrio fra le prerogative delle parti e il ruolo del giudice anche nella fase delle indagini preliminari. In questa seconda prospettiva si inserisce la norma qui in esame, concernente il controllo giurisdizionale della legittimità della perquisizione. L’art. 1, comma 24, della legge delega reca, infatti, i principi e criteri direttivi cui il Governo deve adeguarsi nel riformulare la disciplina contenuta nel codice di rito in materia di perquisizioni, laddove prescrive che debba essere previsto «il diritto della persona sottoposta alle indagini e dei soggetti interessati di proporre opposizione innanzi al giudice per le indagini [continua ..]


2. Ratio e obiettivi della novità legislativa

L’occasione per riflettere sull’opportunità di introdurre una “finestra di giurisdizione” nell’impal­catura normativa dedicata alle perquisizioni è arrivata direttamente da Strasburgo, allorché la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riscontrato la violazione, nel nostro ordinamento, dell’art. 8 CEDU. Nello specifico, con la sentenza del 27 settembre 2018, Brazzi c. Italia [10], la Corte e.d.u. ha condannato lo Stato italiano per il mancato rispetto della norma sul diritto al rispetto della vita privata, in ragione della mancata previsione di un controllo giurisdizionale, ex ante o ex post, sulla legittimità del decreto di perquisizione. Il nocciolo argomentativo della pronuncia ruota intorno ai requisiti di legalità convenzionale degli atti intrusivi realizzati dalla pubblica autorità, la cui soddisfazione è condizione necessaria di compatibilità del diritto interno con la Convenzione. In proposito, l’art. 8 CEDU, nel sancire solennemente il diritto di ogni persona «al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza» (par. 1), consente un’interferenza nell’esercizio di tale diritto, purché funzionale al soddisfacimento di interessi di primaria importanza [11] e «prevista dalla legge» (par. 2). Proprio quest’ultimo inciso rappresenta l’aggancio normativo rilevante nel caso in questione, dal momento che – secondo la linea interpretativa adottata dalla Corte e.d.u. – per soddisfare tale ultima condizione non è sufficiente rispettare il principio di legalità, esteso ai suoi immediati corollari di prevedibilità, tassatività e determinatezza, ma occorre anche che la disciplina nazionale sia conforme al principio dello stato di diritto [12]. Con un ulteriore grado di approfondimento concettuale, ciò implica che – a livello interno – la base giuridica atta a sostenere l’ingerenza della pubblica autorità deve altresì prevedere un “controllo effettivo” sulla misura che infligge un vulnus ai diritti fondamentali riconosciuti dalla Convenzione [13]. Così, con riguardo alla vigente disciplina sulle perquisizioni, l’intrusione nella vita privata e familiare determinata dal mezzo di ricerca della prova, essendo preordinata [continua ..]


3. Il grado di autonomia dell’atto esplorativo

L’inquadramento delle ragioni che giustificano l’introduzione di un meccanismo di controllo sulla perquisizione non può esaurirsi senza riservare qualche cenno alla collocazione della stessa nel sistema dei mezzi di ricerca della prova, per evidenziare l’insufficienza degli strumenti di censura dell’operato degli inquirenti attualmente esistenti. Lo spazio riservato all’atto perquirente nel panorama investigativo è ritagliato sull’esigenza di individuare e assicurare al processo elementi dotati di valore probatorio (o di procedere all’arresto dell’imputato o dell’evaso), individuandosi il presupposto della misura nel fondato motivo di ritenere che in un determinato luogo siano occultati il corpo del reato o cose pertinenti al reato (art. 247 c.p.p.) [20]. Da ciò si deduce inequivocabilmente la stretta correlazione con l’istituto del sequestro, che consente di repertare le cose ritenute necessarie per l’accertamento dei fatti, ponendo su di esse un vincolo di indisponibilità. Nella prassi investigativa, infatti, le due misure risultano legate da un nesso di stretta consequenzialità, atteso che esperire con successo un’attività di perquisizione conduce inevitabilmente al sequestro delle cose rinvenute. Sulla natura della sequenza procedurale perquisizione-sequestro si individuano due distinte prospettive. Il legame tra i due istituti può essere qualificato come meramente occasionale, posto che la disciplina del sequestro non si preoccupa del modo in cui le cose materiali sono state scoperte; oppure, alternativamente, si può riconoscere la sussistenza di un nesso propriamente funzionale, valorizzando il dato testuale contenuto nell’art. 252 c.p.p. [21]. Il contrasto interpretativo – strumentalizzato ai fini della questione dell’inutilizzabilità derivata, cioè per appurare se l’illegittimità della perquisizione determina l’invalidità del sequestro [22] – è stato sopito dalle Sezioni Unite nel 1996 [23]. In questo celebre arresto giurisprudenziale, la Suprema Corte ha escluso la configurabilità dell’inutilizzabilità derivata [24], qualificando il sequestro come atto dovuto, e ha riconosciuto, però, il rapporto funzionale che lega il sequestro alla precedente perquisizione, manifestando una particolare [continua ..]


4. Forma, contenuto ed efficacia del controllo giurisdizionale

Chiarite le ragioni che hanno motivato la scelta legislativa, merita, in attesa dell’intervento del legislatore delegato, fare menzione agli aspetti formali che caratterizzeranno il nuovo sindacato postumo sull’atto perquirente. Innanzitutto, dal testo della legge delega si evince inequivocabilmente che oggetto del controllo è «il decreto di perquisizione cui non consegua un provvedimento di sequestro», che il soggetto incaricato di effettuare la verifica è il giudice per le indagini preliminari e che legittimati a chiedere l’intervento giurisdizionale sono la persona sottoposta alle indagini e i soggetti interessati. Quanto alla forma eletta per sindacare la legittimità della perquisizione, la scelta legislativa si è orientata sull’istituto dell’opposizione, ispirandosi – come dichiaratamente emerge dalla Relazione presentata dalla Commissione Lattanzi [26] – all’opposizione contro il provvedimento che decide sulla restituzione delle cose sequestrate, di cui all’art. 263, comma 5, c.p.p. Con riguardo al sequestro, infatti, oltre all’instaurazione della procedura di riesame ex art. 257 c.p.p., i soggetti legittimati hanno la possibilità di presentare direttamente al pubblico ministero un’istanza di restituzione delle cose sequestrate, sul presupposto che siano venute meno le ragioni che giustificavano il vincolo, e avverso il provvedimento del p.m. che decide sulla restituzione gli interessati possono presentare opposizione al g.i.p. L’accostamento a questo istituto implica che, in sede di attuazione della delega, verrà replicata – in quanto compatibile – la medesima disciplina contenuta nell’art. 263 c.p.p. Dunque, il procedimento di opposizione al decreto di perquisizione dovrebbe prevedere la fissazione di un’udienza camerale, nelle forme dell’art. 127 c.p.p., a partecipazione non necessaria delle parti (nello specifico, pubblico ministero, difensori, soggetti che hanno subito l’intrusione esplorativa, siano essi indagati o terzi estranei al reato) [27]. Presentato l’atto di opposizione, il giudice per le indagini preliminari dovrebbe avere accesso agli atti del fascicolo del p.m. necessari alla decisione. Con riguardo a questo profilo, resta da capire se anche al soggetto che ha impugnato la perquisizione sarà consentito l’accesso agli atti investigativi [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2022