Vietare l’intercettazione delle comunicazioni tra difensore e assistito è espressione fondamentale delle garanzie difensive. Eppure, le ricerche empiriche hanno dimostrato come gli avvocati subiscano “di frequente” questa gravissima ingerenza nel rapporto confidenziale con i propri assistiti. La sanzione dell’inutilizzabilità è, all’uopo, tardiva e insufficiente, oltre che fittizia, perché opera solo dopo che l’autorità giudiziaria è venuta a conoscenza del contenuto dei dialoghi riservati, con grave pregiudizio per le garanzie difensive, oltre che per la parità in armi, presidio di un sano contraddittorio.
I rimedi introdotti con la recente riforma non risultano assolutamente adeguati; viceversa, essi rivelano molti dubbi e forniscono poche risposte: il novellato apparato normativo, infatti, se in qualche modo tutela la segretezza/riservatezza “esterna” delle comunicazioni tra difensori e assistito, di certo non preclude la conoscenza “interna” da parte degli organi inquirenti. Il destino delle captazioni acquisite illegittimamente resta disciplinato in modo insoddisfacente.
Many doubts (and few answers) in the nova on the interceptions between the defender and the client Prohibiting the interception of communications between the defender and the client is a fundamental expression of defensive guarantees. Yet, empirical research has shown that lawyers “frequently” suffer this very serious interference in the confidential relationship with their clients. The sanction of unusability is, for this purpose, late and insufficient, as well as fictitious, because it operates only after the judicial authority has become aware of the content of the confidential dialogues, with serious prejudice for the defensive guarantees, as well as for the equality in arms, which is the defence of a healthy debate.
The remedies introduced with the recent reform are not absolutely adequate; vice versa, they reveal many doubts and provide few answers: the new regulatory apparatus, in fact, if in some way it protects the "external" secrecy / confidentiality of communications between defenders and clients, certainly does not preclude "internal" knowledge by the bodies investigators. The fate of illegally acquired captations remains unsatisfactorily regulated.
I contatti “riservati” tra difensore e assistito
La riforma “fantasma”[1] delle intercettazioni telefoniche passerà alla storia per il percorso quanto mai accidentato dell’iter legislativo, sovrabbondante di rimaneggiamenti e cambi di passo fino alla sua entrata in vigore[2], ma anche (forse soprattutto) per i risultati oscuri e deludenti, specie sul piano delle garanzie difensive[3].
Quanto meno, i correttivi apportati alla disciplina delle intercettazioni tra difensore e assistito recano il “sigillo” di stampo accusatorio dell’intangibilità del binomio parte/difesa unica[4], con gli indefettibili correlati di riservatezza, fiducia e confidenzialità.
L’assistito fa affidamento sul difensore, sia esso di fiducia o d’ufficio, per comprendere le regole del giudizio, le modalità di interlocuzione e coinvolgimento, nonché le implicazioni derivanti da ogni scelta processuale. Per contro, il difensore fornisce i ragguagli “tecnici”, di proprio appannaggio, fondamentali a traghettare il “difeso” nell’iter giudiziale e sollecita il percorso di comprensione del disvalore della condotta, spesso non percepito da chi commette un fatto penalmente rilevante. Di più, l’avvocato vive la compassione per la vittima, alla quale offre quel sostegno umano che non può esserle negato.
Lo scambio di informazioni, dati, comunicazioni, tra difensore e difeso presuppone totale fiducia dell’assistito verso il proprio legale, non solo referente ufficioso ed ufficiale, bensì anche confidente privilegiato, gravato dal vincolo della segretezza professionale, che non è connivenza, ma difesa secondo i canoni di libertà[5], riservatezza[6], deontologia professionale[7] e lealtà processuale.
Sulla base di tali valori sembra erigersi la disciplina generale delle “garanzie di libertà del difensore” che, sin dalla sua versione originaria, fa perno, tra l’altro, sul divieto assoluto di intercettazione delle conversazioni o comunicazioni tra difensore e assistito [8] (ex art. 103, comma 5, c.p.p.). Il divieto si estende ai colloqui con i consulenti tecnici e i loro ausiliari, nonché, da ultimo, «agli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento»[9]. L‘art. 103, comma 7, c.p.p. prevede un potenziamento del divieto in parola, sancendo l’inutilizzabilità, tra gli altri, dei risultati delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni illegittimamente eseguite[10].
In evidente convergenza ideale, le fonti internazionali, in particolare l’art. 14, comma 3, lett. b, del Patto internazionale, e l’art. 6, comma 3, lett. b, della Convezione europea, affermano la necessità di disporre sia del “tempo” sia delle “facilitazioni” [continua..]