Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
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La rinnovazione dell´istruzione dibattimentale nel giudizio abbreviato d´appello (di Valentina Vasta, Dottore di ricerca in Diritto processuale penale – Università degli Studi di Milano)


Muovendo dalla ricostruzione dello sviluppo giurisprudenziale e dottrinale relativo all’applicabilità al giudizio abbreviato delle singole fattispecie di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale previste dall’art. 603 c.p.p., l’Autrice analizza gli aspetti critici del rapporto tra l’istituto e i caratteri propri del rito alternativo, per svolgere, infine, alcune riflessioni, de jure condendo, in merito al bilanciamento tra la salvaguardia del diritto di difesa e l’esigenza di accertamento dei fatti.

The renewal of the evidence in the appeal trial of giudizio abbreviato

Starting from the relevant case law and legal literature focused on the applicability of individual cases admitting evidence foreseen by art. 603 CPP to giudizio abbreviato, the Author analyses the criticalities that still characterize the relation between the renewal of the trial evidentiary hearing in appeal and the features about the special proceeding. Finally, de jure condendo, there is a reflection on the balancing between the right of defence and the object interest in judging the case.

Keywords: State's own case in chief – abbreviated proceedings – investigation

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. L’applicazione dell’art. 603 c.p.p. al giudizio abbreviato: a) nella “versione originaria” - 3. b) (segue) nella “versione riformata” - 4. Overturning dell’assoluzione e rinnovazione istruttoria nel giudizio abbreviato di secondo grado: a) la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e delle Sezioni unite della Corte di cassazione - 5. b) (segue) l’estensione dell’art. 603, comma 3-bis, c.p.p. al giudizio abbreviato - 6. Incoerenze di sistema e squilibri fra i poteri delle parti: un tentativo di composizione - NOTE


1. Premessa

L’applicabilità dell’istituto della rinnovazione dell’istruzione dibattimentale (art. 603 c.p.p.) nel secondo grado del giudizio abbreviato è stata, da sempre, gravata da una questione di fondo [1]: giustificare l’ingresso della prova orale in appello, a fronte di una decisione di primo grado assunta (in tutto o in parte) sulla base di atti contenuti nel fascicolo delle indagini, e divenuti, per effetto del rito, «risultanze pienamente efficaci per fondare la pronuncia sul merito dell’imputazione» [2]. La volontà dell’imputato (con l’assenso del pubblico ministero nella “prima versione” del giudizio abbreviato e da sola nel “rito riformato”) di definire il processo nelle forme del rito speciale incide sul thema probandum, poiché la parte, a fronte di un trattamento sanzionatorio più favorevole in caso di condanna, rinuncia alle garanzie proprie del dibattimento, attraverso una sorta di «legittimazione volontaria dei risultati delle indagini» [3]. Il che pone, quindi, dubbi di coerenza sistematica, tra primo e secondo grado di giudizio, nella scelta di “rivitalizzare” in appello il diritto alla prova, oggetto di rinuncia da parte dell’imputato in prime cure [4]. Dall’entrata in vigore del codice di rito a oggi, il riconoscimento, in via interpretativa [5], dell’ap­pli­ca­zione della rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ex officio (art. 603, comma 3, c.p.p.) ha rappresentato un punto fermo, soggetto, però, nel tempo, a diversi limiti, posti nel tentativo di rendere coerenti gli spazi istruttori del primo grado di giudizio, introdotti dalla “legge Carotti” (1999) e accresciuti recentemente anche dalla “riforma Orlando” (2017), con quelli previsti dalla disciplina dell’appello [6]. Il tema si è riproposto, di recente, riguardo all’applicabilità al rito speciale della “nuova” fattispecie di rinnovazione in caso di appello del pubblico ministero contro il proscioglimento, per motivi attinenti alla prova dichiarativa (art. 603, comma 3-bis, c.p.p.). Si complica, così, la costruzione di un’unica dimensione nella dinamica della prova nel giudizio abbreviato di seconda istanza, poiché, se da un lato, il legislatore non è intervenuto sul rito abbreviato [continua ..]


2. L’applicazione dell’art. 603 c.p.p. al giudizio abbreviato: a) nella “versione originaria”

Nella vigenza dell’originaria disciplina del giudizio abbreviato, si erano formati due orientamenti contrapposti sulla possibilità di assunzione della prova nel secondo grado di merito di un rito che si svolgeva (sempre) “allo stato degli atti” [8]: l’uno, maggioritario in giurisprudenza, aveva negato ogni possibilità di integrazione probatoria; l’altro, di segno contrario, aveva ritenuto ammissibile la rinnovazione istruttoria ex officio [9]. In breve. Il primo indirizzo [10] aveva inteso il rinvio operato dall’art. 443, comma 4, c.p.p. alle «forme previste dall’art. 599 c.p.p.» per lo svolgimento del giudizio d’appello, limitato ai soli primi due commi della disposizione, con esclusione del comma 3, riferito specificatamente alla rinnovazione dell’istru­zione dibattimentale. Tale esegesi faceva perno sulla ratio stessa del rito speciale: giacché il giudizio abbreviato è caratterizzato dalla rinuncia all’istruzione dibattimentale, gli effetti di tale scelta devono valere tanto in primo quanto in secondo grado. Del pari, anche parte della dottrina [11] sosteneva l’incompatibilità logica dell’istituto di cui all’art. 603 c.p.p. riguardo a un rito senza istruttoria, dovendo escludersi, nel secondo grado di giudizio, la possibilità «di rinnovare ciò che non è stato» [12]. Il secondo orientamento [13], invece, riteneva applicabile al giudizio abbreviato d’appello la rinnovazione istruttoria, sebbene limitatamente alla sola ipotesi prevista dall’art. 603, comma 3, c.p.p., poiché, intesa la catena di rinvii derivante dall’art. 443, comma 4, c.p.p. nel senso di ricomprendere anche l’applicazione dell’art. 603 c.p.p. al giudizio abbreviato d’appello [14], il disallineamento probatorio tra primo e secondo grado avrebbe trovato ragione nella volontà di assicurare al processo penale il suo fine ultimo: la ricerca della verità. Nel diversificato panorama ora descritto, sulla questione era intervenuta la Corte costituzionale [15], con una sentenza interpretativa di rigetto, ammettendo la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale anche nel rito speciale, laddove il giudice «ritenga assolutamente necessario, ai fini della decisione, assumere di ufficio nuove prove o riassumere prove già [continua ..]


3. b) (segue) nella “versione riformata”

La legge n. 479 del 1999 (c.d. “legge Carotti”), sebbene non abbia inciso direttamente sul giudizio abbreviato d’appello, ha introdotto considerevoli modifiche all’architettura del rito [23], tali da influire anche sulle questioni relative all’attività istruttoria in secondo grado [24]. In primo luogo, la riforma ha riservato la scelta del rito al solo imputato, che vi accede, in caso di richiesta “semplice” [25], previa la sola verifica dei requisiti formali, e, in caso di richiesta condizionata a un’integrazione probatoria, a seguito del vaglio del giudice, effettuato secondo i parametri della necessità della prova ai fini della decisione [26] e della sua compatibilità con le finalità di economia processuale proprie del rito [27]. Poi, ai nuovi meccanismi introduttivi si accosta la possibilità di sopperire a eventuali carenze dell’at­tività investigativa [28], oltre che attraverso l’integrazione probatoria alla quale l’imputato può subordinare la richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 5, c.p.p.), mediante l’acquisizione d’ufficio degli elementi necessari ai fini della decisione, laddove il giudice ritenga di non poter decidere allo stato degli atti (art. 441, comma 5, c.p.p.) [29]. La “legge Carotti” ha segnato, pertanto, un evidente cambiamento nel significato del criterio della “decidibilità allo stato degli atti”, che, da presupposto per l’instaurazione del rito e canone di definizione del materiale utilizzabile ai fini della decisione, è divenuto parametro di valutazione per l’esercizio del potere istruttorio del giudice [30]. In questo modo, anche l’imputato che non ha condizionato la sua richiesta a un’acquisizione probatoria, è comunque esposto a un possibile mutamento del quadro istruttorio rispetto a quello conosciuto al momento dell’accesso al rito. Data la presenza di una base probatoria non più “statica” ma “dinamica”, perché aperta a diverse variabili [31], ha perso definitivamente consistenza il principale argomento posto a fondamento della mancata estensione dell’art. 603 c.p.p. al rito abbreviato d’appello: l’invariabilità del compendio probatorio [32]. In altre parole, la presenza di forme [continua ..]


4. Overturning dell’assoluzione e rinnovazione istruttoria nel giudizio abbreviato di secondo grado: a) la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e delle Sezioni unite della Corte di cassazione

Il tema della raccolta della prova in appello nel rito abbreviato ha assunto maggiore complessità a seguito delle pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo [50], che hanno rilevato la “dimensione patologica” dell’overturning della sentenza di assoluzione nel giudizio d’impugnazione, capace di ledere il diritto al fair trial (art. 6 §§ 1 e 3 lett. d Cedu), laddove il giudice d’appello condanni l’imputato a fronte della rivalutazione della prova dichiarativa assunta in primo grado, mediante la lettura dei relativi verbali e senza procedere alla nuova escussione dei testimoni [51]. In tali casi, ai fini della condanna, la Corte di Strasburgo [52] richiede la riassunzione della main evidence, che rappresenta la modalità più adatta ad assicurare il principio di immediatezza anche in secondo grado, poiché attua il necessario contatto diretto tra organo decidente e fonte di prova [53]. In attuazione dei principi convenzionali, la giurisprudenza interna è intervenuta allargando le maglie della rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, che, fino a quel momento, aveva permesso accessi limitati alle iniziative probatorie di parte ed ex officio nel giudizio d’appello. La Corte di cassazione a Sezioni unite nel caso Dasgupta [54] (2016) ha accolto un’interpretazione convenzionalmente orientata dell’art. 603, comma 3, c.p.p. ritenendo, nel caso di appello contro una senten­za di assoluzione, «assolutamente necessaria» la rinnovazione delle prove dichiarative già assunte in primo grado e considerate decisive ai fini della pronuncia di una sentenza di condanna. Ciò perché la percezione diretta della prova da parte del giudice rappresenta la condizione essenziale per il superamento del ragionevole dubbio sulla colpevolezza dell’imputato (art. 533 c.p.p.): standard decisorio che, assumendo per i giudici di legittimità «carattere generalissimo», vale a fondare l’obbligo di procedere alla rinnovazione istruttoria anche in caso di riforma in peius della sentenza di assoluzione resa nel giudizio abbreviato [55]. A poca distanza di tempo, la Corte di cassazione, sempre a Sezioni unite, adita con specifico riferimento alla rinnovazione istruttoria nel rito abbreviato [56], con la sentenza resa nel caso Patalano [57] (2017), ha confermato la [continua ..]


5. b) (segue) l’estensione dell’art. 603, comma 3-bis, c.p.p. al giudizio abbreviato

La legge n. 103 del 2017 (c.d. “riforma Orlando”) ha inserito all’art. 603, comma 3-bis, c.p.p. una nuova fattispecie di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale obbligatoria, la quale trova automatica applicazione in caso di appello della sentenza di assoluzione da parte del pubblico ministero che censuri la valutazione della prova dichiarativa [60]. Mentre l’interpretazione convenzionalmente orientata dell’art. 603 c.p.p. lasciava al giudice l’onere di individuare e riassumere discrezionalmente le prove dichiarative decisive ai fini della reformatio in peius dell’assoluzione, la fattispecie normativa prevede, invece, che sia il pubblico ministero appellante a individuare le prove dichiarative di cui ottenere la rinnovazione, che il giudice è obbligato a disporre [61]. Quanto all’applicabilità dell’istituto al giudizio abbreviato, il legislatore, ancora una volta, è rimasto silente, così che è stata, di nuovo, la giurisprudenza a dover trovare spazi e confini per la riassunzione della prova anche nel rito speciale. È intervenuta, per prima, la Corte di cassazione a Sezioni unite nel caso Troise [62] (2017), per la quale l’obbligo di rinnovazione «non contempla eccezioni di sorta» e deve essere applicato a tutti i tipi di giudizio, «compresi i procedimenti svoltisi in primo grado con il rito abbreviato», anche non condizionato [63]. La Corte ha adattato all’art. 603, comma 3-bis, c.p.p. lo stesso schema logico posto a fondamento della precedente “fattispecie giurisprudenziale”, che àncora la rinnovazione della prova decisiva alla necessità di superare il ragionevole dubbio sulla responsabilità penale dell’imputato, derivante dall’as­soluzione in prime cure, attraverso «la concreta variazione della base cognitiva utilizzata dal giudice di appello». Tale necessità si profila anche nel giudizio abbreviato, poiché – ed è questo l’argomento innovativo speso dalla suprema Corte – l’imputato, in linea con la previsione dell’art. 111, comma V, Cost., rinuncia volontariamente alla raccolta della prova in contraddittorio, ossia «ad un metodo di accertamento», ma non all’accertamento stesso della responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio [64]. Sotto tale profilo, [continua ..]


6. Incoerenze di sistema e squilibri fra i poteri delle parti: un tentativo di composizione

Lo sviluppo del dibattito interpretativo sulla “praticabilità” della rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nel giudizio abbreviato di secondo grado si snoda in due direzioni: in una, le ipotesi “originarie” di rinnovazione “viaggiano in parallelo” alle integrazioni probatorie del primo grado; in un’altra, l’art. 603, comma 3-bis, c.p.p. gode di un’applicazione generalizzata che non trova ragione negli “itinerari probatori” interni al rito. A tale riguardo, può dirsi che la Corte costituzionale e quella di legittimità non abbiano considerato né le peculiarità del rito, con le quali pure la seconda ipotesi di rinnovazione dovrebbe mostrarsi coerente, né la natura stessa della fattispecie, quale rinnovazione dell’istruzione dibattimentale su istanza di parte, nello specifico, del pubblico ministero. Occorrerebbe, in effetti, meglio comprendere se la previsione dell’obbligo di disporre la rinnovazione della prova orale (su richiesta del pubblico ministero), a fronte di un giudizio di primo grado celebrato ex actis (su richiesta dell’imputato), possa rappresentare una soluzione corretta sul piano sistematico e non sia lesiva delle scelte difensive. D’altra parte, nel rito abbreviato il fattore di equilibrio risiede nel consenso dell’imputato, il quale, rinunciando al contraddittorio in dibattimento, consente la definizione anticipata del processo sulla base degli elementi precedentemente acquisiti. Pertanto, l’automatica assunzione in appello della prova dichiarativa, di cui il pubblico ministero censuri la valutazione del giudice di primo grado, avrebbe l’ef­fetto di “forzare il punto medio” del bilanciamento tra i valori costituzionali che la disciplina del giudizio abbreviato realizza [69]. Quel che il meccanismo dell’art. 603, comma 3-bis, c.p.p., applicato al rito alternativo, produce è, come pure ammesso dagli stessi giudici costituzionali [70], «lo squilibrio sopravvenuto nel sinallagma sotteso alla richiesta [stessa] di giudizio abbreviato», che consiste proprio nella «rinuncia dell’imputato al contraddittorio nella formazione della prova in cambio degli sconti di pena previsti in suo favore». Effetto che imporrebbe, quindi, una verifica della tenuta costituzionale della disciplina del rito speciale alla luce del criterio [continua ..]


NOTE
Fascicolo 4 - 2021