La Suprema Corte si pronuncia sul bilanciamento tra diritti costituzionalmente garantiti nel caso di persona sottoposta a misura cautelare custodiale, in primis tra il diritto di difesa ed il diritto ad un contatto con l’Autorità giudiziaria. Ci si interroga se in mancanza di una disciplina specifica circa il termine (minimo) che deve intercorrere tra l’avviso dell’atto ed il suo compimento possa essere leso il diritto di difesa, ed in caso positivo in quale misura.
The Supreme Court rules on the balance between constitutionally guaranteed rights in the case of a person subjected to a custodial precautionary measure, primarily between the right of defense and the right to contact with the judicial authority. The question arises whether in the absence of a specific discipline regarding the (minimum) term that must elapse between the notice of the act and its fulfillment, the right of defense can be infringed, and if so, to what extent.
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1. La questione affrontata - 2. La funzione dell’interrogatorio di garanzia - 3. Il termine tra avviso e compimento dell’interrogatorio di garanzia - 4. L’assenza di particolari modalità di notifica dell’avviso di effettuazione dell’interrogatorio di garanzia - 5. Il medesimo compendio indiziario - 6. Il bilanciamento tra effettivo esercizio del diritto di difesa e tempestivo contatto tra la persona in vinculis ed il giudice - NOTE
La Suprema Corte è chiamata a pronunciarsi sulla questione dell’effettivo esercizio del diritto di difesa nel caso di interrogatorio di garanzia notificato al difensore poco prima del compimento dell’atto [1]. Nel dettaglio, il difensore dell’indagato sottoposto a custodia cautelare in carcere riteneva leso il diritto di difesa per intempestività dell’avviso dell’interrogatorio di garanzia notificatogli il giorno prima dello svolgimento dell’atto, tenuto conto altresì della distanza tra il luogo dell’atto ed il domicilio del difensore. Conseguentemente, proponeva appello avverso l’ordinanza che aveva applicato al ricorrente la misura e, successivamente, ricorso per cassazione per violazione di legge e vizio di motivazione. Si deduceva, inoltre, che tale vizio non poteva ritenersi sanato dalla richiesta di differimento, addossando in caso contrario in capo al difensore l’onere di sanare le nullità del procedimento. Vengono in gioco numerosi diritti costituzionali, tra i quali: il diritto di difesa in chiave di realizzazione del giusto processo cautelare ed il diritto al contraddittorio [2].
La Suprema Corte affronta la questione sottoposta al suo esame esplicitando preliminarmente la funzione dell’interrogatorio “di garanzia” ex art. 294 c.p.p. [3]. Nel dettaglio, sottolinea la rilevanza dell’istituto in quanto «momento essenziale per l’esercizio del diritto di difesa da parte della persona cui è stata applicata una misura cautelare» [4]. Secondo un costante orientamento giurisprudenziale, la funzione è quella di consentire un immediato contatto tra la persona privata della libertà ed il giudice che ha emesso la misura [5]. Occorre rammentare che sul punto la Corte Costituzionale aveva sottolineato che detto interrogatorio costituisce un diritto fondamentale della persona sottoposta alla custodia e non solo un dovere del Giudice [6]. Tale istituto viene definito il mezzo più efficace per instaurare il contraddittorio circa le condizioni di applicabilità della misura cautelare. Addirittura il giudice delle leggi ha esteso la sanzione della perdita di efficacia della misura conseguente ad omesso interrogatorio anche alle misure non custodiali [7]. Il nodo cruciale della difficoltà oggettiva dell’imputato ad interloquire con il giudice, in maniera “pienamente informata” sulle accuse nonché sui suoi diritti e garantendogli un'“adeguata” difesa tecnica, non è stato però oggetto di dettagliata valutazione da parte del giudice delle leggi [8]. La Suprema Corte chiarisce che la funzione dell’interrogatorio di garanzia è quella di consentire alla persona in vinculis di entrare in contatto in tempi brevi con il giudice che ha imposto la cautela attivando un “contraddittorio postumo” per consentire all’accusato un tempestivo controllo della correttezza del provvedimento emesso inaudita altera parte mediante allegazione di una eventuale versione antagonista. L’indefettibilità della ristrettezza dei termini di tale contatto (entro cinque giorni nel caso di applicazione di una misura carceraria) costituisce però anche un limite. In particolare, nei procedimenti complessi la esiguità del termine tra il deposito degli atti e lo svolgimento dell’interrogatorio potrebbe ledere l’effettiva conoscenza degli atti di indagine da parte dell’indagato e del suo difensore. Riprendendo un precedente orientamento [continua ..]
Emblematico è il tema della compatibilità dell’esiguità del termine concesso al difensore tra avviso e compimento dell’atto ed il pieno esercizio delle garanzie difensive. L’art. 294 c.p.p., al pari delle norme presenti nel codice di rito, non prevede un termine minimo intercorrente tra l’avviso al difensore e l’espletamento dell’atto. La “tempestività” dell’avviso è un concetto relativo. Secondo un orientamento giurisprudenziale è illegittimo l’interrogatorio di garanzia dell’indagato nel caso in cui l’avviso al difensore non sia “tempestivo” avuto riguardo alla concreta possibilità per il difensore di essere fisicamente presente al compimento dell’atto e di svolgere un’”adeguata assistenza difensiva”. A tal proposito si deve tenere conto sia della distanza intercorrente tra il luogo in cui si trova il difensore e quello in cui l’interrogatorio si svolge sia i tempi necessari all’esame degli atti processuali [10]. In assenza di disposizioni “ad hoc”, e non potendo applicarsi analogicamente all’interrogatorio di garanzia, per diversità di “ratio”, i termini previsti per attività di diversa natura, deve ritenersi valido ed efficace, dunque tempestivo, l’avviso che abbia posto il difensore nelle condizioni di intervenire, anche mediante sostituto processuale ex art. 102 c.p.p., o di chiedere un rinvio dell’atto per il tempo strettamente necessario a garantire la sua presenza [11]. La Suprema Corte nella sentenza in commento, sulla scia del summenzionato orientamento, statuisce che il contemperamento tra l’esigenza di assicurare un esercizio effettivo delle prerogative difensive e quella di garantire il tempestivo contatto tra la persona ristretta ed il giudice della cautela «deve passare attraverso la valorizzazione della facoltà del difensore di presentare una motivata istanza di differimento dell’interrogatorio». Conseguentemente, ad avviso della Corte di Cassazione occorre valutare la particolare funzione dell’interrogatorio di garanzia, diretta a consentire un immediato contatto tra la persona privata della libertà ed il giudice che ha emesso la misura sulla base di atti non formati in contraddittorio. Con specifico riguardo al termine tra l’avviso dell’atto ed [continua ..]
Appare doveroso evidenziare che l’art. 294 c.p.p. prevede che l’avviso sia dato al difensore senza prescriverne la notifica e senza fissare modalità particolari di effettuazione, pertanto qualunque strumento idoneo a comunicare i dati necessari può essere utilizzato. L’avviso può essere effettuato con ogni mezzo di comunicazione. È sufficiente anche una commissione a mezzo telefono o mediante telefax. L’adempimento non si inserisce in un procedimento di notifica ed incombe sul difensore l’onere di apprendere il contenuto essenziale degli atti trasmessi e di ascoltare le comunicazioni memorizzate [13]. In tale ottica non è mancato chi abbia ritenuto sufficiente anche la comunicazione registrata sulla segreteria telefonica del difensore, nonostante tale strumento non offra alcuna garanzia in termini di certezza di avvenuta memorizzazione del messaggio. Peraltro occorre, sul piano esegetico, osservare come il codice di rito utilizzi due diverse locuzioni circa gli avvisi che possono essere dati o notificati. Il ricorso all’espressione dare avviso è rapportato a una situazione di urgenza, in relazione alla quale è sufficiente offrire al destinatario la conoscenza della notizia anche con forme diverse da quelle prescritte per le notificazioni: tale è il motivo per il quale è stato ritenuto non necessaria la spedizione di telegramma di conferma nell’ipotesi di avviso telefonico [14]. Non sono mancate tuttavia pronunce di segno contrario, che hanno ritenuto nulla la notificazione urgente non seguita da una conferma mediante telegramma in ragione del fatto che essa è specificamente prevista dalla legge come condizione di validità della notificazione stessa. Si tratta tuttavia di pronunce risalenti nel tempo. A tale proposito si rammenta che gli strumenti attraverso i quali effettuare la notificazione sono stati ulteriormente arricchiti dalla previsione dell’art. 16, comma 4, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge 17 dicembre 2012, n. 221, che prevede la possibilità di effettuare notificazioni per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata nei confronti di persone diverse dall’imputato a norma degli artt. 148, comma 2-bis, 149, 150, 151, comma 2, c.p.p. Il regolare funzionamento delle attrezzature telematiche (tanto la posta elettronica, quanto il telefax) idonee a [continua ..]
Nel caso sottoposto all’esame della Suprema Corte, l’interrogatorio era basato su un medesimo compendio indiziario. Ambigua appare la definizione di “medesimo compendio indiziario” e soprattutto occorre valutare i tempi in cui la difesa venga a conoscenza della sussistenza della “medesimezza” della accusa e degli atti sottostanti. Per definizione l’istituto dell’interrogatorio ex art. 294 c.p.p. ha una funzione di garanzia dell’imputato «sicché tale garanzia non ricorre ove lo stesso sia stato posto in condizioni di esprimere in precedenza le sue difese sulla medesima imputazione» [20]. Parte della dottrina sottolinea l’utilità di un nuovo interrogatorio anche in tali casi, al fine di garantire una migliore ricostruzione dei fatti nell’ottica di un più puntuale raggiungimento della verità processuale. Neppure l’assunto che si tratta di prospettiva prettamente potenziale, potendo l’interrogando dimostrarsi reticente o limitarsi alla pedissequa ripetizione dell’originaria deposizione, potrebbe ostacolare la reiterazione di un interrogatorio di garanzia. Il processo tendenzialmente accusatorio impone, infatti, al requirente un’accuratezza nella raccolta di tutti gli elementi utili alla ricostruzione del quadro fattuale con conseguente dovere di completezza. Tale assunto troverebbe riscontro altresì nella novella del 1995 nella parte in cui ha posto l’obbligo, a carico dell’autorità giudiziaria procedente, di trasmettere tutti gli elementi nelle more sopravvenuti a favore dell’indagato [21]. Si rammenti che la disciplina delle misure cautelari tiene in gran conto la necessità di posticipare il contraddittorio con la difesa dell’imputato al fine di «evitare l’assoluta compromissione di esigenze prioritarie nella economia del processo, che per loro natura potrebbero essere del tutto vanificate dal contraddittorio anticipato». Il divieto di accesso agli elementi di indagine può giustificarsi fintantoché la misura non venga eseguita. Pertanto, l’impianto della procedura cautelare prevede un’espansione dei diritti difensivi a decorrere dall’esecuzione della misura. In tale prospettiva, obiettivo del legislatore è quello di soddisfare l’esigenza di fare conoscere al soggetto le ragioni a fondamento della [continua ..]
Numerose sono le problematiche che si pongono. La mancata indicazione, da parte del legislatore, di un termine minimo da garantire al difensore per prendere visione degli atti svolti dall’ufficio di procura, e quindi delle accuse, e di un termine minimo per consentire allo stesso di organizzarsi, anche mediante sostituto processuale [22], a presenziare all’atto, pone non pochi problemi circa la possibilità di una partecipazione effettiva e consapevole della difesa [23]. L’assenza di un termine minimo lede l’art. 111 Cost., innanzitutto nella parte in cui prevede che «la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa». Il diritto di difesa presuppone una consapevolezza, da parte del suo titolare, circa le sue modalità di esercizio ed i contenuti dell’accertamento. Come sottolineato da dottrina e giurisprudenza «il processo penale attiene all’essere e non all’avere ... perciò, pretende la più diretta ed incisiva applicazione del principio costituzionale della partecipazione», che non può realizzarsi senza un’informazione garantita compiutamente [24]. Svolge una molteplice funzione la necessità di informare il soggetto sottoposto ad un procedimento penale, riferendosi sia agli elementi essenziali della notizia di reato, sia al contenuto dei suoi diritti difensivi, sia agli elementi di prova a carico, [25] nonché la necessità di consentirgli di essere assistito da un difensore dallo stesso scelto, alla quale sia garantita la possibilità di partecipare [26]. La questione sulla mancanza di un termine dilatorio sufficientemente ampio per costruire la difesa (previa consultazione degli atti di indagine) si pone su due binari: il primo è quello della denunciata incostituzionalità della norma che non prevede un termine minimo tra avviso al difensore e data dell’interrogatorio [27]. Il secondo è, invece, diretto a far dichiarare la nullità dell’ordinanza di riesame per violazione del diritto di difesa. Tuttavia, nessuno dei due binari summenzionati è in grado di condurre alla vanificazione del provvedimento cautelare. Doverosa appare, pertanto, la necessità [continua ..]