La cassazione ha consolidato il principio secondo il quale il giudice deve valutare lo stato di infermità fisica dell’imputato, quale causa di legittimo impedimento, tenendo conto delle implicazioni psico-fisiche che ne derivano; perché se costui non è in grado di partecipare al suo processo in condizioni di lucidità mentale, il diritto costituzionalmente garantito all’autodifesa risulta compromesso. La questione affrontata con la presente nota riguarda l’ampio potere riconosciuto al giudice di valutare l’incidenza della malattia sulla possibilità per l’imputato di partecipare al processo; e si propone una soluzione che, limitando tale potere, garantisce maggiormente la celebrazione delle udienze con la presenza dell’imputato.
Supreme Court of cassation consolidated the principle according to which the judge must assess the defendant’s physical illness, as a cause of legitimate hindrance, taking into account the psycho-physical implications that derive from it; because if he is unable to participate in his trial in conditions of mental clarity, the constitutionally guaranteed right to self-defense is compromised. The issue addressed with this note concerns the broad power granted to the judge to assess the impact of the disease on the defendant’s possibility to participate in the trial; and a solution is proposed which, by limiting this power, ensures more the celebration of the hearing with the defendant’s presence.
Articoli Correlati: diritto di difesa - infermità mentale e fisica - legittimo impedimento a comparire
1. Il diritto costituzionale dell’imputato di partecipare al processo - 2. L’assoluta impossibilità a comparire - 3. La malattia come causa di legittimo impedimento - 4. La valutazione dell’impedimento per cause di salute - NOTE
L’art. 24, comma 2, Cost., con il dichiarare il diritto di difesa inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, assicura all’imputato tutti i diritti, poteri e facoltà, il cui esercizio deve ritenersi necessario o anche solo utile a tale soggetto al fine di fargli ottenere la conclusione del processo penale a lui più favorevole, cioè il riconoscimento della sua innocenza o, in caso di ritenuta responsabilità, la condanna alla sanzione meno grave [1]. La norma suddetta non enumera le situazioni giuridiche favorevoli che devono ritenersi comprese nel diritto di difesa e tutelate costituzionalmente con la garanzia di questo [2]; del resto, un elenco di tali situazioni non potrebbe essere definito una volta per tutte, giacché ove «l’esperienza dimostrasse e la coscienza collettiva riconoscesse la necessità o utilità, ai fini di una più efficace tutela delle ragioni dell’imputato, di un qualsiasi nuovo diritto, potere o facoltà, anche questo dovrebbe immediatamente dirsi garantito dall’art. 24 comma 2 Cost.» [3]. Un notevole contributo alla determinazione del contenuto del diritto di difesa è stato fornito dalla Corte costituzionale, la quale, dopo un primo orientamento teso ad affermare l’identità fra diritto di difesa e difesa tecnica [4], ha progressivamente posto l’accento sulla necessaria presenza dell’imputato al processo che lo riguarda [5], specificando i diritti che servono alla piena realizzazione del contraddittorio. Il diritto alla difesa tecnica va identificato nel diritto dell’imputato a fruire dell’assistenza di un difensore [6], cioè di una persona dotata delle cognizioni giuridiche e dell’esperienza professionale di cui l’imputato generalmente è sprovvisto [7], in modo che sia garantita la piena e regolare instaurazione del contraddittorio sugli elementi che concorrono a formare il convincimento del giudice [8]. Invero il processo penale si compone di una serie di atti il cui compimento richiede la conoscenza delle norme processuali, per cui è necessario che alla capacità professionale del pubblico ministero, che è sempre un esperto del diritto e del processo, si contrapponga quella di un soggetto dotato delle cognizioni giuridiche e dell’esperienza professionale di cui l’imputato è [continua ..]
L’ordinamento processuale penale disciplina la situazione dell’imputato che intenda partecipare al processo per esercitare il diritto di autodifesa [28], ma sia impossibilitato a comparire; in questo caso, qualora risulti che l’assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento (art. 420-ter c.p.p.), il giudice dispone il rinvio del processo. Secondo l’orientamento maggiormente condiviso [29] l’impossibilità a comparire può definirsi assoluta quando, per superarla, sarebbero necessari costi e sacrifici che non è ragionevole pretendere dall’imputato [30]. Il requisito dell’assolutezza non va inteso in senso naturalistico, cioè come un ostacolo materiale superiore a qualsiasi sforzo umano, né come impossibilità oggettiva, che prescinda dalle caratteristiche intellettive e fisiche dell’imputato [31]. La giurisprudenza sul punto ha assunto una posizione rigorosa, ritenendo assolute soltanto le situazioni che rendono vano qualsiasi sforzo umano per superarle [32]. Inoltre la causa dell’impossibilità a partecipare all’udienza deve essere “attuale” [33], cioè deve sussistere al momento dell’udienza alla quale l’imputato è stato citato, non potendo essere integrata da un evento futuro ed incerto. Tradizionalmente [34] il caso fortuito si considera come un evento imprevisto ed imprevedibile, derivante da cause esterne all’imputato ed a lui non ascrivibili a titolo di colpa o dolo; mentre la forza maggiore è l’energia causale rispetto alla quale l’imputato non è riuscito a resistere ed opporsi con una diversa determinazione volitiva al fine di partecipare al processo. Nota peculiare ad entrambe le situazioni sopra dette [35] è l’«inevitabilità», da parte dell’imputato, dell’evento integrante il caso fortuito o la forza maggiore. L’assenza dell’imputato al processo può essere giustificata anche da un altro legittimo impedimento, cioè da una situazione, evidentemente diversa dalle due precedenti [36], che renda tuttavia la sua presenza inesigibile sotto il profilo giuridico [37], sociale e morale [38]. È importante chiarire che il requisito della legittimità va [continua ..]
Tra le “altre” cause di legittimo impedimento, che possono determinare l’assoluta impossibilità a partecipare all’udienza, rientra la malattia dell’imputato. Costituisce ius receptum il principio secondo cui l’impedimento a comparire derivante da infermità fisica non va inteso in senso esclusivamente meccanicistico, come impedimento materiale per l’imputato ad essere presente all’udienza, ma come ostacolo all’esercizio del diritto di autodifesa in condizioni di lucidità mentale [45]. Ciò significa che l’imputato deve essere cosciente e sereno nel partecipare al processo a suo carico, in modo da comprendere le accuse mosse e interagire come parte attiva della vicenda che lo coinvolge; quindi, anche ove si riesca ad ottenere la sua presenza fisica [46], ma non se ne accerti o assicuri la partecipazione attiva, si determina un impedimento a comparire. Questo orientamento trae ispirazione dalla giurisprudenza costituzionale, secondo cui la garanzia del diritto di autodifesa “comporta la necessità che l’imputato sia in grado non solo di essere fisicamente presente, se lo ritiene, al processo, ma anche di partecipare in modo consapevole e attivo alla vicenda processuale”; e qualunque stato di infermità, “non solo una malattia definibile in senso clinico come psichica, renda non sufficienti o non utilizzabili le facoltà mentali (coscienza, pensiero, percezione, espressione) dell’imputato, in modo da impedirne una effettiva partecipazione ... al processo, questo non può svolgersi” [47]. La sentenza in commento si pone in linea con tale orientamento affermando che nella valutazione dell’infermità fisica, quale causa di legittimo impedimento, non si può prescindere dalle implicazioni psico-fisiche «in quanto la garanzia sottesa all’esercizio del diritto di difesa comporta che l’imputato sia in grado di presenziare al processo a suo carico come parte attiva della vicenda che lo coinvolge», nel corso della quale deve poter esercitare concretamente i diritti e le facoltà di cui è titolare. Nel caso specifico, si discuteva della situazione di un imputato affetto da postumi di chemioterapia, derivanti dalla recidiva di una grave neoplasia, che il giudice di merito non riteneva di ostacolo al suo trasporto in tribunale a mezzo di [continua ..]
La decisione in esame offre lo spunto per svolgere alcune considerazioni sul potere del giudice di valutare la legittimità dell’impedimento per ragioni di salute. Il punto di partenza per la verifica giurisdizionale è rappresentato dalla certificazione medica prodotta dall’imputato, necessaria per documentare la malattia e giustificare la richiesta di rinvio dell’udienza. Nulla quaestio se la natura dell’infermità indicata nel certificato e l’incidenza di questa sulla concreta possibilità per l’imputato di presentarsi al processo, risultino provate con certezza [48] oppure nessuna prova sia stata fornita al riguardo [49]; il giudice, nel primo caso, dispone il rinvio dell’udienza e, nel secondo, procede in assenza dell’imputato. Il problema si pone allorché l’impedimento per ragioni di salute non sia dimostrato in modo certo, ma appaia solo probabile. La dottrina [50] sostiene che il giudice, nel dubbio sulla fondatezza delle ragioni che hanno impedito all’imputato di comparire in udienza, ha il dovere di attivarsi d’ufficio per acquisire la prova certa dell’impedimento, mediante il ricorso alla perizia o ad attività non formale di consulenza tecnica [51]; quindi sull’imputato graverebbe un mero onere di “allegazione” dell’impedimento. A fondamento di questa interpretazione si invocano ragioni di opportunità [52], oppure si fa affidamento sulla correttezza [53] e sensibilità [54] del giudice: si dice, infatti, che per disattendere un certificato medico e contestare la natura della malattia al fine di escludere la legittimità dell’impedimento, non è sufficiente il generico apprezzamento del giudice, ma è necessario affidarsi alle valutazioni di uno specialista [55]. In senso contrario, la giurisprudenza [56] afferma che l’imputato ha l’onere di dimostrare con certezza la malattia che gli impedisce di presentarsi all’udienza, vale a dire la sua natura, l’intensità, l’attualità e le ragioni che la qualificano come causa di assoluta impossibilità a comparire; qualora non sia dimostrato in modo certo che la malattia ha inciso sulla concreta possibilità dell’imputato di comparire al processo, il giudice non è obbligato a disporre d’ufficio verifiche [continua ..]