Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Tutela della vittima nella vicenda cautelare e obbligo di notificare l´istanza di revoca (o modifica) della misura (di Filippo Lombardi, Magistrato)


Nel corso degli ultimi anni, anche in adesione agli impulsi di matrice sovranazionale, il baricentro del procedimento penale italiano, storicamente incentrato sull’imputato, ha parzialmente mutato il proprio assetto, trovando nuovo perno sulla figura della vittima del reato, secondo una concezione vittimologica per lungo tempo riservata ad altri rami dell’ordinamento. Tra gli istituti processuali a vocazione protettiva vi è quello, cristallizzato nell’art. 299 c.p.p., dell’obbligo, per la parte richiedente la revoca o la modifica delle misure cautelari di cui agli artt. 282-bis e ss. c.p.p., di notificare l’istanza alla persona offesa o al suo difensore a pena di inammissibilità. In questa sede se ne illustrano i profili problematici, alla luce degli orientamenti divergenti emersi in dottrina e giurisprudenza.

The protection of the victim in the preventive measures procedure and the onus of communicating the request of annulment or substitution of the measure

In the last years, also because of international impulses, the balance of the italian criminal law procedure, historically based on the figure of the accused, has moved its balance onto the victim of the crime, according to a victimologic theory which has always been the base of other branches of law system. Among the procedural rules which aim to protect the victim, we will analyse art. 299 c.p.p., which obliges the requester of an annulment or a substitution of a preventive measure (artt. 282-bis e ss. c.p.p.), to communicate the request to the victim or to his lawyer, otherwise the request is not accepted. This essay will highlight the most problematic aspects of this rule, as interpreted by doctrine and courts.

SOMMARIO:

1. La tutela della vittima nel procedimento penale: sollecitazioni europee e recepimento in ambito nazionale - 2. I diritti di informazione e facoltà della persona offesa in sede cautelare alla luce del¬l’art. 299 c.p.p. - 3. Il tempo della deliberazione - I delitti commessi con violenza alla persona - 4. (Segue): il pericolo di recidiva personale e la rilevanza del rapporto tra autore e vittima - 5. L’obbligo di notifica: regole, eccezioni e destinatari - 6. Rimedi contro l’ordinanza di accoglimento nel caso di omessa notifica dell’istanza alla persona offesa - NOTE


1. La tutela della vittima nel procedimento penale: sollecitazioni europee e recepimento in ambito nazionale

Il ruolo della persona offesa all’interno del procedimento penale ha assunto nell’ultimo ventennio una posizione centrale nel trend normativo sovranazionale e interno, generando una parziale decentralizzazione della figura del soggetto sottoposto a procedimento penale e una implementazione della tutela della vittima, nell’ottica della valorizzazione delle sofferenze e delle conseguenze pregiudizievoli patite da quest’ultima per effetto del reato. Si sono susseguite risoluzioni ONU, raccomandazioni e convenzioni del Consiglio d’Europa, convenzioni internazionali, decisioni-quadro del Consiglio UE, nonché direttive europee che, recepite dagli Stati aderenti, hanno avuto l’effetto di incidere sulla normativa interna predisponendo strumenti giuridici idonei al rafforzamento dei diritti pre-procedimentali della vittima del reato, dei suoi poteri processuali, e della sua protezione durante il corso della vicenda giudiziaria. Il riferimento è in primis alla decisione-quadro 2001/220/GAI adottata dal Consiglio d’Europa il 15 marzo 2001, sulla posizione della vittima nel procedimento penale, che adotta una nozione unitaria di vittima come persona fisica che ha subito danni psicofisici o a propri beni in conseguenza di un reato, simile – a ben vedere – a quella che nell’ordinamento interno viene adottata per descrivere non tanto la persona offesa, titolare del bene giuridico leso, quanto quella, più ampia, del soggetto danneggiato potenziale parte civile [1]. La decisione-quadro in parola prescrive agli Stati membri il riconoscimento del diritto di informazione pre-processuale, riguardante i servizi di assistenza, i benefici assistenziali, l’iter per sporgere denuncia, il ruolo nella fase posteriore alla presentata denuncia, le tipologie di protezione accessibile, l’assistenza legale, il patrocinio gratuito, i presupposti e i modi per avanzare domanda di risarcimento danni. Sul piano processuale, invece, i diritti della persona offesa attengono, in particolare, al momento dell’ascolto, alle tecniche di protezione, nonché alla tutela della privacy. Meritano menzione, altresì, la decisione-quadro 2002/629/GAI del Consiglio dell’UE sulla lotta alla tratta degli esseri umani, la direttiva del Consiglio dell’UE 2004/80/CE sull’indennizzo delle vittime di reato, la decisione-quadro 2008/913/GAI del Consiglio [continua ..]


2. I diritti di informazione e facoltà della persona offesa in sede cautelare alla luce del¬l’art. 299 c.p.p.

I primi due commi dell’art. 299 c.p.p. disciplinano i presupposti della revoca o modifica in melius delle misure cautelari, anche mediante incidenza in senso più favorevole sulle modalità esecutive del presidio, da rinvenirsi allorché cessino i suoi requisiti applicativi, si attenuino le esigenze cautelari che le legittimano, o sopravvenga la sproporzione della misura rispetto alla entità del fatto o alla pena irrogabile. Il comma 2-bis, inserito dalla l. 119 del 2013 [9], disciplina il diritto della persona offesa a conoscere – in via principale mediante comunicazione al proprio difensore e, in mancanza, personalmente [10] – a cura della p.g. competente, i provvedimenti di revoca o modifica migliorativa (anche con riguardo alla sola attenuazione delle modalità esecutive) relativa alle misure cautelari dell’allontanamento dalla casa familiare, del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, del divieto e obbligo di dimora, degli arresti domiciliari, della custodia cautelare in carcere o in luogo di cura (artt. 282-bis e ss. c.p.p.) nel caso in cui la vicenda procedimentale concerna un delitto commesso con violenza alla persona [11]. Pur nel silenzio della norma, si ritiene in dottrina che, nel caso in cui la vittima abbia dichiarato o eletto domicilio, tale scelta debba essere valorizzata in via succedanea rispetto alla nomina difensiva e preliminare rispetto alla notifica personale [12]. Inoltre, al fine di scongiurare una eccessiva proliferazione di provvedimenti comunicabili, si è suggerito che tale attività informativa riguardi solo quei provvedimenti di revoca o modifica della misura o delle sue modalità esecutive che attenuino in modo sostanziale la restrizione della libertà, generando il pericolo di ripristino di contatti tra reo e vittima [13], e non decisioni meramente tese a consentire il soddisfacimento di esigenze pratiche della vita quotidiana. Questo diritto alla conoscenza trova attuazione ex post, dopo una decisione già assunta dal giudice, e attiva, in capo alla vittima del reato, l’adozione di misure comportamentali di autotutela rispetto al mutato status libertatis dell’indagato. Altro è invece il sotto-sistema interlocutorio approntato dai successivi commi 3 e 4-bis, che descrivono, diversamente, un vero e proprio diritto [continua ..]


3. Il tempo della deliberazione

Secondo alcuni, il contraddittorio anticipato con la vittima, così regolato, confligge con la scansione procedimentale che concede al giudice cinque giorni per decidere, se si considera il tempo, difficilmente prevedibile, per il perfezionamento della notifica; vi sarebbe il rischio di dilatare eccessivamente lo spatium deliberandi in palese frizione con il diritto di difesa dell’indagato e col sottostante diritto alla libertà personale, specie nell’ipotesi di irreperibilità della persona offesa. Taluno ha auspicato che la persona offesa, previamente informata della facoltà di nomina di un difensore, venga anche invitata a dichiarare o eleggere un domicilio valido per tutte le notifiche del procedimento [15], per consentire l’accelerazione dei tempi di notifica e di conseguente interlocuzione. Sul punto appare opportuno indugiare, attesa la rilevanza della questione, che alloggia sul terreno insidioso del bilanciamento tra diritti del soggetto sottoposto a procedimento e diritti della vittima [16]. Occorre perciò individuare il corretto punto di equilibrio tra il termine di cinque giorni dal deposito dell’istanza assegnato al giudice per decidere e quello di due giorni dalla sua notifica assegnato alla persona offesa o al suo difensore per formulare osservazioni: il punctum pruriens è la mancata esplicitazione, da parte del legislatore, della relazione cronologica sussistente tra il deposito della istanza in cancelleria e la notifica alla persona offesa. Una possibile esegesi [17] transita per l’analisi letterale della norma, la quale prescrive alla parte richiedente di depositare l’istanza e al giudice di provvedere entro cinque giorni dal deposito; tuttavia, la richiesta deve essere “contestualmente notificata” alla persona offesa o al suo difensore a pena di inammissibilità. Si potrebbe ritenere che tale contestualità debba sussistere tra il deposito in cancelleria e l’avvio dell’iter per la notifica ma la conseguenza sarebbe, con ogni probabilità, la frustrazione del termine di cinque giorni per la decisione, essendo la procedura di notifica esposta a tempi non preventivabili. La seconda impostazione, preferibile e maggiormente adottata nella prassi, è quella di richiedere che al momento del deposito dell’istanza in cancelleria, essa sia corredata dalla [continua ..]


I delitti commessi con violenza alla persona

L’identificazione del corretto perimetro della locuzione “delitti commessi con violenza alla persona”, contenuta nell’art. 299 comma 2-bis c.p.p., richiamata ai commi 3 e 4-bis, e peraltro utilizzata in altre norme quali l’art. 408 comma 3-bis c.p.p. (avviso obbligatorio della richiesta di archiviazione) e l’art. 90-ter c.p.p. (avviso obbligatorio dell’avvenuta scarcerazione o evasione), costituisce altra questione che smuove gli intelletti degli studiosi. La dizione presenta trame operative indefinite e potenzialmente amplissime. Tra gli interrogativi, vi sono quelli se la violenza sia solo quella fisica o anche quella psichica o morale; se per delitto violento debba intendersi solo quello che annovera la violenza tra gli elementi costitutivi o circostanziali o anche quello, strutturalmente diverso, ma che trovi, ad esempio, il proprio terreno epifanico in contesti lato sensu violenti; sul piano cronologico, se rilevi solo il delitto violento potenzialmente replicabile nei confronti della medesima persona offesa o anche quello del tutto episodico; se rilevi ogni grado di intensità della violenza; se rilevi la violenza quand’anche meramente strumentale al conseguimento di altro fine; altresì, se rilevi la violenza nata da impulso estemporaneo; infine, se occorre che la violenza sia posta in essere in un ambito relazionale tra reo e vittima. La palese vocazione proteiforme della nozione di violenza alla persona deve essere per quanto possibile arginata, in un’ottica di ragionevolezza e bilanciamento di interessi contrapposti, per evitare un inutile aggravio della posizione dell’indagato oltre che dell’attività degli organi notificatori. Orbene, quanto alla morfologia della violenza, i sostenitori di una prima impostazione ermeneutica [20], restrittiva, ritengono che il delitto commesso con violenza alla persona annoveri tra gli elementi strutturali o circostanziali la violenza fisica, vale a dire qualunque esplicazione di forza corporea applicata sul soggetto passivo al fine di pregiudicarne la libertà di autodeterminazione (cd. violenza propria). Questa concezione è stata superata, dapprima mediante l’inclusione, nell’ambito concettuale, della violenza cd. impropria [21], intesa come utilizzo di mezzi anomali per esercitare pressioni sulla volontà altrui; e, in seguito, mediante [continua ..]


4. (Segue): il pericolo di recidiva personale e la rilevanza del rapporto tra autore e vittima

Traendo l’abbrivio dai testi normativi sovranazionali, è stato ulteriormente circoscritto il perimetro dei delitti violenti, adottando un criterio relazionale. Infatti, secondo l’orientamento ormai dominante, l’obbligo di notifica dell’istanza cautelare ex art. 299 c.p.p. deve essere adempiuto solo quando il contesto delittuoso sia segnato da un rapporto tra autore e vittima [26]. In tal senso militerebbero innanzitutto le normative sovranazionali [27], le quali, possedendo la principale ratio di scongiurare e reprimere la violenza di genere attuata in ambito domestico, consentirebbero una lettura teleologicamente orientata dell’art. 299 cit., nel senso di attribuire alla norma la sola funzione di tutelare la vittima da un reo a lei già noto per l’esistenza di legami [28]. Una siffatta lettura della norma sarebbe coerente con l’effettiva utilità dell’apporto conoscitivo della persona offesa nello scrutinio dell’istanza avanzata dalla parte richiedente, essendo indubbio che la persona offesa è capace di offrire un contributo fattivo al giudice quando è fornita di adeguata contezza circa la personalità e i potenziali comportamenti dell’autore del reato, dati gnoseologici che è possibile trarre solo dalla pregressa conoscenza del reo [29]. Ancora, si consideri che, ai sensi dell’art. 299 comma 2 c.p.p. – che costituisce, in una logica di continuità, l’epilogo di una sequela che prende le mosse dal preliminare diritto della persona offesa a conoscere, dapprima, la stessa istanza cautelare – si prevede la comunicazione dei provvedimenti di revoca o modifica della misura cautelare di cui agli artt. 282-bis e ss c.p.p. anche ai «servizi socio-assistenziali»; il coinvolgimento dei servizi non avrebbe senso a fronte di procedimenti che, pur avendo ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona, non si iscrivano nella cornice della violenza di genere o familiare [30]. Si pensi a delitti come la rapina o la resistenza a pubblico ufficiale, certamente violenti, ma non nel contesto di relazioni interpersonali. Inoltre, improntando il discorso al pragmatismo, la tutela della vittima assume significato solo nel caso di rischio concreto di replicazione del reato nei confronti della medesima persona offesa ad opera dell’agente [31], commisurato al [continua ..]


5. L’obbligo di notifica: regole, eccezioni e destinatari

Si è già detto che la parte che faccia istanza cautelare di revoca o sostituzione in melius di una misura ex artt. 282-bis e ss c.p.p., applicata per delitti commessi con violenza alla persona, deve notificare tale istanza alla persona offesa. Il codice prevede che la notifica venga fatta: a) al difensore della persona offesa, nel caso di nomina; b) alla persona offesa, «salvo che in quest’ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio». Fa naturalmente eccezione all’obbligo di notifica il caso in cui l’istanza cautelare venga effettuata in udienza alla presenza della persona offesa o del suo difensore [39], militando in tal senso la lettera dell’art. 299 comma 4 bis, primo periodo, c.p.p. che impone al giudice di comunicare al pubblico ministero l’istanza proveniente dall’imputato «se la richiesta non è presentata in udienza». Secondo alcuni interpreti, l’espressione estende i propri effetti anche ai periodi successivi del medesimo comma [40], assurgendo a principio generale che elimina gli obblighi comunicativi nel caso in cui il soggetto che dovrebbe ricevere separata comunicazione sia presente al momento della formulazione dell’istanza e possa interloquire. Pur in adesione agli approdi di questo orientamento, si osservi come il primo periodo del comma 4-bis attenga esclusivamente al coinvolgimento della pubblica accusa nella decisione, sicché l’obbligo di notifica alla persona offesa viene meno applicando un principio di ragionevolezza che impone di considerare come regolarmente effettuata la comunicazione de qua, laddove la persona offesa o il suo difensore siano presenti in udienza durante la formulazione dell’istanza. Non appare invece sostenibile, a parere di chi scrive, l’orientamento, talvolta propugnato dal difensore nella prassi giudiziaria, di ritenersi esonerato dall’obbligo di notifica ritenendo sufficiente che l’istanza cautelare venga formulata in udienza, sebbene con persona offesa e difensore assenti. Spesso gli argomenti a sostegno poggiano sulla presunzione di presenza di tali soggetti in udienza o, in alternativa, su un loro onere di essere presenti in detta sede, solo così manifestando un reale interesse a conoscere le domande cautelari in ogni momento avanzabili dal difensore dell’imputato. In [continua ..]


6. Rimedi contro l’ordinanza di accoglimento nel caso di omessa notifica dell’istanza alla persona offesa

Questione spinosa, che potrà essere efficacemente risolta solo dalla penna del legislatore, è quella che attiene ai rimedi attuabili, principalmente dalla persona offesa, nel caso in cui il giudice, nonostante l’omessa notifica dell’istanza cautelare alla vittima ex art. 299 c.p.p., la accolga nonostante la sua originaria inammissibilità. Secondo un primo orientamento [46], la soluzione risiede nel ricorso per saltum per cassazione ex art. 311 c.p.p.; la persona offesa potrebbe esperirlo dolendosi della mancata conoscenza dell’istanza e lamentando un vulnus di tutela, nel quadro dei diritti e delle facoltà ampiamente riconosciute alle vittime di reato. A tale proposito, soccorrono in linea di principio le norme che consentono il ricorso per cassazione al fine di dedurre la violazione del diritto al contraddittorio [47] cartolare della persona offesa, tra le quali l’art. 409 comma 6 c.p.p., secondo cui l’ordinanza di archiviazione è ricorribile per cassazione nei casi di nullità previsti dall’art. 127 comma 5 c.p.p. L’orientamento appare superabile. In disparte l’inevitabile ma non decisivo anacronismo che esso ha assunto per essere stato l’art. 409 comma 6 cit. abrogato dalla L. 23 giugno 2017, n. 103 che ha introdotto il diverso rimedio impugnatorio del reclamo innanzi al giudice monocratico, appare sufficiente richiamare il dato letterale dell’art. 311 comma 2 c.p.p., che consente il ricorso per saltum quando esso abbia ad oggetto un’ordinanza che dispone una misura coercitiva, solo nel caso di violazione di legge, ed indica quali soggetti legittimati l’imputato e il pubblico ministero [48]. Una seconda tesi propugnata è quella dell’appello ex art. 310 c.p.p. [49], che ha certamente il merito di superare l’aporia dell’oggetto dell’impugnazione, questa volta correttamente costituito da un provvedimento giudiziale diverso da quelli per i quali si prevede il riesame e il ricorso per saltum, ma incorre anch’essa nella obiezione, difficilmente ovviabile, secondo cui il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, ricavabile dall’art. 568 c.p.p., non consente l’interpretazione analogica dell’art. 310 cit. nel senso di ampliare il novero dei soggetti legittimati sino a farvi rientrare la [continua ..]


NOTE
Fascicolo 6 - 2020