Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
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Prescrizione del reato e confisca dei terreni abusivamente lottizzati: nuovi limiti all'applicazione della misura ablativa (di Matteo Rampioni, Dottore di ricerca in procedura penale presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”)


La confisca dei terreni e delle opere realizzate può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva del reato, purché la sussistenza della lottizzazione abusiva sia stata (già) accertata sotto il profilo soggettivo ed oggettivo. Ma è condivisibile l’assunto secondo cui, intervenuta la causa estintiva, il giudizio non può proseguire ai soli fini di verificare i presupposti di applicazione della misura.

Prescription of the crime and illegally plotted land confiscation: new limits for the application of the ablatory provision

The confiscation of illegally plotted land can also be arranged in the presence of an extinguishing cause of the crime, provided that the existence of the illegal lotteries has been (already) ascertained from a subjective and objective point of view. But can be shared the consideration that, in the extinguishing case, the judgment cannot continue for the purpose of verifying the assumptions of the application of the measure.

Prescrizione del reato e confisca urbanistica: l’immediata causa di non punibilità per l’intervenuta prescrizione del reato dev’essere sempre dichiarata quando il reato non è stato accertato La confisca di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva determinata dalla prescrizione del reato purché sia stata accertata la sussistenza della lottizzazione abusiva sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell’ambito di un giudizio che abbia assicurato il contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio non può, in applicazione dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento. Sicché, deve escludersi che, in tema di provvedimenti sanzionatori che conseguono all’accertamento di una lottizzazione abusiva, possa desumersi dalla disciplina in materia l’esistenza di una sorta di pregiudiziale penale, ovvero di previa verifica della sussistenza della responsabilità penale di cui all’art. 44, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001. [Omissis]   RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Messina ha confermato la pronuncia del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto del 24 luglio 2012 di condanna di omissis alla pena, condizionalmente sospesa, di anni uno e mesi due di arresto ed euro 60.000,00 di ammenda, per il reato di cui all’art. 44, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001, per avere realizzato, in data 7 ottobre 2008, in qualità di legale rappresentante della ditta edile omissis S.r.l., la lottizzazione abusiva di un’area sita nel Comune di Furnari (segnatamente in relazione alla costruzione solo parziale delle opere di urbanizzazione primaria oggetto della concessione edilizia ottenuta, cui aveva fatto seguito l’edificazione di dodici corpi di fabbrica fuori terra in assenza del necessario titolo abilitativo, in violazione del piano di lottizzazione approvato con deliberazione comunale dell’11/08/2006, n. 42 e degli standard urbanistici vigenti, con particolare riferimento alla volumetria realizzabile, alle sagome dei corpi di fabbrica, al numero delle unità abitative, alle superfici coperte, alle opere di urbanizzazione, agli abitati insediabili ed alle distanze delle strade). Con la sentenza è stata, inoltre, confermata la confisca dell’area e dei fabbricati abusivamente realizzati. 2. Avverso la predetta sentenza l’imputato, per il tramite del suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo sei motivi. 2.1. Con il primo motivo, il ricorrente ha lamentato la violazione degli artt. 30 e 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 e la mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, sostenendo [continua..]

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SOMMARIO:

1. La questione - 2. La natura della confisca urbanistica ed i precedenti in materia - 3. (Segue:) le prime pronunce della Corte edu: la vicenda Sud Fondi e la sentenza Varvara - 4. (Segue:) la sentenza n. 49/2015 della Corte costituzionale - 5. (Segue:) la sentenza G.I.E.M. srl. contro Italia del 28 giugno 2018 - 6. La soluzione adottata dalle Sezioni Unite - 7. Rilievi finali - NOTE


1. La questione

Con la sentenza in esame le Sezioni Unite, da un lato, cristallizzano il principio di diritto (già ampiamente riconosciuto [1]) secondo cui la confisca di cui all’art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 può essere disposta anche in presenza della prescrizione del reato purché venga accertata, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo e nell’ambito di un giudizio che abbia assicurato il contraddittorio, la responsabilità dell’imputato; dall’altro introducono un’importante novità: quando interviene la causa estintiva, il giudizio di primo grado non potrà proseguire al solo fine di verificare la commissione del reato di lottizzazione abusiva (come spesso, invece, avviene nella prassi giudiziaria).


2. La natura della confisca urbanistica ed i precedenti in materia

Appare utile in prima battuta ricordare brevemente quale è la tipologia giuridica della confisca cd. urbanistica. L’art. 44, comma 2, d.P.R n. 380 del 2001 stabilisce che «la sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione. La sentenza definitiva è titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari». Il tema è stato oggetto di repentini ripensamenti. In un primo momento, una parte della dottrina [2] ha sostenuto che si trattasse di una misura di sicurezza avente caratteri specifici (obbligatorietà, che esclude qualsiasi margine di discrezionalità giudiziaria; applicabilità anche in assenza di condanna; acquisizione, di diritto e gratuita, dei beni non al patrimonio dello Stato, ma al patrimonio del Comune). Tale impostazione, tuttavia, non ha trovato un grande consenso, ragione per cui si è via via delineato un diverso orientamento, per lungo tempo dominante, secondo cui la confisca urbanistica ha natura di sanzione amministrativa [3]. Nonostante i due indirizzi prospettassero soluzioni differenti, gli argomenti posti a sostegno delle rispettive tesi risultano simili [4]. In primo luogo, l’applicabilità anche in assenza di una sentenza di condanna (la sanzione amministrativa ha, infatti, come primo fine il buon governo del territorio, che va comunque assicurato in caso di lottizzazione abusiva, anche in presenza di una sentenza di proscioglimento); poi, la destinazione del bene al patrimonio del Comune e non dello Stato (conseguenza tipica dei provvedimenti amministrativi); quindi, l’obbligatorietà, pur non riguardando cose intrinsecamente pericolose (i terreni lottizzati e le relative opere edili costituiscono reato non per se stessi, ma in quanto privi di autorizzazione o in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici); infine, mentre la confisca dell’art. 240 c.p. in alcuni casi non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato, la confisca urbanistica deve essere disposta in danno di terzi estranei, anche acquirenti in buona fede [5]. La tesi della natura amministrativa della confisca [continua ..]


3. (Segue:) le prime pronunce della Corte edu: la vicenda Sud Fondi e la sentenza Varvara

La vicenda Sud Fondi [8] rappresenta lo spartiacque tra il “vecchio” e il “nuovo” orientamento in materia di confisca degli immobili (terreni ed edifici) oggetto del reato di lottizzazione abusiva di cui all’art. 44, comma 2, d.P.R n. 380 del 2001. Come sopra accennato, la giurisprudenza interna a lungo dominante [9], alla luce di una norma dalla formulazione piuttosto scarna, perviene alla conclusione secondo cui la condanna non è presupposto necessario di applicabilità della confisca, trattandosi di una sanzione amministrativa [10] di carattere reale. La confisca, pertanto, deve essere obbligatoriamente disposta dal giudice quando viene accertata la realizzazione di un fatto tipico di lottizzazione abusiva [11]. Con la sentenza Sud Fondi srl. e altri c. Italia la Grande Camera della Corte edu esprime, invece, un principio di diritto innovativo. Principio in forza del quale si stabilisce, da un lato, che la cd. confisca urbanistica non può avere una finalità squisitamente compensativo-riparatoria, bensì, deve qualificarsi, conformemente all’art. 7 della Convenzione, come una pena [12]; dall’altro, che la confisca deve essere disposta alla luce dell’accertamento di colpevolezza dell’imputato. In altri termini, risulta necessario anche un legame di natura intellettuale (coscienza e volontà) che permette di sostenere la responsabilità dell’autore materiale dell’infrazione («la Corte ha riconosciuto che una sanzione riconducibile alla materia penale – come appunto si ritiene, nel caso di specie, la confisca urbanistica – non possa mai prescindere dall’accertamento di un profilo di rimproverabilità a carico dell’autore, consistente quanto meno nella necessità della conoscibilità dell’incriminazione, e, parallelamente, nell’assenza di un errore invincibile e incolpevole da parte dell’autore» [13]). Si sostiene che tale misura: è ricollegabile a un illecito penale fondato su principi generali; è disposta dal giudice penale sulla base di fatti materialmente illegali; non tende alla riparazione pecuniaria di un danno, ma mira essenzialmente ad impedire la reiterazione della inosservanza delle prescrizioni stabilite dalla legge; ha carattere, ad un tempo, preventivo e repressivo; possiede una qualificazione [continua ..]


4. (Segue:) la sentenza n. 49/2015 della Corte costituzionale

I principi espressi dalla sentenza Varvara vengono messi rapidamente al vaglio del giudice costituzionale attraverso la remissione di due questioni differenti. La prima, sollevata Corte di cassazione [21], fonda sulla presunta illegittimità dell’art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, nella parte in cui tale disposizione «non può applicarsi nel caso di dichiarazione di prescrizione del reato anche qualora la responsabilità sia accertata in tutti i suoi elementi». La seconda, proposta invece dal Tribunale di Teramo [22], denuncia l’illegittimità dell’art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 in riferimento all’art. 117, comma 1, Cost., in relazione all’art. 7 della Cedu «nella parte in cui consente che l’accertamento nei confronti dell’imputato del reato di lottizzazione abusiva possa essere contenuto anche in una sentenza che dichiari estinto il reato per intervenuta prescrizione» [23]. Nonostante pervenga ad una declaratoria di inammissibilità delle questioni proposte, la Corte costituzionale emette un provvedimento ampiamente motivato che offre una lettura non contrastante del diritto interno con i principi espressi dalla sentenza Varvara («La questione da risolvere – scrive la Corte – consiste nel decidere se il giudice europeo, quando ragiona espressamente in termini di condanna, abbia a mente la forma del pronunciamento del giudice, ovvero la sostanza che necessariamente si accompagna a tale pronuncia, laddove essa infligga una sanzione criminale ai sensi dell’art. 7della Cedu, vale a dire che l’accertamento della responsabilità […] Come si è già ricordato, nell’ordinamento giuridico italiano la sentenza che accerta la prescrizione di un reato non denuncia alcuna incompatibilità logica o giuridica con un pieno accertamento di responsabilità. Quest’ultimo, anzi, è doveroso qualora si tratti di disporre una confisca urbanistica»). L’impostazione esegetica in questione, infatti, sottolinea che non si può escludere l’adozione del provvedimento di confisca, ai sensi dell’art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380/2001 in costanza di una sentenza che attesta la prescrizione del reato di lottizzazione abusiva [24]. La confisca, secondo la Corte [25], risulta compatibile con un esito processuale diverso dalla condanna in [continua ..]


5. (Segue:) la sentenza G.I.E.M. srl. contro Italia del 28 giugno 2018

Nel giugno 2018 la Corte edu viene investita nuovamente della questione, tornando a pronunciarsi sul tema della compatibilità della confisca urbanistica con l’art. 7 della Convenzione. In questa occasione, tuttavia, opera un passo indietro sul piano delle garanzie, discostandosi dalle conclusioni a cui era pervenuta la sentenza Varvara ed allineandosi, invece, ai principi espressi dalle sentenze della Corte edu Sud Fondi e della Corte costituzionale [27]. La decisione (anche in questo caso [28]) stabilisce che la confisca urbanistica ben può essere disposta anche in assenza di condanna formale (come nel caso della declaratoria di prescrizione), purché nel giudizio venga operato un accertamento da cui emerge la sussistenza di tutti i requisiti, oggettivi e soggettivi, del reato di lottizzazione abusiva [29]. La pronuncia non sembra escludere la possibilità di scorciatoie probatorie circa l’accertamento della responsabilità, sempre che ciò si mantenga entro certi limiti; limiti che vengono oltrepassati «quando una presunzione ha l’effetto di privare una persona di qualsiasi possibilità di discolparsi rispetto ai fatti di cui è accusata, privandola così del beneficio dell’art. 6 § 2 della Convenzione» [30]. Solo così, secondo tale pronuncia, si può considerare la confisca urbanistica, disposta in assenza di una condanna formale, compatibile con l’art. 7 della Convenzione [31].


6. La soluzione adottata dalle Sezioni Unite

Come già anticipato, con la sentenza in commento le Sezioni Unite hanno introdotto un’importante novità in tema di confisca urbanistica: l’obbligo dell’immediata declaratoria di non punibilità da parte del giudice di primo grado allorquando interviene la prescrizione del reato, palesando un aperto dissenso verso gli orientamenti in base ai quali, intervenuta la clausola estintiva, l’accertamento prosegue al solo scopo di perfezionare il giudizio sui presupposti applicativi della misura. La soluzione pare collocarsi a metà strada tra gli orientamenti fin ora analizzati. Infatti, nonostante, da un lato, il provvedimento riconosca la possibilità di applicare la confisca urbanistica anche in assenza di un provvedimento di condanna (conformemente a quanto stabilito sia dalla Corte costituzionale, sia dalla Corte Edu); dall’altro, stabilendo che «il giudizio di primo grado non possa proseguire, una volta intervenuta la prescrizione, ai soli fini dell’accertamento della responsabilità penale dell’imputato», offre, certamente, maggiori garanzie sia all’imputato che ai terzi acquirenti in buona fede. A fondamento di tale decisione vi è la volontà di affermare la prevalenza del principio di ordine costituzionale della «ragionevole durata del processo» [32]connesso all’obbligo dell’immediata declaratoria della causa di estinzione del reato posto dall’art. 129, comma 1, c.p.p. [33], obbligo che risulta derogabile unicamente «in melius, dal comma 2 della stessa norma, laddove già risulti con evidenza la sussistenza di una causa di proscioglimento nel merito e, in peius, nel senso, cioè, di consentire ugualmente la prosecuzione del processo ai fini dell’adozione di provvedimenti latu sensu sanzionatori solo in presenza di norme che espressamente statuiscano in tal senso». La Corte perviene a tale risultato spendendo una pluralità di argomenti: innanzitutto, l’art. 44 T.U. edilizia non richiede, in deroga all’art. 129 c.p.p., al giudice di compiere l’accertamento laddove la prescrizione risulti già maturata [34]; poi, né la Corte costituzionale, né la Corte Europea dei diritti dell’uomo hanno espressamente o implicitamente sostenuto il contrario [35]; inoltre, la disciplina dell’art. 129, comma 1, [continua ..]


7. Rilievi finali

Alla luce di quanto sin qui detto, la soluzione proposta dal Supremo Collegio appare equilibrata. Sebbene non offra all’imputato le medesime “garanzie” contenute nella sentenza della Corte edu Varvara (che, si ricorda, vieta sempre l’applicazione della confisca nel caso della declaratoria di prescrizione all’esito del giudizio di primo grado), propone una soluzione rispettosa non solo dell’art. 129 c.p.p., ma, contemporaneamente, anche degli artt. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e 111, comma 2, Cost., entrambi sub specie del diritto alla ragionevole durata e del diritto al contraddittorio. La lettura fornita dalle Sezioni Unite, peraltro, risulta conforme anche all’art. 157 c.p. laddove prevede l’estinzione del reato, con ogni conseguenza in chiave sanzionatoria, decorso il tempo stabilito dalla legge. Come è noto, il denominatore comune di queste norme si identifica nel rapporto tra giustizia e tempo. Da un lato, gli artt. 6 C.E.D.U. e 111, comma 2, Cost. esprimono il principio generale secondo cui il processo deve esaurirsi in un termine ragionevole. Dall’altro, l’istituto della prescrizione costituisce la conseguenza alla mancata emissione di una condanna irrevocabile entro precisi limiti cronologici. La declaratoria immediata di non punibilità rappresenta, invece, il meccanismo attraverso cui il processo deve rapidamente definirsi. In tale contesto, la statuizione del proscioglimento immediato è improntata, non solo, ad attuare il favor rei [38] (da intendersi, nel senso, sia di una rapida uscita dell’imputato dal processo [39], sia come strumento di tutela rispetto all’esposizione al giudizio della collettività dal quale possono derivare non irrilevanti effetti  [40]) ma, altresì, come strumento di economia giudiziaria (a fronte di un’evidente perdita di interesse nei confronti della vicenda). L’orientamento contrario, d’altra parte, protende verso una soluzione (quella di proseguire il giudizio ai soli fini della confisca anche dinanzi alla causa estintiva del reato) in cui l’interesse repressivo prevale sui tempi del processo e sulle garanzie dell’imputato [41]. Tale modo di vedere, peraltro, determina alcune problematiche interpretative. In primo luogo, così come già [continua ..]


NOTE
Fascicolo 6 - 2020