Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Il controllo sul potere cautelare dopo la legge n. 47 del 2015 (di Caterina Scaccianoce)


Dopo avere analizzato brevemente l’assetto anteriforma in tema di rapporti tra i requisiti dell’ordinanza cautelare e il potere di annullamento del tribunale del riesame, il contributo si sofferma sulle novità introdotte dalla legge n. 47/2015 in tema di motivazione del provvedimento restrittivo e sulle relative ricadute in ordine al potere di integrazione riconosciuto al tribunale della libertà.

The control on the power of pre-trial detention after the reform of 2015

The author, after analyzing briefly the frame about the relations between the conditions of pre-trial detention under art. 292 Code of Criminal Procedure and the power of annulment of the Court under art. 309 cpp, before the reform of 2015, focuses on the changes introduced by Law no. 47/2015 over the reinforcement of the motivation of pre-trial detention and on the effects consequent on the power of integration of the reasons of the judge that has applied the measure.

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LA RATIO DELLA RIFORMA Nato per giustificare quella che Carrara definiva una “ingiustizia necessaria”, il sistema della cautela e dei suoi controlli sconta indubbiamente una crisi di identità che da sempre lo ha contraddistinto, divenendo il risultato di scelte politico-normative di compromesso che, in risposta alle incalzanti istanze di difesa sociale, hanno preferito optare, a dispetto del principio costituzionale di non colpevolezza, per un uso sempre più disinvolto del potere coercitivo della libertà personale, la cui inviolabilità, pure sancita nella Carta Suprema, sembra, di conseguenza, piegarsi a definizioni che ne riflettono un valore tutt’altro che irrinunciabile a fronte di “concreti” e “attuali” bisogni cautelari. Ma alle diverse ‘ondate repressive’ sono seguite negli anni non poche istanze liberiste e garantiste che hanno dato vita, sulla spinta anche dei potenti moniti provenienti dalla Corte costituzionale, e dei recenti ‘comandi’ europei, a tentativi diretti a rafforzare le garanzie del soggetto sottoposto alla cautela, attenuando o correggendo quelle distorsioni applicative, figlie dell’inasprimento del regime della carcerazione preventiva, che di fatto avevano contribuito a far degenerare l’uso delle misure coercitive in una intollerabile anticipazione della pena [1]. In un contesto nel quale non può comunque farsi a meno del ricorso alla «custodia senza processo» [2], si inserisce la recente riforma del 2015, con cui il legislatore, nella nota e spesso discussa veste di «“moralizzatore” delle prassi giudiziarie ritenute non ortodosse» [3], è tornato a manipolare la materia della cautela, articolando il proprio intervento lungo diverse direttrici, tra le quali quella del rafforzamento della motivazione cautelare, a ragione considerata da molti il «cuore» della riforma [4]. L’obiettivo di rafforzamento del dovere di motivare l’ordinanza restrittiva della libertà personale, al quale dovrebbe corrispondere un accrescimento dei poteri di annullamento da parte del giudice del controllo, è sottolineato in modo esplicito dai proponenti della novella [5], tuttavia, la fiducia che gli scopi dichiarati possano trovare concreta attuazione non è apparsa prima facie incoraggiante al punto da indurre parte della dottrina a prospettare semmai un «netto deterioramento della funzione di controllo critico del riesame» [6], ovvero una «mera enfatizzazione dell’obbligo di motivazione», piuttosto che di un suo rafforzamento [7]. Non facile preannunciare le effettive ricadute che le novità legislative in punto di obbligo per il giudice della cautela di fornire con maggiore senso critico la propria ragione giustificatrice del provvedimento restrittivo della [continua..]

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