Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


La risposta 'punitiva' a disagio giovanile, povertà educativa e criminalità minorile: profili penalistici del c.d. decreto Caivano (di Antonella Massaro, Professoressa associata di Diritto penale – Università degli Studi Roma Tre)


Il d.l. n. 123/2023, convertito con modificazioni dalla l. n. 159/2023, si propone di offrire una risposta giuridica a quel disagio giovanile che in certi casi, come avvenuto nel comune di Caivano, sconfina nella commissione di reati. L’articolato impianto preventivo del decreto è completato da non poche misure di carattere punitivo-repressivo o che, più in generale, incidono sul sistema penale complessivamente inteso. Malgrado la contingenza (divenuta, come al solito, emergenza) da cui è derivata l’approvazione del d.l. n. 123/2023, lo stesso contiene interventi capaci di produrre un impatto sistematico tanto apprezzabile (sul piano quantitativo) quanto discutibile (sul piano qualitativo). Si pensi, solo per restare agli aspetti più evidenti, alla modifica dell’art. 73, comma 5 del d.p.r. n. 309/1990, a quella che ha riguardato la sospensione con messa alla prova del minore (art. 28 d.p.r. n. 448/1988) o, ancora, al regime di maggior rigore introdotto per i detenuti minorenni di età compresa tra i ventuno e i venticinque anni.

The 'punitive' response to youth distress, educational poverty and juvenile criminality: penal profiles of the so-called Caivano Decree

The Decree-Law No. 123/2023, converted by Law No. 159/2023, aims to offer a legal response to youth distress that in some cases results in the commission of crimes, as happened in the town of Caivano. As well as preventive provisions, the Decree-Law contains quite a few punitive-repressive measures or measures that, more generally, are related to the criminal justice system as a whole. Despite the contingency (which has become, as usual, an emergency) from which the approval of Decree Law No. 123 of 2023 derived, the same contains interventions capable of producing a systematic impact that is as significant (quantitatively) as controversial (qualitatively). Some meaningful examples are given by the amendment of Art. 73, Paragraph 5 of Presidential Decree No. 309/1990, the reform of Juvenile Probation (Art. 28 of Presidential Decree No. 448/1988) and the more rigorous regime introduced for juvenile detainees between the ages of twenty-one and twenty-five.

SOMMARIO:

1. La rotta del populismo penale e le derive securitarie: ennesima variazione sul tema? - 2. Il delitto di inosservanza dell’obbligo dell’istruzione elementare dei minori (art. 570-ter c.p.) - 3. Disposizioni per il contrasto dei reati in materia di armi od oggetti atti ad offendere - 4. Disposizioni per il contrasto dei reati in materia di sostanze stupefacenti - 5. Gli interventi in materia di giustizia minorile: le modifiche al d.p.r. n. 448/1988 - 6. Gli interventi in materia di esecuzione penale per minorenni: le modifiche al d.lgs. n. 121/2018 - 7. Disposizioni in materia di misure di prevenzione a tutela della sicurezza pubblica e della sicurezza delle città: le modifiche del c.d. DASPO urbano e del foglio di via obbligatorio - 8. Disposizioni in materia di prevenzione della violenza giovanile: le modifiche all’avviso orale e alla procedura di ammonimento del questore - NOTE


1. La rotta del populismo penale e le derive securitarie: ennesima variazione sul tema?

La legislazione penale degli ultimi decenni è costellata da variazioni sul tema del populismo penale [1] o, se si vuole, dalle commistioni tra l’ossessione securitaria e la percezione della insicurezza, spesso utilizzati come veri e propri strumenti di governo [2]: la sicurezza urbana, intesa come immunità personale rispetto al rischio di divenire vittima di reati, offre la base agli slogan che, proclamando l’obiettivo della “tolleranza zero”, mirano alla ricerca del consenso e, al tempo stesso, alla creazione di bolle securitarie ispirate alla logica della vittimizzazione e della esclusione [3]. Il populismo penale, superando le barriere ideologiche, è in grado di proiettarsi in un orizzonte più ampio del populismo politico [4], offrendo la risposta “a costo zero” alle emergenze che alimentano l’allarme sociale o, in ogni caso, costruendo l’illusione di una politica che, attraverso il diritto penale, pretende di ergersi a modello e baluardo culturale. Il messaggio che la sanzione penale intende veicolare è quello per cui, qualora la prevenzione fallisca nel proprio obiettivo, l’ordinamento potrà pur sempre contare su una risposta repressiva (qualitativamente) capillare e (quantitativamente) intransigente, capace di “mostrare i muscoli” dello Stato tanto sul versante della previsione astratta delle fattispecie di reato quanto su quello dell’esecuzione della pena. Il d.l. 15 settembre 2023, n. 123, convertito con modificazioni dalla l. 13 novembre 2023, n. 159, in effetti, sembrerebbe replicare le battute di un copione divenuto ormai usuale. A seguito di un prologo rappresentato da fatti di cronaca che raccontano la commissione di gravi e “impressionanti” reati, il ruolo di eroe-protagonista viene assunto dal Governo-Legislatore, il quale, imbracciando le armi della decretazione di urgenza, intraprende una crociata contro l’ennesima minaccia emergenziale. Il diritto penale, sempre più distante dal modello liberale ispirato ai principi di frammentarietà e di extrema ratio, è chiamato a svolgere il ruolo di deuteragonista, costantemente al fianco del personaggio principale e disposto ad assecondarne le imprese, anche quelle più temerarie. Il d.l. n. 123/2023, allora, viene ribattezzato pressoché immediatamente come “decreto Caivano”, dal nome del comune [continua ..]


2. Il delitto di inosservanza dell’obbligo dell’istruzione elementare dei minori (art. 570-ter c.p.)

Tra le modifiche relative al diritto penale sostanziale che, in particolare, mirano a una più significativa responsabilizzazione degli “adulti”, può anzitutto segnalarsi l’introduzione, da parte dell’art. 12 del decreto, dell’art. 570-ter c.p., rubricato «inosservanza dell’obbligo dell’istruzione dei minori», con contestuale abrogazione dell’art. 731 c.p. Quest’ultimo articolo disciplinava la contravvenzione di «inosservanza dell’obbligo dell’istruzione elementare dei minori», prevedendo l’ammenda fino a trenta euro per il soggetto che «rivestito di autorità o incaricato della vigilanza sopra un minore, omette, senza motivo, di impartirgli o di fargli impartire l’istruzione elementare». L’irrisorietà della risposta sanzionatoria rappresentava uno degli elementi di più evidente criticità della fattispecie descritta dall’art. 730 c.p., specie in ragione della rilevanza degli interessi tutelati: superata la più risalente idea secondo la quale il reato in questione intendesse porsi come strumento di contrasto all’analfabetismo, si riteneva che lo stesso tutelasse (anche) il diritto del minore, costituzionalmente garantito, a ricevere una adeguata istruzione [1], sia pur anacronisticamente limitata all’istruzione elementare [2]. La contravvenzione era strutturata come reato proprio quanto al soggetto attivo e come reato omissivo improprio sul versante della condotta penalmente rilevante: il soggetto qualificato, perché rivestito di autorità o incaricato della vigilanza su un minore, rispondeva per aver omesso di impartire o far impartire allo stesso l’istruzione elementare, ma solo se ciò avvenisse “senza giustificato motivo” [3]. Il nuovo art. 570-ter c.p., invece, punisce con la reclusione fino a due anni «il responsabile del­l’adempimento dell’obbligo scolastico di istruzione che, ammonito ai sensi dell’articolo 114, comma 4 del decreto legislativo comma 1 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, non prova di procurare altrimenti l’istruzione del minore o non giustifica con motivi di salute, o con altri impedimenti gravi, l’assenza del minore dalla scuola, la mancata iscrizione del minore presso una scuola del sistema nazionale di istruzione, o non ve [continua ..]


3. Disposizioni per il contrasto dei reati in materia di armi od oggetti atti ad offendere

L’art. 4 d.l. n. 123/2023 introduce alcune modifiche in materia di delitti relativi al porto e all’utilizzo di armi, nonché a quelli che attengono alle sostanze stupefacenti, con disposizioni oggetto di numerose modifiche da parte della legge di conversione. Sul versante dei reati in materia di armi, il legislatore, anzitutto, agisce nel senso di un inasprimento delle pene, aumentando i limiti edittali previsti dall’art. 4 l. 18 aprile 1975, n. 110 per le contravvenzioni in materia di porto di armi od oggetti atti ad offendere: al comma 3 si sostituisce la pena “da sei mesi a due anni” con quella “da uno a tre anni”; al comma 4 l’originario limite “da uno a tre anni” lascia il posto a quello “da due a quattro anni”; al comma 5 si passa dalla cornice “da sei a diciotto mesi” a quella “da uno a tre anni”. Viene poi introdotto, nell’art. 4-bis l. n. 110/1975, il delitto di porto di armi per cui non è ammessa licenza, disponendo la contestuale abrogazione dell’art. 699, comma 2, c.p., relativo, appunto, al porto abusivo di armi per cui non è ammessa licenza. Anche in questo caso, dunque, il primo e più evidente cambiamento consiste nella sostituzione di una contravvenzione, punita con l’arresto da diciotto mesi a tre anni, con un delitto, punito, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, con la reclusione da uno a tre anni. Il comma 2 dell’art. 4-bis l. n. 110/1975 prevede una serie di circostanze aggravanti, stabilendo che, salvo che il porto d’arma sia previsto come elemento costitutivo o circostanza aggravante specifica per il reato commesso, la pena è aumentata da un terzo alla metà quando il fatto è commesso: a) da persone travisate o da più persone riunite; b) nei luoghi di cui all’art. 61, numero 11-ter), del codice penale; c) nelle immediate vicinanze di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro, parchi e giardini pubblici o aperti al pubblico, stazioni ferroviarie, anche metropolitane, e luoghi destinati alla sosta o alla fermata di mezzi di pubblico trasporto; d) in un luogo in cui vi sia concorso o adunanza di persone ovvero una riunione pubblica. Quanto al bene giuridico tutelato, si ripropongono, potenzialmente, le tradizionali oscillazioni registratesi in riferimento ai reati in materia di armi [continua ..]


4. Disposizioni per il contrasto dei reati in materia di sostanze stupefacenti

Quanto alla normativa in materia di stupefacenti, le modifiche di maggiore rilievo hanno riguardato il “fatto di lieve entità” di cui all’art. 73, comma 5 d.p.r. n. 309/1990. Anzitutto, la pena detentiva, che nella versione precedente andava da sei mesi a quattro anni, può oscillare, a seguito della riforma del 2023, dai sei mesi ai cinque anni. L’innalzamento del limite massimo di pena non è certo privo di conseguenze, rendendo applicabile la misura della custodia cautelare in carcere (art. 280 c.p.p.) ed escludendo la fattispecie dalla citazione diretta a giudizio (art. 550 c.p.), nonché dall’affidamento in prova ai servizi sociali (art. 47, comma 3-bis, ord. penit.): si tratta di conseguenze di cui si teme un possibile impatto negativo in termini di sovraffollamento degli istituti di pena, se si considera che oltre un quarto degli ingressi in carcere è dovuto proprio a violazioni dell’art. 73 d.p.r. n. 309/1990 [1]. Il legislatore della riforma, poi, inserisce un secondo periodo nel comma 5 dell’art. 73 d.p.r. n. 309/1990, prevedendo che la fattispecie del fatto di lieve entità sia punita con una pena più elevata (la reclusione da diciotto mesi a cinque anni e la multa da euro 2.500 a euro 10.329), «quando la condotta assume caratteri di non occasionalità». La nuova disposizione, quindi, applicandosi ai “fatti di lieve entità non occasionali”, rende la fattispecie del primo periodo riferibile ai soli “fatti di lieve entità occasionali”. Il concetto di occasionalità, evidentemente, sfugge a una definizione univoca. Nel tentativo di individuare possibili “parametri” sul piano normativo e interpretativo, si è osservato come il riferimento alla occasionalità ricorra nella disciplina della improcedibilità per l’irrilevanza del fatto nell’ambito della competenza del giudice di pace (art. 34 d.lgs. n. 274/2000) e in quella del proscioglimento per irrilevanza del fatto nel processo minorile (art. 27 d.p.r. n. 448/1988): secondo la giurisprudenza, l’occa­sionalità (rispettivamente, del fatto e del comportamento) richiederebbe la “mancanza di reiterazione di condotte penalmente rilevanti” e, quindi, requisiti meno stringenti rispetto a quelli impiegati dall’art. 131-bis c.p. per la definizione della particolare [continua ..]


5. Gli interventi in materia di giustizia minorile: le modifiche al d.p.r. n. 448/1988

Il c.d. decreto Caivano (art. 6) interviene in maniera significativa sul d.p.r. n. 448/1988, che, come noto, disciplina il processo penale a carico di imputati minorenni. Di particolare interesse risultano, in primo luogo, gli interventi relativi a quegli “istituti di favore” che rappresentano uno dei tratti più distintivi del sistema della giustizia minorile. Il legislatore interviene secondo una duplice direttrice: da un lato, potenzia gli strumenti rieducativo-risocializzanti, attraverso meccanismi nuovi rispetto alla legislazione precedente, ma, dall’altro lato, esclude i reati considerati espressione di un maggiore disvalore dall’accesso ai meccanismi premiali. La legge di conversione, anzitutto, modifica l’art. 28 d.p.r. n. 448/1988, introducendo un nuovo comma 5-bis, secondo il quale la sospensione del processo con messa alla prova non si applica ai delitti previsti dall’art. 575 c.p. (omicidio volontario), limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell’art. 576, dagli artt. 609-bis c.p. (violenza sessuale) e 609-octies c.p. (violenza sessuale di gruppo), limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dall’art. 609-ter, e dall’art. 628, comma 3, numeri 2), 3) e 3-quinquies) c.p. (rapina aggravata). La sospensione con messa alla prova del minore, collocandosi nel settore intermedio tra la sentenza definitiva e l’uscita immediata dal circuito penale, prevede dei presupposti di ammissibilità ampi ed estremamente generici, conferendo al giudice un significativo margine di discrezionalità in ordine all’am­missione al percorso di probation: ciò che importa, detto altrimenti, è soltanto che il giudice ritenga esperibile un (fruttuoso) tentativo di recupero del minore [1]. Muovendo da queste premesse, si ritiene “ragionevole” la scelta del legislatore di emancipare del tutto la concessione della messa alla prova dalla gravità del reato commesso [2]. La scelta del legislatore del 2023 di introdurre specifiche preclusioni, relative a un catalogo di reati particolarmente ristretto, potrebbe sollevare dei dubbi di legittimità costituzionale sul piano della ragionevolezza. Bisognerebbe cioè ipotizzare che, in riferimento ai minori (presunti) autori dei reati di omicidio, violenza sessuale e rapina aggravati, il legislatore avrebbe introdotto delle presunzioni assolute di pericolosità o, addirittura, [continua ..]


6. Gli interventi in materia di esecuzione penale per minorenni: le modifiche al d.lgs. n. 121/2018

L’art. 9 d.l. n. 123/2023, come modificato in sede di conversione, introduce un nuovo art. 10-bis nel d.lgs. n. 121/2018, relativo ai trasferimenti dei minori autori di reato dall’istituto penale per minorenni al carcere per adulti. L’art. 24 del d.lgs. n. 272/1989, come modificato dal d.l. n. 92/2014 (convertito dalla l. n. 117/2014), stabilisce che le misure e le pene limitative della libertà personale si eseguono secondo le norme e con le modalità previste per i minorenni anche nei confronti di coloro che nel corso dell’esecuzione abbiano compiuto il diciottesimo ma non il venticinquesimo anno di età (che sostituisce il precedente limite dei ventuno anni), sempre che non ricorrano particolari ragioni di sicurezza valutate dal giudice competente, tenuto conto altresì delle finalità rieducative ovvero quando le predette finalità non risultano in alcun modo perseguibili a causa della mancata adesione al trattamento in atto. Queste disposizioni si applicano anche quando l’esecuzione ha inizio dopo il compimento del diciottesimo anno di età. Il nuovo art. 10-bis del d.lgs. n. 121/2018 prevede che il direttore dell’istituto penale per i minorenni richiede al magistrato di sorveglianza per i minorenni il nulla osta al trasferimento presso un idoneo istituto per adulti, individuato dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, del detenuto che ha compiuto ventuno anni, in espiazione di pena per reati commessi durante la minore età, il quale, alternativamente: a) con i suoi comportamenti compromette la sicurezza ovvero turba l’ordine negli istituti; b) con violenza o minaccia impedisce le attività degli altri detenuti; c) nella vita penitenziaria si avvale dello stato di soggezione da lui indotto negli altri detenuti. La medesima disciplina si applica al detenuto che ha compiuto diciotto anni, in espiazione di pena per reati commessi durante la minore età, il quale realizza cumulativamente le condotte di cui alle precedenti lett. a), b) e c). Il magistrato di sorveglianza, quando sussistono queste condizioni, può negare il nulla osta al trasferimento presso l’istituto individuato solo per ragioni di sicurezza, anche del detenuto medesimo. La riforma, quindi, interviene sulla questione dei “giovani adulti” detenuti negli istituti penali per minorenni, introducendo, anzitutto, due [continua ..]


7. Disposizioni in materia di misure di prevenzione a tutela della sicurezza pubblica e della sicurezza delle città: le modifiche del c.d. DASPO urbano e del foglio di via obbligatorio

L’art. 3 d.l. n. 123/2023 introduce, anzitutto, delle modifiche al d.l. 20 febbraio 2017, n. 14, convertito dalla l. 18 aprile 2017, n. 48, recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città»: si tratta del c.d. decreto Minniti che, se da una parte sembra aver cavalcato l’onda della c.d. crimmigration [1], dall’altra parte, innalzando uno degli stendardi più cari al populismo (politico e) penale, affronta in maniera “rigorosa” la questione del decoro e della sicurezza nelle città, prevedendo, tra l’altro, la misura del divieto di accesso alle aree urbane, presto ribattezzato come “DASPO urbano” [2]. Il decreto Caivano persegue l’evidente obiettivo di un ulteriore rafforzamento degli strumenti “preventivi” in questione. L’art. 10, comma 4, d.l. n. 14/2017 come modificato dalla riforma del 2023, stabilisce che il divieto di accesso a luoghi particolari, previsti dai commi precedenti dello stesso art. 10, può essere disposto anche nei confronti di soggetti minori di diciotto anni che hanno compiuto il quattordicesimo anno di età. Il provvedimento, come specificato dalla legge di conversione, è notificato a coloro che esercitano la responsabilità genitoriale e comunicato al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni competente per il luogo di residenza del minore. Il divieto di accesso a scuole, plessi scolastici, sedi universitarie, locali pubblici o aperti al pubblico, previsto dall’art. 13, comma 1 d.l. n. 14/2017, prima applicabile, in caso di denuncia o condanna anche non definitiva, intervenuta nei tre anni precedenti, ai soli delitti di vendita o cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope, diviene ora applicabile tutti i delitti previsti dall’art. 73 d.p.r. n. 309/1990. Il successivo comma 3 dello stesso art. 13 (il quale prevede l’obbligo di presentazione presso gli uffici di polizia, obbligo di rientrare nella propria abitazione o altro luogo di privata dimora entro una determinata ora e di non uscirne prima di altra ora prefissata, divieto di allontanarsi dal comune di residenza, obbligo di comparire in un ufficio o comando di polizia specificamente indicato, negli orari di entrata ed uscita dagli istituti scolastici), che, secondo la formulazione precedente, era applicabile nei confronti dei soggetti già condannati negli ultimi tre anni [continua ..]


8. Disposizioni in materia di prevenzione della violenza giovanile: le modifiche all’avviso orale e alla procedura di ammonimento del questore

L’art. 5 d.l. n. 123/2023 prevede, anzitutto, delle modifiche all’avviso orale e dell’ammonimento del questore, come disciplinati dall’art. 3 del d.lgs. n. 159/2011. Con l’introduzione di un nuovo comma 3-bis, si stabilisce che l’avviso orale possa essere rivolto anche ai soggetti minori di diciotto anni che hanno compiuto il quattordicesimo anno di età. Il questore convoca il minore, unitamente ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la responsabilità genitoriale. Il provvedimento è comunicato al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo di residenza del minore. Gli effetti dell’avviso orale cessano comunque al compimento della maggiore età. Le modifiche in questione sono volte (anche) a contrastare il sempre più preoccupante fenomeno delle baby gang [1], potenziando, in ogni caso, l’armamentario di misure interdittive estese ai soggetti minori, introducendo anche quel “divieto di cellulare” che tanta eco ha ricevuto a livello mediatico. Il nuovo comma 3-bis viene richiamato dal successivo comma 6-bis dello stesso art. 3 d.lgs. n. 159/2011, che, così come modificato nel 2023, stabilisce che se il soggetto al quale è notificato l’avviso orale risulta condannato, anche con sentenza non definitiva, per uno o più delitti contro la persona o il patrimonio ovvero inerenti alle armi o alle sostanze stupefacenti, il questore può proporre al tribunale per i minorenni l’applicazione del divieto di utilizzare, in tutto o in parte, piattaforme o servizi informatici e telematici specificamente indicati nonché del divieto di possedere o di utilizzare telefoni cellulari, altri dispositivi per le comunicazioni dati e voce o qualsiasi altro apparato di comunicazione radiotrasmittente, quando il suo utilizzo è servito per la realizzazione o la divulgazione delle condotte che hanno determinato l’avviso orale. La violazione di questo divieto è punita con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164 (art. 76, comma 2, d.lgs. n. 159/2011). L’art. 3 d.l. n. 123/2023, nei commi 2 e seguenti, disciplina, poi la procedura di ammonimento del questore, distinguendo l’ipotesi dei minori di età superiore agli anni quattordici da quella dei minori di età compresa tra i dodici e i quattordici anni. La procedura di [continua ..]


NOTE
Fascicolo 2 - 2024