Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
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Le sezioni unite escludono la possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena all'adempimento degli obblighi restitutori in mancanza di costituzione della parte civile (di Alessandro Roiati, Professore associato di Diritto penale – Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”)


In riferimento al tema della sospensione condizionale della pena subordinata alle restituzioni in favore della persona offesa non costituitasi parte civile ed alla possibilità di disporre la revoca della misura sospensiva, ai sensi dell’art 168 c.p., in ipotesi di mancato adempimento, si è registrato nel tempo un rilevante contrasto giurisprudenziale.

Secondo l’orientamento maggioritario l’obbligo risarcitorio e quello restitutorio, implicando la valutazione delle istanze di risarcimento formulate dalla persona offesa dal reato, presuppongono l’esercizio dell’azione civile nel processo penale, per cui deve escludersi che il giudice possa, in sua assenza, legittimamente subordinare la sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno e alla restituzione dei beni conseguiti per effetto del reato.

In parallelo a questo orientamento è andato però delineandosi un diverso indirizzo interpretativo, volto a distinguere tra adempimento dell’obbligo risarcitorio e adempimento dell’obbligo restitutorio, ritenendosi necessaria la costituzione di parte civile solo nel caso in cui la sospensione condizionale della pena venga subordinata all’onere di risarcire il danno e non anche nell’ipotesi in cui si riferisca alla restituzione di beni.

Alla luce di argomentazioni di tipo sistematico ed esegetico la Corte di Cassazione ha privilegiato l’indirizzo più consolidato, stabilendo il principio di diritto secondo cui “il giudice può subordinare, a norma dell’art. 165 c.p., il beneficio della sospensione condizionale della pena al pagamento della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno, nonché all’adempimento dell’obbligo della restituzione dei beni conseguiti, per effetto del reato, solo a condizione che nel giudizio vi sia stata costituzione di parte civile”.

The Joint Sections exclude the possibility of subordinating the conditional suspension of the sentence to the fulfilment of the restitution obligations in the absence of the formation of the civil party

With reference to the issue of the conditional suspension of the sentence subordinated to restitutions in favour of the injured party who has not constituted a civil party and to the possibility of ordering the revocation of the suspension measure, pursuant to art. 168 of the Criminal Code, in the event of failure to comply, a significant jurisprudential conflict was registered with time.

According to the prevailing orientation, the obligation of compensation and restitution, implying the evaluation of the requests for compensation formulated by the person offended by the crime, imply the exercise of civil action in the criminal trial, therefore the judge cannot, in his absence, legitimately subordinate the conditional suspension of the sentence to compensation for damages and the restitution of assets obtained as a result of the crime.

In parallel with this orientation, however, a different interpretation has emerged, aimed at distinguishing between fulfilment of the compensation obligation and fulfilment of the restitution obligation, considering it necessary to constitute a civil party only in the case in which the conditional suspension of the sentence is subordinated to obligation of compensating the damage and not even in the case in which it refers to the return of goods.

In light of systematic and exegetical arguments, the Court of Cassation established the principle of law according to which “the judge can subordinate, in accordance with art. 165 c.p., the benefit of the conditional suspension of the sentence upon payment of the sum due as compensation for damage, as well as the fulfilment of the obligation to return the assets obtained as a result of the crime, only on the condition that a civil party has been constituted in the trial”.

  Per la sospensione condizionale della pena subordinata all’adempimento dell’obbligo alle restituzioni è necessaria la costituzione di parte civile   MASSIMA: Il giudice può subordinare, a norma dell’art 165 c.p., il beneficio della sospensione condizionale della pena al pagamento della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno, nonché all’adempimento dell’obbligo della restituzione dei beni conseguiti per effetto del reato, solo a condizione che nel giudizio vi sia stata costituzione di parte civile.   PROVVEDIMENTO: (Omissis). RITENUTO IN FATTO Con sentenza del 27 ottobre 2016 il Tribunale di Brescia riconosceva la responsabilità penale di S.R. per il reato di cui all’art. 648 c.p., che veniva contestato all’imputato per avere ricevuto, per finalità di profitto, un assegno bancario, compendio di furto in danno di R.C. Per effetto di tali statuizioni, il Tribunale irrogava all’imputato la pena di otto mesi di reclusione e 400,00 Euro di multa, sottoposta a sospensione condizionale, subordinata al pagamento della somma di 300,00 Euro, disposta in favore della persona offesa “a titolo di risarcimento del danno”. La subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, avendone l’imputato già usufruito in precedenza, veniva disposta ai sensi dell’art. 165, comma 2, c.p. Divenuta irrevocabile la condanna di S.R., il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brescia, con nota del 29 aprile 2021, chiedeva all’Ufficio esecuzioni penali dello stesso Tribunale di essere informato dell’avvenuto adempimento della condizione apposta in sentenza. Il Tribunale di Brescia, ricevuta la nota dell’Ufficio esecuzioni penali del 29 aprile 2021, relativa alla posizione di S.R., fissava l’udienza in camera di consiglio per il 25 novembre 2021. All’esito di tale udienza, il giudice dell’esecuzione, sentite le parti, con ordinanza del 2 dicembre 2021, disponeva la revoca della sospensione condizionale della pena concessa al condannato, preso atto che non era stata corrisposta la somma di 300,00 Euro liquidata “a titolo di risarcimento danno alla parte civile”. Il provvedimento revocatorio veniva adottato sull’assunto che il termine per l’adempimento dell’obbligo risarcitorio imposto al condannato, non essendo stato indicato dal giudice di cognizione, doveva ritenersi scaduto al momento del passaggio in giudicato della sentenza, avvenuto il 28 dicembre 2018, decorso il quale persisteva la condizione di inadempienza dell’imputato. Avverso questa ordinanza S.R., a mezzo dell’avv. Antonio Bignotti, ha proposto ricorso per cassazione, articolando due motivi. 3.1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, in riferimento agli [continua..]

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SOMMARIO:

1. La fattispecie oggetto di giudizio - 2. Gli aspetti processuali della vicenda e la questione di diritto rimessa al vaglio delle sezioni unite - 3. Il contrasto giurisprudenziale sulla sospensione condizionale della pena subordinata a risarcimento e a restituzioni - 4. L’evoluzione normativa dell’art. 165, comma 1, c.p. e la progressiva tendenza a sovrapporre danno civilistico e “danno criminale” - 5. Il principio di diritto espresso dalle sezioni unite - 6. Alcune brevi annotazioni conclusive - NOTE


1. La fattispecie oggetto di giudizio

La vicenda in questione trae origine da una sentenza di condanna in cui la pena di 8 mesi di reclusione ed euro 400 di multa applicata per il reato di ricettazione veniva sottoposta, dal tribunale di Brescia, a sospensione condizionale subordinata al pagamento della somma di euro 300,00 in favore della persona offesa, quale risarcimento del danno ex art. 165, comma 2, c.p. Divenuta irrevocabile la condanna, il giudice dell’esecuzione aveva fissato un’udienza in camera di consiglio all’esito della quale veniva disposta la revoca della sospensione condizionale della pena, essendosi accertato che non era stata corrisposta la somma di euro 300,00 liquidata “a titolo di risarcimento danno alla parte civile”. Nel giudizio di cognizione, inoltre, non era stato previsto alcun termine per l’adempimento della corresponsione e, in mancanza di esso, il giudice dell’esecuzione lo aveva ritenuto scaduto al momento del passaggio in giudicato della sentenza. Contro tale provvedimento l’imputato ricorreva in Cassazione lamentando, per un verso la violazione delle regole sul contraddittorio delle parti poiché l’udienza camerale non era stata fissata per decidere sull’eventuale revoca della sospensione condizionale, per l’altro l’erronea applicazione degli artt. 165 e 168 c.p. in quanto, in mancanza di costituzione della persona offesa come parte civile, non si era formato alcun titolo risarcitorio tale da giustificare la revoca del beneficio. Veniva eccepito inoltre come il giudice non avesse individuato il termine entro cui il condannato avrebbe dovuto risarcire la persona offesa e come lo stesso non poteva farsi coincidere, sic et sempliciter, con il momento del passaggio in giudicato della sentenza. Al riguardo, la prima sezione penale della suprema Corte ha ravvisato l’esistenza di un contrasto interpretativo in riferimento alla possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena all’a­dempimento di un obbligo restitutorio in favore della persona offesa non costituita parte civile e, in conseguenza di ciò, ha ritenuto necessario rimettere il ricorso alle sezioni unite.


2. Gli aspetti processuali della vicenda e la questione di diritto rimessa al vaglio delle sezioni unite

In via preliminare rispetto alla già evidenziata controversia interpretativa, le sezioni unite hanno ritenuto di dover risolvere due diverse questioni processuali, la prima delle quali relativa alla corretta instaurazione del contraddittorio in riferimento all’udienza camerale al cui esito era stato revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena. In proposito, i giudici di legittimità hanno riconosciuto il determinarsi di una nullità nel momento in cui l’avviso dell’udienza non indicava l’oggetto del procedimento, ma solo la finalità di accertare l’av­venuto adempimento della condizione subordinata apposta in sentenza, ritenendo però, al contempo, come la stessa fosse da considerare quale nullità a regime intermedio ex art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p., per cui avrebbe dovuto essere eccepita dalla difesa in udienza, risultando altrimenti sanata [1]. Una seconda questione processuale, di maggior rilievo, riguardava invece l’intangibilità del giudicato ed i limiti del potere di intervento del giudice dell’esecuzione nell’ipotesi di sospensione condizionale della pena subordinata all’adempimento di un obbligo imposto ex art. 165 c.p. Al riguardo è stato ribadito, in primo luogo, che l’illegittimità della subordinazione del beneficio al risarcimento del danno avrebbe dovuto essere censurata in sede di cognizione, con la conseguenza che il giudice dell’esecuzione non sarebbe potuto intervenire sul giudicato formale penale formatosi. Fermo restando il principio dell’intangibilità del giudicato, la Cassazione ha sottolineato però come, nel caso di specie, il termine per l’adempimento non fosse stato indicato dal giudice di cognizione e, di conseguenza, il giudice dell’esecuzione, nella misura in cui è gravato dal potere-dovere di interpretare il giudicato e di renderne esplicito il contenuto, fosse legittimato ad intervenire, specificando il termine entro cui adempiere alla condizione imposta per poter fruire del beneficio della sospensione condizionale [2]. Si tratta di un argomento di recente affrontato anche dalle sezioni unite della Cassazione, le quali hanno precisato che il termine entro cui adempiere all’obbligo di risarcimento del danno imposto al condannato deve essere stabilito dal giudice di primo grado, ovvero, in assenza di indicazioni [continua ..]


3. Il contrasto giurisprudenziale sulla sospensione condizionale della pena subordinata a risarcimento e a restituzioni

In merito al tema della sospensione condizionale della pena subordinata alle restituzioni in favore della persona offesa non costituitasi parte civile in giudizio ed alla possibilità di disporre la revoca della misura sospensiva, ai sensi dell’art 168 c.p., in ipotesi di mancato adempimento, si è registrato nel tempo un rilevante contrasto giurisprudenziale. Nello specifico, secondo l’orientamento maggioritario [1], l’obbligo risarcitorio e quello restitutorio, implicando la valutazione delle istanze di risarcimento formulate dalla persona offesa dal reato, presuppongono l’esercizio dell’azione civile nel processo penale. Di conseguenza deve escludersi che il giudice possa legittimamente subordinare la sospensione condizionale della pena, concessa ex art. 163 c.p., al risarcimento del danno e alla restituzione dei beni conseguiti per l’effetto del reato, in assenza di una parte civile costituita in giudizio [2]. In questa direzione è stato osservato altresì che il giudice non può subordinare la sospensione condizionale della pena, in difetto di costituzione di parte civile, all’adempimento dell’obbligo delle restituzioni di beni conseguiti per effetto del reato, perché queste riguardano unicamente il danno civilistico e non anche il “danno criminale”, il quale si identifica con le conseguenze di tipo pubblicistico che ineriscono alla lesione o alla messa in pericolo del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice [3]. Inoltre, sul piano sistematico, si è sostenuto che la locuzione “risarcimento danno e obbligo di restituzioni” si trova invariabilmente abbinata alle pretese della parte civile e che, dunque, “una cosa è l’obbligo di restituzione a favore della parte civile, che rientra nel danno civilistico, altra e diversa cose è l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato [4]”. Per ovviare al rischio di una sovrapponibilità concettuale e processuale tra danno civilistico e danno criminale la stessa giurisprudenza argomenta poi come occorra far riferimento al testo dell’art. 165 c.p. in tema di “obblighi del condannato” che, nel momento in cui richiama, nella seconda parte, l’elimi­nazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato e quindi il danno criminale, ha evidentemente riguardo agli effetti del reato [continua ..]


4. L’evoluzione normativa dell’art. 165, comma 1, c.p. e la progressiva tendenza a sovrapporre danno civilistico e “danno criminale”

Le sezioni unite, nel tracciare il percorso ermeneutico volto risolvere la questione di diritto rimessa al loro scrutinio, sono partite in primo luogo dal dato storico-letterale costituito dalla formulazione dell’art. 165, comma 1, c.p. Quest’ultimo, nella sua stesura originaria, prevedeva testualmente che la sospensione condizionale della pena “può essere subordinata all’adempimento dell’obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull’ammontare di esso e alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno”. A fronte di questa indicazione normativa la giurisprudenza ha per lungo tempo ritenuto pacificamente che il comma 1 dell’art. 165 c.p. riguardasse il solo danno civilistico e venisse quindi in rilievo solo nell’ipotesi di avvenuta costituzione della parte civile, stante l’inscindibilità della condanna alle restituzioni ed al risarcimento dei danni dal presupposto dell’accertamento, in sede penale, di un’obbli­gazione di interessi civili [1]. Solo successivamente, mediante l’intervento dell’art. 128 della l. 24 novembre 1981, n. 689, veniva aggiunto un secondo periodo a detta disposizione, a norma del quale “la sospensione può altresì essere subordinata, salvo che la legge disponga altrimenti, all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna”. Proprio a seguito di questa innovazione – e della correlata necessità di perimetrare la parte originaria della disposizione e quella ad essa sopravvenuta – si è innestato il contrasto giurisprudenziale di cui si è dato succintamente conto in tema di sospensione condizionale subordinata all’adempimento di obblighi. La distinzione – teoricamente rigorosa – tra danno civilistico indicato nella prima parte dell’art. 165, comma 1, c.p. e “danno criminale” caratterizzante invece la seconda parte della stessa disposizione, è andata infatti sfumando in taluni casi rimessi alla prassi giurisprudenziale, al punto di giungere ad una sostanziale sovrapposizione tra le due sfere concettuali, foriera di rilevanti incertezze interpretative. Nello specifico parte della giurisprudenza ha finito per subordinare il beneficio [continua ..]


5. Il principio di diritto espresso dalle sezioni unite

Ricostruita in questi termini la controversia ermeneutica, le sezioni unite hanno ritenuto di dover privilegiare l’orientamento giurisprudenziale maggioritario, che esclude la possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena all’adempimento dell’obbligo delle restituzioni, ai sensi dell’art. 165 c.p., in assenza di una parte civile costituita in giudizio, adducendo a supporto di tale conclusione argomenti di tipo sistematico ed esegetico. In primo luogo, è stato evidenziato il collegamento inscindibile tra la prima parte dell’art. 165, comma 1, c.p. e le finalità civilistiche connesse alla costituzione in giudizio della parte civile, dovendosi valorizzare il raccordo normativo esistente tra la disposizione in esame e gli artt. 185 c.p. e 74, 538, 578 c.p.p. Da tale correlazione sistematica deriva la necessità di ricondurre al danno civilistico gli obblighi risarcitori previsti nella prima parte dell’art. 165, comma 1, c.p. a differenza dell’obbligo di eliminare le conseguenze dannose o pericolose del reato, previsto nella seconda parte della stessa disposizione, che riguarda invece la sola nozione di danno criminale. A questo primo dato se ne aggiunge uno di natura esegetica costituito dal fatto che, in origine, come si è già avuto modo di accennare, l’art. 165, comma 1, c.p., riguardava esclusivamente il danno civilistico. La novella legislativa del 1981 ha lasciato immutata tale parte dell’art. 165, comma 1, c.p., limitandosi ad inserire una seconda parte, separata da un punto e virgola, contenente il riferimento all’elimina­zione delle conseguenze dannose o pericolose del reato volto al soddisfacimento del c.d. danno criminale. Conseguentemente la Corte ha affermato di non poter aderire all’orientamento minoritario, in quanto questo finisce per determinare un’indebita sovrapposizione – anche se parziale – delle nozioni di danno civilistico e di danno criminale che debbono invece rimanere ben distinte. Debole appare inoltre, a giudizio della Cassazione, il fondamento di detta interpretazione, che sarebbe rinvenibile nella separazione sintattica esistente tra risarcimento del danno e restituzione, con particolare riguardo all’op­posizione di una virgola tra le due nozioni. A tal proposito, si sostiene, risulta ben più incisiva la separazione tra le finalità civilistiche e quelle [continua ..]


6. Alcune brevi annotazioni conclusive

Il contrasto sorto in merito all’interpretazione dell’art. 165 c.p., rubricato “obblighi del condannato”, deriva essenzialmente dalle modifiche apportate alla norma dapprima con la l. n. 689/1981 e, successivamente, con la l. n. 145/2004, da cui è derivata l’introduzione della seconda parte della disposizione richiamata [1]. La ratio degli interventi di riforma è stata rinvenuta nella volontà del legislatore di tutelare, non solo la persona che ha subito un pregiudizio economicamente apprezzabile in conseguenza del reato, ovverosia il c.d. danno civilistico, ma anche il bene giuridico protetto dalla norma penale violata, prevedendo la possibilità di subordinare la concessione del beneficio alla riparazione del danno cagionato dal fatto di reato o alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività [2]. Di qui la distinzione tra i concetti di restituzione e di risarcimento del danno, che rientrano tra le cosiddette obbligazioni civili a favore della vittima del reato, e la nozione di danno criminale, la quale fa invece riferimento alle conseguenze che ineriscono alla lesione o messa in pericolo dell’interesse tutelato dalla fattispecie incriminatrice. A questo proposito però, nella prassi giudiziaria, si è avuto modo di riscontrare una certa sovrapposizione, in taluni casi inevitabile, tra il profilo della restituzione, da intendersi come reintegrazione dello stato di cose preesistenti alla commissione del reato [3], e quello dell’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della fattispecie criminosa realizzata. Ciò in quanto l’obbligo restitutorio sembrerebbe, almeno astrattamente, collocabile sia tra le obbligazioni riguardanti la prima parte dell’art. 165, comma 1, c.p., sia nell’ambito della seconda parte della medesima disposizione. La questione, lungi dal rivestire una portata meramente teorica, assume rilievo evidentemente pratico ogni qualvolta il giudice debba decidere circa l’eventualità di subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena all’adempimento di obblighi specifici, conseguenti alla commissione del reato, in assenza di costituzione di parte civile. Non a caso l’orientamento volto ad inquadrare il concetto di obbligo restitutorio nell’ambito della più generale categoria dell’eliminazione delle conseguenze [continua ..]


NOTE
Fascicolo 2 - 2024