Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte costituzionale (di Michele Oddis)


Detenzione domiciliare “ordinaria” e tutela del rapporto del minore con le figure genitoriali

(C. cost. sent. 11 dicembre 2023, n. 219)

Con la sentenza in esame, la Corte costituzionale  ha ritenuto infondate le censure di incostituzionalità sollevate, per supposto contrasto con gli artt. 31, comma 2 e 3 Cost., nei confronti dell’art. 47-ter, comma 1, lett. a) e b) ord. penit., nella parte in cui si delinea un diversificato regime di concessione della misura della detenzione domiciliare “ordinaria”, rispettivamente per il padre e per la madre di prole di età inferiore a dieci anni.

Nello specifico, il rimettente aveva censurato la disposizione penitenziaria, in prima battuta, per pretesa violazione dell’art. 31, comma 2, Cost. che, nella lettura prospettata, sarebbe declinabile alla stregua di un vero e proprio diritto inviolabile alla “bigenitorialità”. Da quest’angolo visuale, infatti, era stato evidenziato come, nel prevedere che il padre possa accedere alla misura alternativa solo ove  esercente la responsabilità genitoriale ed esclusivamente nei casi in cui la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a prestare assistenza alla prole, l’art. 47-ter, comma 1, lett. b), ord. penit. avrebbe leso l’interesse costituzionalmente rilevante del minore al mantenimento di un rapporto continuativo con entrambi i genitori. In secondo luogo, nella ricostruzione del giudice a quo, si contestava l’ulteriore e consequenziale contrasto della disciplina censurata con il canone di ragionevolezza, risultando irrazionale un sistema che, senza adeguata giustificazione, sia orientato a privilegiare il rapporto del figlio con la madre, a discapito di quello con il padre. Pur ritenendo ammissibile il ricorso, la Corte ne ha dichiarato l’infondatezza. Il percorso argomentativo alla base di tale pronuncia può essere compendiato in poche battute. In via preliminare, i giudici della Consulta hanno delimitato il perimetro del giudizio di costituzionalità, circoscrivendolo alla sola lett. b) dell’art. 47-ter, comma 1, ord. penit. relativa alla situazione del padre detenuto, dal momento che, nella logica dell’ordinanza di rimessione, il richiamo alla disciplina contenuta nella lettera a) della medesima disposizione assurge esclusivamente al ruolo di tertium comparationis nel giudizio di ragionevolezza. Ciò posto, la Corte, affrontando i punti salienti della questione di legittimità, ha avuto modo di soffermarsi sulla centralità dell’“interesse preminente del minore”: espressione con cui si identifica il principio generale che impone, in tutte le decisioni relative ai minori d’età, di riconoscere rilievo primario alla salvaguardia dei loro “migliori interessi”. Nella ricostruzione patrocinata dal Giudice delle Leggi, gli interessi del minore, pur dovendo essere scrupolosamente vagliati in ogni attività lato sensu decisionale, non vengono, tuttavia, ritenuti automaticamente prevalenti su ogni altro interesse, sia esso individuale o collettivo. Secondo l’opinione della Corte, infatti, il diritto del figlio minorenne al mantenimento dei rapporti con entrambi i genitori deve necessariamente bilanciarsi con le insopprimibili esigenze di difesa sociale sottese all’esecuzione della pena, a loro volta recessive rispetto all’esigenza di garantire il godimento di una relazione diretta con almeno uno dei due genitori. Con riguardo a tale, ultimo profilo, l’opzione [continua..]

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Fascicolo 2 - 2024