Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte di giustizia UE (di Elisa Grisonich e Veronica Tondi)


Anche la tutela del diritto al rispetto della vita privata e familiare e la considerazione del preminente interesse del minore possono giustificare la mancata esecuzione del MAE

(Corte di giustizia UE, Grande Sezione, 21 dicembre 2023, causa C‑209/22)

di Veronica Tondi

Con la sentenza in esame, la Grande Sezione della Corte di giustizia è tornata a pronunciarsi sul delicato rapporto tra esecuzione del mandato di arresto europeo e rispetto dei diritti fondamentali; in particolare, in questo caso vengono in considerazione il diritto al rispetto della vita privata e familiare, sotto il profilo del mantenimento di rapporti effettivi e diretti tra genitori e figli, e la considerazione del preminente interesse del minore convivente con la persona privata della libertà personale.

La decisione si segnala anche per il fatto che il rinvio pregiudiziale è stato sollevato dalla Corte di cassazione italiana, nell’ambito di un procedimento di esecuzione di un MAE emesso dalle autorità belghe, al fine di consentire l’esecuzione della pena di cinque anni di reclusione, irrogata con una sentenza di condanna pronunciata in assenza. La donna era incinta ed era stata arrestata mentre si trovava con suo figlio, che in quel momento aveva un’età inferiore a tre anni e conviveva con la madre. Pertanto, la Corte d’appello di Bologna, quale autorità giudiziaria dell’esecuzione, chiedeva alle autorità dello Stato di emissione ulteriori informazioni, relative alle modalità di esecuzione della sanzione a cui, in Belgio, si prevede siano sottoposte le madri di figli di tenera età con loro conviventi, al trattamento penitenziario e alle misure adottabili nei confronti dei minori di cui si tratta, oltre che alla possibilità di revisione della condanna pronunciata in assenza. Non essendo stati forniti gli elementi conoscitivi richiesti, la Corte d’appello decideva di sospendere l’esecuzione del mandato, in ragione del persistente dubbio sulla garanzia, nel Paese di emissione, di condizioni di detenzione compatibili con la tutela del diritto della madre di non essere privata del suo rapporto con i figli, e del diritto di questi ultimi di godere dell’assistenza materna e familiare. A seguito del ricorso per cassazione proposto avverso tale decisione dal procuratore generale e dalla difesa, la Suprema Corte constatava la mancata previsione dell’ipotesi in considerazione quale motivo di rifiuto dell’esecuzione del MAE: e difatti, per finalità di adeguamento della disciplina interna alla decisione quadro 2002/584, il d.lgs. n. 10/2021 ha abrogato la norma – precedentemente collocata nell’art. 18, lett. p), l. n. 69/2005 – che contemplava, tra i motivi di rifiuto, il caso in cui la persona richiesta in consegna fosse madre di prole di età inferiore a tre anni, con lei convivente. La Cassazione decideva quindi di sottoporre alla Corte di giustizia due questioni pregiudiziali: con la prima, si chiedeva al giudice europeo di chiarire se gli artt. 1, 3 e 4 della decisione quadro siano di ostacolo a una decisione di rifiuto dell’esecuzione del MAE nei confronti di una donna che si trovi nelle condizioni sopra illustrate. In caso di risposta positiva a tale quesito, il giudice di Lussemburgo sarebbe stato chiamato a pronunciarsi sulla questione di validità di tali norme del diritto eurounitario secondario alla luce degli artt. 7 e 24 della Carta di Nizza – che tutelano, rispettivamente, il diritto al rispetto della vita privata e familiare e il diritto del minore a intrattenere rapporti effettivi e diretti con entrambi i genitori, oltre a sancire il rilievo preminente dell’interesse del [continua..]

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Fascicolo 2 - 2024