Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


La Cassazione torna a pronunciarsi sulla firma apposta con crocesegno e sull'autentica del difensore: una sentenza ‘fuori tempo massimo´? (di Fabrizio Botti, Avvocato del Foro di Napoli – Cultore della materia di Diritto processuale penale presso l'Università Parthenope di Napoli)


La Corte di Cassazione si pronuncia sul peculiare caso della sottoscrizione apposta dall’imputato analfabeta su di un’istanza per affidamento in prova al servizio sociale e detenzione domiciliare, mediante apposizione del crocesegno a sua volta autenticato dal difensore di fiducia; i giudici hanno osservato che, non potendo il crocesegno costituire un valido sostituto della sottoscrizione, non può ritenersi operante la disposizione di cui all’art. 39 disp. att. e coord. al c.p.p. in tema di autentica della sottoscrizione da parte del difensore; né, d’altro canto, la disposizione di cui all’art. 110 comma 3 c.p.p. può riferirsi all’imputato analfabeta, potendo la disposizione in commento essere applicata solo a coloro i quali non sono in grado di sottoscrivere per cause diverse dall’analfabetismo. La pronuncia in questione presenta molteplici profili di problematicità, risultando, oltre che avulsa dal diritto vivente della Cassazione stessa sviluppatasi negli ultimi 20 anni intorno alle anomalie della sottoscrizione diverse dal crocesegno, in evidente contrasto con le garanzie costituzionali e convenzionali a garanzia del giusto processo.

The Italian Court of Cassation dealing with the signature affixed with a cross and its statement of authenticity by the lawyer: an ‘out of time’ judgement?

The Court of Cassation issued a judgment regarding the case of a signature affixed by an illiterate defendant on a judicial application for probationary assignment to the social services and home detention, done by affixing a “cross” whose authenticity had been stated by the trusted defender therein; the judges noted that, since the cross cannot constitute a valid substitute for the signature, the norms enshrined in art. 39 of the implementation and coordination provisions to the Italian procedural code cannot operate in that regard; moreover, the provision pursuant to art. 110 paragraph 3 of the Italian Code of criminal procedure can’t refer to the illiterate defendant, since this could only refer to those who are unable to sign for reasons other than illiteracy. This judgement presents multiple problematic profiles: as a matter of fact, not only it appears to be detached from the living law of the Cassation itself developed over the last 20 years concerning the anomalies of the signature other than the cross, but it seems to be in clear contrast with the constitutional and conventional procedural guarantees.

Invalidità del crocesegno apposto dall’imputato con funzione di sottoscrizione ed inapplicabilità delle disposizioni in tema di autenticazione della stessa da parte del difensore MASSIMA: È inefficace l’autentica del difensore della firma posta dall’analfabeta tramite il convenzionale crocesegno non essendo identificabile l’attribuzione soggettiva della sottoscrizione. PROVVEDIMENTO: [omissis] RITENUTO IN FATTO 1. Il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Catanzaro, con decreto emesso in data 25 maggio 2021, ha dichiarato inammissibili le istanze di affidamento in prova al servizio sociale e detenzione domiciliare, formulate in via gradata da [omissis] con riguardo alla pena oggetto della sentenza del Tribunale di Castrovillari in data 9 aprile 2019, in quanto il difensore aveva autenticato il crocesegno apposto dal condannato in calce alla istanza stessa. A ragione della decisione poneva il principio, espresso da Sez. U, n. 22 del 25 novembre 1998, Velletri, Rv. 212662, secondo cui nella nozione di pubblico ufficiale abilitato, a norma dell’art. 110 c.p.p., comma 3, ad annotare, in fine di un atto scritto, che il suo autore non lo firma perché non è in grado di scrivere, non è compresa espressamente, né può farsi rientrare in via di interpretazione, la figura del difensore, a nulla rilevando che ad esso l’art. 39 disp. att. cit. codice attribuisca il potere di autenticazione della sottoscrizione di atti per i quali sia previsto il compimento di tale formalità, in quanto l’autenticazione è atto con cui il pubblico ufficiale si limita ad attestare che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, mentre l’attestazione che un anonimo segno di croce proviene da una certa persona anziché da qualunque altra costituisce esercizio di una potestà certificativa esulante dal potere eccezionalmente riconosciuto al difensore solo in presenza di un atto regolarmente sottoscritto. (Fattispecie in tema di atto d’impugnazione, in calce al quale, dopo il segno di croce dell’imputato, il difensore aveva provveduto all’annotazione che trattavasi di persona analfabeta). 2. Ricorre [omissis] per cassazione, a mezzo del difensore, deducendo violazione dell’art. 39 disp. att. c.p.p. Detta norma si riferisce all’autenticazione degli atti per i quali il codice di rito prevede tale formalità, sicché ritenere non compresa in tale disposizione l’autentica da parte del difensore al segno di croce apposto dal proprio assistito, analfabeta, restringe indebitamente un diritto. Rileva, inoltre, che, il provvedimento impugnato non è stato notificato al difensore, avendo il giudice specializzato erroneamente ritenuto nulla ovvero invalida anche la nomina del difensore, siccome apposta in calce all’istanza di ammissione alle misure alternative alla [continua..]

» Per l'intero contenuto effettuare il login

inizio


SOMMARIO:

1. Rilievi introduttivi - 2. La storia degli istituti: la sottoscrizione - 3. (segue) L’autenticazione della sottoscrizione - 4. Anomalia della sottoscrizione e dell’autentica: evoluzione giurisprudenziale - 5. (segue) la sottoscrizione apposta con crocesegno - 6. La motivazione della sentenza: i punti salienti - 7. Analisi del caso e conclusioni: una pronuncia ‘fuori tempo massimo’? - NOTE


1. Rilievi introduttivi

Con la sentenza in rassegna, la Corte di Cassazione si è pronunciata circa la valenza processuale della sottoscrizione apposta dall’imputato analfabeta mediante crocesegno e, nello specifico, se tale peculiare segno grafico potesse essere autenticato dal difensore di fiducia in ossequio al disposto di cui all’art. 39 delle disposizioni di attuazione, coordinamento e transitorie al Codice di procedura penale. La Corte, riprendendo un orientamento piuttosto risalente espresso in una sentenza delle Sezioni Unite nel 1998, rigetta i motivi di ricorso argomentando circa l’impossibilità di identificare un anonimo segno di croce come una sottoscrizione in senso stretto e, dall’altro, la non riferibilità dell’art. 110 comma 3 c.p.p. (oggi art. 111 comma 2-quater c.p.p.) alla condizione dell’analfabeta, dovendosi quest’ultima disposizione intendersi riferita ai soli casi di impossibilità a sottoscrivere per cause diverse dall’analfa­betismo. Benvero, per quanto le quaestiones di fondo fossero già state oggetto di svariate pronunce susseguitesi dagli anni immediatamente successivi all’entrata in vigore del C.p.p. del 1988, la sentenza qui in rassegna costituisce, a ben vedere, pressoché un unicum nel panorama giurisprudenziale concernente il resto delle anomalie della sottoscrizione e della stessa autentica. Perché possa esaminarsi la pronuncia nel suo complesso, la prima parte dell’elaborato tratterà della storia degli istituti della sottoscrizione e dell’autenticazione della stessa nell’ordinamento italiano dal­l’era pre-repubblicana sino ai giorni nostri; seguirà, dipoi, un’analisi approfondita degli orientamenti giurisprudenziali sviluppatisi intorno ad altre anomalie, diverse dalla sottoscrizione con crocesegno, di volta in volta pervenute al vaglio della Suprema Corte quali, a titolo esemplificativo, la sottoscrizione mancante, parziale od illeggibile, nonché il diverso atteggiarsi dei poteri del difensore circa l’auten­ticazione della firma stessa. In ultimo, una volta ripresi i punti salienti della sentenza in rassegna, si concluderà l’elaborato con talune riflessioni finali volte a dimostrare il carattere anacronistico della stessa, anche alla luce della giurisprudenza sovranazionale.


2. La storia degli istituti: la sottoscrizione

La tradizione giuridica continentale conosce gli istituti della sottoscrizione e dell’autenticazione della stessa sin dai tempi dei Romani [1]: avuto riguardo al fatto che la stessa scriptura e l’autografia si fossero affermate in Roma relativamente tardi rispetto all’ideazione stessa della scrittura – e, in ispecie quest’ultima, era in ogni caso poco utilizzata sia per ragioni economiche che per via dell’elevatissimo tasso di analfabetismo della popolazione (cd. Imperitia litterarum) –, nei tempi più antichi di Roma, è stata messa in rilievo l’importanza fondamentale che ebbero gli «scribae» (gli scrivani) e, sia pure in età postclassica, i «tabelliones» e i «notarii» quali esperti del ramo e, soprattutto, attestatori della veridicità dell’attività negoziale attestata dal documento. Tali primordiali forme di sottoscrizione ed autenticazione – sia pure, beninteso, con le dovute differenze – presentavano sin da allora taluni caratteri ontologici che permangono a tutt’oggi nel nostro ordinamento: invero, per sottoscrizione si intende, comunemente, l’apposizione di un segno autografo – in genere, del nome e del cognome, od anche di uno pseudonimo – su di un documento al fine ultimo e precipuo di rendere quello stesso documento riferibile al suo autore. Più nel dettaglio, la sottoscrizione è quel basilare factum che permette, per definizione, l’imputazione giuridica di un atto al proprio autore; in tal senso, l’apposizione del segno grafico cumula in sé la duplice funzione di garantire la paternità del documento – funzione dichiarativa – e di indicare, con certezza, chi è l’autore dell’elaborato – funzione indicativa – [2]. Funzione diversa – ancorché affatto secondaria nella prassi negoziale – assume l’istituto dell’autenti­cazione della firma, i.e. dell’attestazione compiuta da un soggetto che, previa identificazione del firmatario, certifica che la sottoscrizione da quest’ultimo promanata è stata posta innanzi a sé ed è, in tal senso, considerata a tutti gli effetti come ‘autentica’. L’attuale normativa italiana concernente gli istituti in parola declinati nell’ambito del procedimento penale è il frutto di [continua ..]


3. (segue) L’autenticazione della sottoscrizione

La storia dell’istituto dell’autenticazione della sottoscrizione presenta una storia, invero, meno travagliata [22]. Anche qui, conviene principiare dal confronto fra il c.p.p. del 1913 ed il ‘novello’ codice del 1930: il primo non prevedeva alcuna disciplina generale circa l’autenticazione della firma, quale che fosse il sottoscrittore dell’atto. Difatti, l’unica disposizione codicistica ove vi si faceva cenno era l’art. 510 concernente la disciplina dei motivi di ricorso per cassazione, al cui comma 5 era previsto che il mandato difensivo rilasciato al difensore in occasione della redazione dei motivi di ricorso per cassazione andava appositamente autenticato da notaio oppure presentato nella cancelleria del giudice [23]. Dal suo canto, il c.p.p. del 1930, pur mantenendo detta impostazione di base data l’assenza di una disciplina di carattere generale circa l’autenticazione, allarga le ipotesi specifiche in cui un soggetto potesse o dovesse autenticare la firma del sottoscrittore; così, ad esempio, l’art. 136 comma 2 in materia di autenticazione della procura speciale rilasciata per determinati atti [24] od anche l’art. 171 comma 2 in tema di comunicazione del luogo d’elezione di domicilio per le notificazioni alla cancelleria del giudice [25] nonché lo stesso art. 529 che riprendeva, mutatis mutandis, il formulato del precedente art. 510 [26]. Soltanto con l’avvento del ‘nuovo’ c.p.p. del 1988 l’autentica della sottoscrizione fu oggetto di un’apposita, ancorché residuale, disciplina di carattere generale, di lì consacrata nell’art. 39 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie al c.p.p. [27]; ed è il caso di osservare come la disposizione in parola, a tutt’oggi in vigore e non novellata dall’ultima riforma del processo penale, costituisca il sunto di svariate disposizioni normative sparse per la legislazione speciale a partire dagli anni ‘50 del secolo scorso, in ispecie per quel che riguarda i soggetti abilitati all’effettuazione dell’autentica [28]. Anzitutto, talune disposizioni d’interesse si rinvengono nella normativa d’attuazione della legge 18 giugno 1955, n. 517 (recante “modificazioni al codice di procedura penale”), nello specifico all’art. 5 del d.p.r. 8 agosto 1955, n. 666 e [continua ..]


4. Anomalia della sottoscrizione e dell’autentica: evoluzione giurisprudenziale

Si osservi sin d’ora che la pronuncia in rassegna concerne, principalmente, due tematiche di fondo: il valore da assegnare alla sottoscrizione apposta mediante crocesegno – o, sarebbe meglio dire, il crocesegno apposto con funzione di sottoscrizione – da un lato e, dall’altro, i poteri del difensore circa la possibilità di autenticare tale particolare segno grafico. Orbene, al fine di meglio inquadrare dette tematiche, sembra opportuno dirigere la nostra attenzione alle vicende giurisprudenziali che hanno interessato taluni casi patologici della sottoscrizione e della relativa autentica, in modo da meglio intendere se la pronuncia in esame risulti o meno lineare con lo stato dell’arte sul tema. Una prima questione che ha interessato la giurisprudenza concerne la mancanza totale della sottoscrizione. [32] Benvero, avuto riguardo alla rilevanza della sottoscrizione sotto il profilo attributivo, non sorprende che il codice di procedura penale abbia previsto che la mancanza di essa possa determinare, all’occorrenza, l’inammissibilità (come previsto, ad esempio, negli artt. 78 comma 1, lett. e) in tema di formalità della costituzione di parte civile) o la nullità dell’atto (come nel caso degli artt. 142 per mancanza di sottoscrizione del verbale e 292 comma 2 lett. e) per mancanza di sottoscrizione del giudice dell’ordinanza di applicazione di misura cautelare) [33]. Nondimeno, la Corte di Cassazione si è dovuta pronunciare sul caso, assai delicato, dell’omessa sottoscrizione della sentenza d’appello del Presidente della Corte ancorché accompagnata dalla firma del giudice estensore, avendo stabilito come il provvedimento, adottando un orientamento intermedio fra la soluzione della mera irregolarità e la nullità assoluta o addirittura l’inesistenza dell’atto, dovesse considerarsi affetto da nullità relativa [34]. Ed ancora, non si è mancato di rilevare come, data l’assenza di una previsione specifica, la mancanza di firma del giudice sul dispositivo letto in udienza costituisca una mera irregolarità poiché, se letto in udienza, garantisce in ogni caso la certa individuabilità del suo autore [35]; allo stesso modo, si è stabilito che non determini nullità, ma un mero errore materiale, la sottoscrizione della sentenza collegiale da parte di un magistrato [continua ..]


5. (segue) la sottoscrizione apposta con crocesegno

La giurisprudenza in tema di sottoscrizione apposta con crocesegno e della relativa autenticazione apposta dal difensore avvalendosi del potere generale ex art. 39 disp. att. c.p.p. non presenta i medesimi caratteri antiformalistici sinora osservati per la maggioranza delle anomalie sottoposte al vaglio degli Ermellini [49]. Anzitutto, per crocesegno deve intendersi il segno grafico a forma di ‘X’ apposto da un individuo che non è in grado di scrivere poiché analfabeta. Va da sé che detto segno grafico non possa equipararsi sic et simpliciter ad una sottoscrizione in senso stretto, avuto riguardo al fatto che, riprendendo quanto anzidetto circa i caratteri generali della sottoscrizione, non potrebbe assolvere né la funzione dichiarativa né la funzione indicativa. Tal è il ragionamento di fondo che la giurisprudenza ha sempre utilizzato ‘a monte’ perché ne derivasse, ‘a valle’, l’invalidità della relativa autentica apposta dal difensore. Invero, già in tempi risalenti la giurisprudenza considerava come non apposta, id est improduttiva di qualsiasi effetto giuridico la sottoscrizione apposta con crocesegno, trattandosi di un mero segno grafico convenzionale indicante che una persona è analfabeta [50]. Fece seguito altro orientamento, maggiormente garantista, che, pur condividendo l’impostazione di base circa l’irrilevanza del crocesegno preso isolatamente, ritenne che questo potesse considerarsi in via eccezionale come una ‘speciale sottoscrizione’ laddove accompagnato dall’autentica di un pubblico ufficiale – qual è, a detta dei giudici, il difensore di fiducia che provvede e detto adempimento –, così rispettando il disposto di cui all’art. 110 comma iii c.p.p. (oggi art. 111, comma 2-quater c.p.p.) [51]. La pronuncia in questione fu tosto contraddetta da altro arresto di poco successivo, ove la Corte, tornando sui propri passi, ritenne nuovamente per non apposta la sottoscrizione mediante crocesegno dissentendo apertamente con l’orientamento precedente, basato “su una lettura non pienamente corretta della norma di cui l’art. 110, comma 3, c.p.p., (...) [che] a differenza delle esposizioni analoga dell’art. 139, comma 1, c.p.p. del 1930 non si riferisce anche a persona analfabeta (“che non sa scrivere”), ma soltanto a chi non [continua ..]


6. La motivazione della sentenza: i punti salienti

Il caso sottoposto alla Corte concerne il ricorso per Cassazione proposto dal difensore di un condannato avverso decreto del Presidente del Tribunale di Catanzaro, con la quale erano state dichiarate inammissibili le istanze di affidamento in prova al servizio sociale e detenzione domiciliare formulate in via gradata dal ricorrente con riguardo alla pena oggetto di altra, precedente sentenza emessa dal Tribunale di Castrovillari, in quanto il difensore aveva autenticato il crocesegno apposto dal condannato in calce all’istanza stessa. A fondamento di tale pronuncia il giudicante aveva richiamato il principio espresso dalle Sezioni Unite circa l’erroneità di quell’orientamento volto ad estendere il potere eccezionalmente riconosciuto al difensore di autenticare la firma apposta dall’imputato ai sensi dell’art. 39 disp. att. c.p.p. sino a farvi ricomprendere il potere certificativo di cui all’art. 110 comma 3 c.p.p. Il condannato, pel tramite del proprio difensore di fiducia, propone ricorso per Cassazione articolando due distinti motivi: con il primo, si riteneva meritevole di censura l’orientamento stesso delle Sezioni Unite, avuto riguardo al fatto che, a detta del ricorrente, la disposizione ex art. 39 disp. att. c.p.p. si riferisce all’autenticazione degli atti per i quali il codice di rito prevede tale formalità; pertanto, ritenere che l’autentica da parte del difensore al crocesegno apposto dal proprio assistito esuli dai poteri del difensore restringe indebitamente un diritto di una persona analfabeta. Con altro motivo, il ricorrente censura che il provvedimento impugnato non fosse stato notificato allo stesso difensore, a cagione del fatto che il giudicante aveva ritenuto la sottoscrizione con crocesegno non apposta financo sulla nomina a difensore apposta in calce all’istanza di ammissione alle misure alternative alla detenzione, in contrasto con il formulato dell’art. 96 c.p.p. lì dove non prevede che questa debba essere autenticata se fatta con dichiarazione resa all’autorità procedente. La Corte rigetta in toto il ricorso non discostandosi dalla risalente pronuncia del supremo consesso in tema di sottoscrizione apposta con crocesegno e, anzi, restringendo in peius la stessa portata normativa dell’art. 110 comma 3 c.p.p. Difatti, il rendiconto giustificativo dei giudici ruota intorno al centro di gravità di due stelle binarie: in [continua ..]


7. Analisi del caso e conclusioni: una pronuncia ‘fuori tempo massimo’?

Il ragionamento sotteso alla pronuncia in questione non può condividersi per quanto di seguito esposto. La Corte, nel ricalcare (quasi) pedissequamente la ricostruzione operata dalle Sezioni Unite all’incir­ca vent’anni or sono, non sembra essersi confrontata con le ultime acquisizioni giurisprudenziali in tema di anomalia della sottoscrizione e dell’autentica del difensore, e ciò senza contare l’evidente vetustà [56], se non addirittura l’erroneità dell’interpretazione che ivi si è fornita circa la portata dell’art. 110 comma 3 c.p.p., laddove esclude dal novero dei beneficiari gli analfabeti, evidentemente ritenuti ‘colpevoli’ di quella che è, a tutti gli effetti, una forma di disabilità sociale; soluzione che, per una curiosa eterogenesi dei fini, relega il peculiare status dell’analfabeta ad una posizione deteriore rispetto allo stesso dictum delle Sezioni Unite del 1998. Invero, lungi dal costituire un mero esercizio di stile, la lunga disamina della giurisprudenza effettuata supra risulta d’aiuto alla trattazione poiché rivela l’insanabile contrasto intercorrente fra la pronuncia in rassegna e le pronunce ‘sorelle’ in tema di anomalia della sottoscrizione e dell’auten­tica­zione. Da quanto ricostruito, emerge con evidenza come la sacralità della sottoscrizione abbia ceduto il passo, negli anni, alla preminente esigenza di garantire la conservazione dell’atto processuale di volta in volta preso in esame per la semplice (quanto risolutiva) ragione che l’ordinamento ammette che un atto possa mantenere valore a condizione che sia comunque possibile risalire all’identificazione dell’au­tore ‘ignoto’ facendo riferimento ad altri elementi sia interni che esterni all’atto. Del resto, richiamando quanto già esposto, è appena il caso di osservare che i giudici di legittimità si siano mossi su di una linea interpretativa comune sia agli atti promanati dalla parte pubblica che privata: si guardi, a titolo puramente esemplificativo, agli arresti concernenti la mancata sottoscrizione del dispositivo letto in udienza ed al dispositivo sottoscritto da altro componente del collegio che non sia il redattore del provvedimento e, dall’altro lato, all’atto d’impugnazione non sottoscritto dal difensore e dalla [continua ..]


NOTE