Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Imputato e legittimazione alla citazione del terzo civilmente responsabile per il fatto illecito: la Corte mantiene il punto ma la conclusione non convince (di Alessandro Diddi, Professore associato di Diritto processuale penale – Università della Calabria)


La Corte costituzionale dichiara l’illegittimità dell’art. 83 c.p.p. nella parte in cui non consente all’imputato di citare il terzo civilmente responsabile (nel caso di specie, l’assicuratore obbligatorio per l’esercizio delle attività venatorie) per il fatto proprio. Collegandosi alla propria precedente decisione del 1988 in tema di responsabilità da circolazione di veicoli (che per la prima volta intervenne sulla questione) la Corte, privilegiando alcune peculiarità della fonte da cui deriva l’obbligazione del terzo, ha cercato di evitare che il nuovo intervento possa dare l’avvio ad una raffica di questioni di legittimità finalizzate ad equiparare la posizione dell’imputato nel processo penale a quella del danneggiante nel processo civile. Come avvenuto però in passato con altre decisioni, che nel frattempo la Corte è stata chiamata a rendere su situazioni analoghe, il ragionamento con il quale essa tenta di contenere gli effetti del proprio originario dictum non scioglie dubbi e perplessità.

On the issue of defendant and of the entitlement to summon the third party civilly liable for damages the Court confirms its orientation but the conclusion is not persuasive

The Constitutional Court has declared the illegitimacy of Art. 83 CCP to the extent that it does not allow the defendant to summon the third party civilly liable (in this case, the compulsory insurer for the exercise of hunting activities) for its own deed. Relating to its own earlier 1988 decision on vehicle liability (which intervened on the issue for the first time), the Court, by emphasizing certain peculiarities of the source from which the third party’s obligation derives, sought to prevent the new intervention from triggering a flurry of questions of legitimacy aimed at equating the defendant’s position in criminal proceedings with that of the injured party in civil proceedings. As happened in the past, however, with other decisions that the Court has since been called upon to render on similar situations, the reasoning aimed at containing the effects of its own original dictum does not dissolve doubts and concerns.

È incostituzionale la mancata previsione della legittimazione dell’imputato alla citazione dell’assicuratore per le attività venatorie MASSIMA: È illegittimo, per violazione dell’art. 3, comma 1, Cost., l’art. 83 c.p.p. nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dall’assicurazione obbligatoria prevista ai fini dell’esercizio dell’attività venatoria, l’assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell’imputato. La disposizione censurata realizza un’ingiustificata disparità di trattamento, dal momento che l’imputato assoggettato ad azione risarcitoria nell’am­bito del processo penale non può esercitare il detto potere di chiamata dell’assicuratore, riconosciuto invece ove esso fosse convenuto in sede civile con la medesima azione ed a fronte di tale disparità di trattamento l’effettività della duplice funzione di garanzia del rapporto assicurativo rischia di rimanere compromessa, a seconda della scelta del danneggiato rispetto alla sede processuale in cui far valere le proprie pretese. PROVVEDIMENTO: (Omissis) RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 18 giugno 2021, il Tribunale ordinario di Roma, in composizione monocratica, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, comma 1, e 24 della Costituzione, dell’art. 83 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dall’assicurazione obbligatoria prevista dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), l’assicu­ratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell’imputato. 1.1. Il giudice a quo premette di essere investito del processo penale nei confronti di una persona imputata del reato di cui all’art. 590, comma 2, in relazione all’art. 583, comma 1, del codice penale, per aver causato colposamente lesioni gravi ad altra persona esplodendo un colpo con la propria carabina nel corso di una battuta di caccia al cinghiale. Il rimettente riferisce che la persona offesa si era costituita parte civile per ottenere il risarcimento dei danni patiti e che l’imputato aveva chiesto di chiamare in causa i propri assicuratori. Il giudice aveva autorizzato la chiamata, a seguito della quale si erano costituite due delle tre compagnie di assicurazione citate, le quali avevano tuttavia chiesto di essere escluse dal processo ai sensi dell’art. 86 cod. proc. pen. Mutato il giudice, si rendeva dunque necessario decidere in ordine alla richiesta di esclusione. 1.2. Secondo il giudice a quo, tale richiesta, in base al diritto vigente, dovrebbe essere accolta. Ai sensi dell’art. 83 cod. proc. pen., il responsabile civile può [continua..]

» Per l'intero contenuto effettuare il login

inizio


SOMMARIO:

1. Premessa - 2. L’evoluzione dell’orientamento della giurisprudenza - 3. La citazione dell’assicuratore obbligatorio per le attività venatorie - 4. Il litisconsorzio - 5. Azioni dirette, regresso tra obbligati e legittimazione alla citazione del garante - 6. Conclusioni - NOTE


1. Premessa

La Corte a distanza di tempo torna con una sentenza di incostituzionalità dell’art. 83 c.p.p. sulla annosa questione della legittimazione dell’imputato-danneggiante a citare nel processo penale il terzo civilmente responsabile per il danno da lui cagionato con la condotta criminosa [1]. Si tratta di una questione controversa, che già aveva interessato i giudici costituzionali nel vigore del codice di rito del 1930 [2] e che di tanto in tanto riaffiora nelle pratiche giudiziarie, in ragione del fatto che non di rado le responsabilità civili connesse alle condotte penalmente rilevanti possono in concreto risultare più gravose della stessa sanzione penale eventualmente inflitta all’esito del processo. L’imputato, quando a seguito di costituzione di parte civile si trova ad essere convenuto anche per gli interessi civili, può essere esposto al pagamento di somme (magari ingenti) a titolo di risarcimento, molto spesso liquidate con la provvisionale. Alla luce di ciò, a norma dell’art. 83 c.p.p. il responsabile civile, ove non intervenga volontariamente, può essere citato su richiesta della parte civile e, nell’ipotesi in cui abbia esercitato l’azione civile in via d’urgenza nell’interesse del danneggiato incapace per infermità di mente o per età minore ai sensi dell’art. 77, comma 4, c.p.p., anche dal pubblico ministero. Nulla, di contro, prevede la disposizione – a differenza di quanto accade per il civilmente responsabile per le pene pecuniarie – relativamente alla legittimazione da parte dell’imputato-danneggiante che, stante il principio di tassatività che regola il regime della legittimazione, deve ritenersi privo della facoltà di citare, in caso di costituzione di parte civile nei suoi confronti, il terzo civilmente responsabile a norma di legge, per il fatto da lui commesso. Il vuoto normativo – che già ad un primo esame non può non sembrare foriero di disparità di trattamento e che in effetti è da sempre stato posto a fondamento delle questioni di legittimità sollevate sul punto – è stato colmato solo in parte per via pretoria [3]. A parte isolate soluzioni creative della giurisprudenza di merito, la Corte costituzionale, infatti, più volte adita nel corso degli anni per far dichiarare la illegittimità [continua ..]


2. L’evoluzione dell’orientamento della giurisprudenza

Occorre anzitutto ripercorrere l’evoluzione della giurisprudenza costituzionale sul tema, ricordando che, con le decisioni emesse nel vigore del codice 1930, la questione di legittimità dell’art. 83 c.p.p., nella parte in cui non consente anche all’imputato-danneggiante di citare nel processo penale il suo responsabile civile, è stata sottoposta all’attenzione del giudice delle leggi ben otto volte [5]. Dopo che, come accennato, nel vigore del codice 1930 la questione, sollevata in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., era stata respinta due volte [6], nel 1998 la Corte, con riferimento ad un caso di responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli sottoposti alle norme della legge per l’assicurazione obbligatoria, constatò che, essendo fuori discussione la chiamata in garanzia dell’assicuratore da parte dell’assicurato convenuto in un giudizio civile per il risarcimento del danno, «diviene fondato domandarsi perché analogo potere non sia attribuito all’imputato nel processo penale». Infatti «la posizione del convenuto chiamato a rispondere del proprio fatto illecito in autonomo giudizio civile e quella dell’imputato per il quale, in relazione allo stesso tipo di illecito, vi sia stata costituzione di parte civile del danneggiato nel processo penale sono assolutamente identiche: con la conseguenza che il principio costituzionale di eguaglianza è violato da un sistema, come quello degli artt. 83 ss. c.p.p., per effetto del quale l’assicuratore, quando sia responsabile civile ai sensi di legge, può entrare nel processo solo in forza di citazione della parte civile (o del pubblico ministero nel caso previsto dall’art. 77, n. 4) o in forza del proprio intervento volontario» [7]. Aggiungeva anche la Corte che non «si può trascurare di considerare che un sistema nel quale il danneggiato, costituendosi parte civile, diviene il dominus dell’estensione soggettiva degli effetti civili della sentenza penale, oltre ad apparire inadeguato rispetto ai ricordati strumenti di accesso del responsabile civile nel processo penale, risulta ben poco coerente rispetto al modello prefigurato dall’art. 651 c.p.p. in ordine agli effetti di natura extra penale del giudicato penale, potendo tali effetti realizzarsi nei confronti del responsabile civile solo nel caso in cui egli sia stato [continua ..]


3. La citazione dell’assicuratore obbligatorio per le attività venatorie

Un’impressione che si coglie immediatamente dalla lettura della recente sentenza con la quale è stata dichiarata l’illegittimità dell’art. 83 c.p.p. è che la Corte abbia cercato di evitare con cura che una decisione di incostituzionalità della norma censurata possa aprire la stura ad una serie incontrollata di questioni finalizzate ad equiparare, in relazione alle identiche situazioni che si potrebbero presentare laddove le iniziative della parte civile, anziché nel processo penale, si fossero esplicate nel processo civile, l’imputato al convenuto rispetto alla possibilità di citare il suo responsabile civile. La soluzione adottata e, in particolare, gli argomenti utilizzati per affermare l’incostituzionalità del­l’art. 83 c.p.p. sono dunque ancora una volta articolati in considerazione della specificità della fattispecie oggetto di decisione che riguarda una peculiare forma di assicurazione obbligatoria prevista per coloro che esercitano l’attività venatoria ed apparentemente ancorati a quelli che condussero alla precedente declaratoria in relazione all’assicurazione obbligatoria per la circolazione di veicoli. A norma dell’art. 12, comma 8, della l. n. 157/1992, infatti, anche l’esercizio di tale attività – come nel caso di circolazione dei veicoli e dei natanti – è subordinato ad una serie di condizioni tra le quali, appunto, la preventiva stipula di una polizza assicurativa per la responsabilità civile verso terzi derivante dall’uso delle armi o degli arnesi utili all’attività venatoria con determinati massimali per ogni sinistro e con copertura dei rischi derivanti sia dai danni alla persona danneggiata che dai danni ad animali e cose. Altra caratteristica peculiare del rapporto assicurativo in esame è, poi, costituita dal fatto che, a norma dell’art. 12, comma 10 della medesima l. n. 157/1992, il danneggiato può procedere ad azione diretta nei confronti della compagnia di assicurazione presso la quale colui che ha causato il danno ha contratto la relativa polizza [14]. Obbligatorietà del rapporto contrattuale e legittimazione del danneggiato ad esercitare direttamente l’azione risarcitoria nei confronti dell’assicuratore costituiscono proprio gli aspetti del rapporto sottostante al contratto di assicurazione che hanno fatto [continua ..]


4. Il litisconsorzio

Si è già avuto modo di osservare come l’argomento utilizzato dalla Corte per affermare l’illegittimità dell’art. 83 c.p.p. esclusivamente in presenza di rapporti caratterizzati dalla loro obbligatorietà e in ragione della previsione di una legittimazione diretta da parte del danneggiato ad agire contro il terzo responsabile non convinca [16]. Una volta impostato il discorso sul piano della disparità di trattamento tra situazioni processuali identiche – e tali, rispetto al potere di chiamata in garanzia del terzo, devono essere considerate tutte quelle che nel processo civile consentirebbero il diritto di chiamata di cui all’art. 106 c.p.c. – non si vede infatti ragione per la quale le due peculiarità che si ravvisano in relazione a taluni rapporti di garanzia – obbligatorietà dello stesso e legittimazione all’azione diretta da parte del danneggiato – possano assumere carattere veramente distintivo idoneo a giustificare la differente soluzione adottata sul piano del­l’attuazione del principio di uguaglianza. Tra l’altro, a ben vedere, la disciplina sull’assicurazione obbligatoria dalla circolazione di autoveicoli e natanti e quella sulla caccia non sono nemmeno del tutto sovrapponibili, in quanto la seconda, a differenza della prima, non prevede che nel giudizio promosso dal danneggiato contro l’impresa assicuratrice debba essere chiamato il responsabile del danno, come invece dispone la normativa sull’assicura­zione obbligatoria della responsabilità civile automobilistica. L’art. 23 della l. n. 990/1969, infatti, prevedeva che nel giudizio promosso direttamente dal danneggiato contro l’assicuratore, dovesse essere chiamato nel processo anche il responsabile del danno. Analogamente dispone, oggi, l’art. 144, comma 3, del d.lgs. n. 209/2005 – che oltre a tradursi sul piano processuale in una ipotesi di litisconsorzio necessario tra assicuratore e responsabile del danno, era stato anche considerato, quantomeno a partire dalla sentenza n. 75/2001, elemento peculiare del rapporto e tale da dover giustificare anche nel processo penale la trattazione congiunta della posizione dell’impu­tato e di quella del terzo – ed è questa differenza secondo la difesa erariale che avrebbe impedito di ravvisare nella ipotesi di assicurazione obbligatoria sulla caccia [continua ..]


5. Azioni dirette, regresso tra obbligati e legittimazione alla citazione del garante

Così ricostruito il ragionamento della Corte, appare ancora più evidente che le peculiarità dei rapporti obbligatori qui esaminati non costituiscono affatto elementi davvero determinanti per giustificare l’ampliamento della legittimazione passiva. Esse, come sembra emergere inequivocabilmente dalla lettura della sentenza, si presentano sempre meno come elementi di una situazione differenziale idonea a giustificare il percorso argomentativo che, ormai, se chiaro nelle finalità – quella di non alimentare la proliferazione nell’ambito del procedimento penale di soggetti non strettamente necessari – è sempre meno convincente nella sua costruzione. Come anticipato, l’eccezione posta dalla difesa erariale in punto di insussistenza del litisconsorzio necessario nel rapporto assicurativo per l’attività venatoria (che come visto non è neppure caratteristica dell’assicurazione per i danni da circolazione dei veicoli) è a ben vedere assai più insidiosa di quanto prima facie possa apparire. Si deve ricordare infatti che molteplici sono le azioni dirette che, senza dare luogo a situazione di litisconsorzio, il danneggiato può proporre avverso il terzo responsabile ex lege di un fatto altrui. Oltre il caso del proprietario del veicolo per i danni prodotti dal conducente ex art. 2054, comma 3, c.c., di cui si è detto, e quello dell’armatore della nave o dell’esercente l’aeromobile per i danni provocati dall’equi­paggio (artt. 274, comma 1, e 878, comma 1, del c. nav.), si possono richiamare le ipotesi della responsabilità ex art. 2049 c.c. dei padroni e committenti per i fatti commessi dai loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti, oltre che quella dei precettori e dei maestri d’arte ex art. 2048 c.c. per il danno cagionato dagli allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. Ancora, si possono richiamare tutte quelle situazioni riconducibili all’art. 1228 c.c., a mente del quale il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si vale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro e perfino tutte le ipotesi di obbligazioni solidali che, a norma dell’art. 1298 c.c., determinano la suddivisione della stessa, in parti uguali, tra i diversi debitori. A ben vedere in tutti questi casi, nei [continua ..]


6. Conclusioni

L’analisi sistematica del ragionamento sino oggi sviluppato dalla Corte circa la legittimazione a citare il terzo responsabile da parte dell’imputato induce a ritenere che, secondo il giudizio costituzionale, a determinare disparità di trattamento non sarebbe il confronto tra la posizione del convenuto nel giudizio civile di danno e quella dell’imputato nei cui confronti la parte civile ha esercitato l’azione risarcitoria; né tale disparità discenderebbe dal confronto con la generalità dei casi nei quali sarebbe consentito al convenuto nel processo civile di chiamare in garanzia un responsabile civile ex lege, e nemmeno il differente potere riconosciuto alla parte civile e all’imputato di chiamata di quei soggetti che potrebbero rivestire il ruolo di responsabili civili ex art. 185 c.p.; e nemmeno, infine, la circostanza che, ove esercitata in sede propria, al danneggiante-convenuto sarebbe possibile la chiamata in garanzia ex 106 c.p.c. La regola iuris che dovrebbe comportare il riconoscimento all’imputato, dinanzi all’azione risarcitoria intentata nei suoi confronti dalla parte civile, del simmetrico potere di chiedere la citazione del responsabile dovrebbe ricavarsi da talune specifiche caratteristiche, che renderebbero peculiare la posizione di taluni terzi obbligati per il fatto altrui (come quella degli assicuratori nelle due ipotesi considerate), vale a dire “il rapporto interno di garanzia tra imputato e responsabile civile” (che ricorre in tutti i rapporti di assicurazione) escluso tutte le volte in cui è possibile l’azione di regresso del terzo nei confronti dell’au­tore del danno (come nel caso di cui all’art. 878 c. nav., all’art. 28 Cost. e di cui agli artt. 10 e 11, d.p.r. 30 giugno 1965, n. 1124 che disciplina l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro) e “l’a­zione diretta del danneggiato nei confronti del terzo responsabile”. Come si è tuttavia osservato, dopo le precisazioni contenute nella recente decisione della Corte, non è il primo requisito ad assumere davvero un effetto dirimente – tenuto conto che esso è presente anche in altre ipotesi, come quelle nelle quali opera l’art. 1917 c.c., rispetto alle quali la Corte in precedenti decisioni non ha ravvisato disparità – ma piuttosto il secondo, che certamente è [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2023