Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Le finestre di giurisdizione e il giudice del procedimento (di Antonella Marandola, Professore ordinario di Procedura penale – Università del Sanni)


Dopo vari tentativi, il d.lgs. n. 150/2022, meglio noto come riforma Cartabia, amplia lo spazio di vaglio e controllo del giudice delle indagini preliminari sull’attività condotta dal pubblico ministero. La novella assegna al giudice la sua funzione di garante, chiamato ad esprimersi, anche sulla base delle istanze presentate dalla persona sottoposta alle indagini e dalla persona offesa. I più ampi poteri assegnati al giudice determinano un significativo mutamento del suo ruolo e della sua funzione e rappresentano un primo passo per l’apertura delle c.d. “finestre di giurisdizione” che determina effetti non secondari sul rito, tanto sul piano sistematico, quanto culturale che, in estrema sintesi sono affrontati, dall’Autrice.

The rulings of proceeding judge

After various attempts, the d.lgs. 150 of 2022, better known as the Cartabia reform, expands the scope for screening and control by the judge of preliminary investigations on the activity conducted by the Public Prosecutor. The novel assigns the judge his function of guarantor, called to express himself, also on the basis of the requests presented by the person under investigation and by the offended person. The broader powers assigned to the judge determine a significant change in his role and function and represent a first step for the opening of the so-called “jurisdiction windows” that determine non-secondary effects on the systematic and cultural level of the criminal process that the Author analyzes in a nutshell.

SOMMARIO:

1. Il gigantismo investigativo - 2. Riforma Cartabia e potenziamento del ruolo del giudice delle indagini preliminari (c.d. finestre di giurisdizione) - 3. L’effetto diretto e indiretto di tale potenziamento - 4. … ulteriori riflessioni - 5. L’(auspicata) evoluzione - NOTE


1. Il gigantismo investigativo

Non ha bisogno di molte conferme l’assunto per il quale dalla controriforma del codice del 1988 si sia assistito ad una progressiva dilatazione dei poteri del pubblico ministero (c.d. gigantismo investigativo) nella fase delle indagini preliminari accompagnata dalla correlata utilizzabilità dibattimentale degli atti raccolti in quella fase. Sul punto appare difficile dissentire per qualsiasi commentatore. Il discorso si è parallelamente sviluppato con riferimento all’analisi dei poteri di controllo del giudice delle indagini preliminari evidenziando, anche in questo caso, con diffusività di convincimenti molto autorevoli, una certa debolezza nell’esercizio delle sue funzioni, conseguente, al di là di altri dati che qui non rilevano, alle molteplici carenze normative. D’altro canto proprio per rifuggire dalla figura del giudice istruttore quello costruito fu, volutamente, un giudice ad acta “senza occhi e senza braccia” che nel tempo ha palesato tutta la sua inidoneità e incapacità ad assolvere, in maniera efficiente, il suo ruolo di garante. Ne è scaturita la ritenuta necessità di un riequilibrio del rapporto tra pubblico ministero e giudice delle indagini preliminari che, nell’ambito dell’ultima ampia novella del 2022, è stato ricondotto alle c.d. “finestre di giurisdizione” [1], cioè, a momenti di verifica di alcune specifiche attività messe in campo dalle Procure, soprattutto in relazione a diritti costituzionalmente garantiti, già auspicate nell’ambito della c.d. Commissione Riccio e riprese dalla c.d. Commissione Canzio, quale potenziamento delle funzioni di garanzia e di controllo del giudice delle indagini preliminari che deve essere aumentata in ragione delle (sacrificate) esigenze difensive. Il tema ha, peraltro, nel tempo, riguardato vari profili. Ogniqualvolta, infatti, la materia affrontata lo rendeva possibile, il legislatore con interventi non generali, ma legati alle singole riforme, ha provveduto: si pensi ad esempio al vaglio delle misure cautelari, al tema delle intercettazioni telefoniche e al rilascio dei tabulati, solo per citarne alcuni ad memoriam.


2. Riforma Cartabia e potenziamento del ruolo del giudice delle indagini preliminari (c.d. finestre di giurisdizione)

La scelta operata nel 1988 non pare assolutamente sindacabile: si trattava, allora, di traghettare il processo penale, di stampo inquisitorio, connotato dalla presenza di un giudice di fase, peraltro con profili non secondari di assenza di molte garanzie, verso il cd. modello misto, completando il ricordato ampliamento selettivo su singoli atti o attività. Preso atto della segnalata ipertrofia, la riforma Cartabia sembra (o sembrerebbe) rappresentare l’occasione per attuare un deciso cambio di paradigma nel definire i poteri tra pubblico ministero e persona sottoposta alle indagini, attraverso il potenziamento del ruolo del giudice delle indagini preliminari. Invero, non mancano segnali, di non poco momento, che marcano questa linea evolutiva la quale, tuttavia, sembra mancare l’approdo finale. Un primo profilo attiene al potere – ancorché, in questo caso, non ufficioso, ma condizionato dall’iniziativa della persona sottoposta alle indagini e del suo difensore – del giudice di verificare la tempestività dell’iscrizione oggettiva della notizia di reato e del suo possibile responsabile nel registro ex art. 335 c.p.p., ancorché nei limiti stabiliti dalla nuova disposizione. Nonostante l’apprezzamento legato all’introduzione di un   sistema ampio ed esteso dello strumento volto all’osservanza di tali obblighi, già imposti – a livello interno ai sensi degli artt. 1, comma 2, d.lgs. n. 106/2006 – la riconosciuta possibilità di sollecitare il controllo al giudice disegnata all’art. 335-quater c.p.p. appare troppo farraginosa, articolata e fortemente condizionata (si darà luogo alla retrodatazione solo in caso di ingiustificato e immotivato ritardo). Diversamente, un potere officioso è riconosciuto ex art. 335-ter c.p.p.  al giudice quanto all’individuazione del nome della (altra) persona da sottoporre ad indagini, esercitabile, dopo aver sentito il p.m. “quando deve compiere un atto del procedimento”. Nulla viene detto, invero circa l’iter che il giudice deve seguire per “sentire” l’organo inquirente, né l’ambito entro il quale il primo può indicare gli elementi indiziari a carico di un soggetto, mentre il p.m. quando formula una richiesta al giudice delle indagini preliminari deve indicare, sempre, la notizia di reato e il nome della persona a cui è [continua ..]


3. L’effetto diretto e indiretto di tale potenziamento

Seppur rafforzata nei poteri di controllo da parte del giudice, la fase delle indagini così come emerge da una sintetica visione d’insieme delle modifiche che essa subirà a decorrere dal 30 dicembre 2022 (salvo quanto previsto dalla l. n. 199/2022 di conv. con modif. del d. l. n. 162/2022), avrebbe bisogno di un giudice, che seppur senza poteri probatori, risulti maggiormente consapevole degli sviluppi investigativi; un giudice che sia addentro agli elementi investigativi raggiunti attraverso una più ampia conoscenza degli atti (di cui va garantita la segretezza), che, senza diventare giudice della fase, possa assumendo il ruolo di giudice del procedimento. Su un versante diverso, per quanto molto significativo, si collocano le molte questioni legate all’organizzazione e al numero di magistrati capaci di far fronte a tale più ampio impegno procedurale, che rendono quanto mai attuale l’argomento affrontato [2]. I riferiti, rafforzati, poteri di conoscenza e di controllo bene si saldano con i successivi momenti che, integrandosi tra loro, determinano quello che è stato definito da autorevole dottrina il processo “a trazione anteriore” [3], con uno spostamento “significativo” del “sistema” proprio sulla fase delle investigazioni e teso, attraverso i riti premiali, ad una definizione anticipata del procedimento, dove il criterio di giudizio della sentenza di non luogo a procedere si salda, pur nella diversità del materiale considerato, sia con l’archiviazione, sia con la sentenza emessa a seguito dell’udienza predibattimentale nonché con la decisione di condanna. Proprio l’accesso (incrementato) ai riti speciali, la loro definizione, il controllo sugli accordi delle parti rappresentano l’ampliamento dei suoi poteri, che nella misura in cui non escludono l’operatività dell’art. 129 c.p.p. rappresentano il punto più elevato del ruolo del gip/gup, già significativo nel procedimento per decreto e nel rito abbreviato. Un ripensamento, forse, richiederebbe il percorso del giudizio immediato, apparendo comunque significativa la previsione dell’udienza davanti al gip e le possibili richieste, subordinate, in caso di rigetto della domanda di abbreviato. Se indubbiamente nell’udienza preliminare il compito del giudice è teso ad assicurare la regolarità, non solo del [continua ..]


4. … ulteriori riflessioni

Qualche riflessione più approfondita sembrano richiedere, invece, le disposizioni di cui agli artt. 421, 421-bis e 423 c.p.p. anche alla luce delle modifiche previste dalla riforma. Se, invero, con la prima previsione, in linea con altre norme introdotte attraverso sanatorie, adempimenti e correzioni, si evidenzia una discrasia dell’imputazione con le articolazione di cui all’art. 417, comma 1, lett. b), c.p.p. (cioè la descrizione del fatto e delle circostanze), il giudice, sentite le parti, invita il p.m. a riformulare l’imputazione (con la conseguenza che in mancanza di adeguamenti da parte della procura, il giudice dichiarerà la nullità e restituirà gli atti al p.m.) e con l’art. 421-bis c.p.p. il giudice, ritenendo le indagini incomplete, le indicherà e fisserà il termine per il loro compimento e la data della nuova udienza, si configurano situazioni rientranti nella logica del sistema, diversa –significativamente diversa– si configura l’ipotesi di cui all’art. 423, comma 1-bis e 1-ter c.p.p. In questo caso, infatti, si dispone che, mancando la corrispondenza tra i fatti e le circostanza (anche relative alle misure di sicurezza) indicati nell’imputazione e quanto emerge dagli atti, ovvero che la qualificazione giuridica non sia corretta, il giudice, anche d’ufficio, inviti il p.m. ad adeguare l’imputazione e che, in caso di adempimento da parte del pubblico ministero, le modifiche siano contenute nell’imputazione (contestata all’imputato presente e notificata a quello assente) e che solo in caso di mancato provvedimento, restituisca gli atti, si è in presenza non solo di un appannamento del ruolo di garante e terzo del giudice, ma di una vera e propria commistione, rectius, sostituzione di ruoli, che deve determinare la sua incompatibilità, ovvero l’abrogazione della norma.


5. L’(auspicata) evoluzione

Definire, per concludere, i poteri e i ruoli dei diversi protagonisti dentro il processo penale, soprattutto in fase di riforma, è sempre problematico, ma lo è, ancor di più, in un momento nel quale si prospetta la necessità di un complessivo riequilibrio del rito penale e di acquisire, da parte dei diversi protagonisti, nuove professionalità [4], soprattutto se si tratta di situazioni consolidatesi nel tempo. Tuttavia per consentire l’evoluzione del nostro sistema processuale sarà necessario continuare in questa direzione, fatta salva l’eventualità di un radicale ritorno al passato: attività investigativa “breve” del p.m. (v. artt. 405, 406 e 407-bis c.p.p. così come riformati dal d.lgs. n. 150/2022), trasferimento degli atti ad un giudice più forte per cognizione e poteri, procedura garantita nel contraddittorio delle parti, decisioni alternative del giudice (sentenza di non luogo o rinvio a dibattimento), affinché si porti a conclusione il raggiungimento di quel giudice capace di assicurare, effettivamente, i diritti costituzionali della persona soggetta al procedimento e quel controllo sull’attività del p.m. quale garanzia effettiva dell’obbligatorietà dell’azione penale, in concreto, così com’è stata disegnata dal nuovo legislatore agli artt. 408 e 425 c.p.p. D’altro canto si è affermato, proprio sul tema, “un recupero della centralità della giurisdizione, ponendo fine ad una concezione autarchica ed «autoreferenziale» dell’attività d’indagine è il presupposto democraticamente sano e virtuoso per un processo di «ragionevole durata»” che è obiettivo dell’intera novella “e che renda a sua volta «ragionevole» il sacrificio che un processo impone al singolo” [5], da cui ogni modifica del rito penale non può prescindere.


NOTE
Fascicolo 1 - 2023