Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
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Sanzioni amministrative (sostanzialmente penali) dichiarate costituzionalmente illegittime e flessibilità del giudicato penale (di Donatello Cimadomo, Professore Associato di Procedura penale – Università di Salerno)


Il giudice dell’esecuzione è legittimato a modificare la statuizione della sentenza irrevocabile di condanna relativa alla revoca della patente di guida quando la sanzione amministrativa sia dichiarata costituzionalmente illegittima perché ritenuta “punitiva” secondo i criteri Engel della Corte EDU.

The declared unconstitutionality of administrative penalties (substantially criminal) and the flexibility of the criminal res judicata

The executing judicial authority has legitimacy to revise what has been established by the final sentence concerning the driving license revocation, whether the penalty has been declared unconstitutional because considered “punitive” according to Engel criteria defined by the European Court of Human Rights (ECtHR).

La Corte costituzionale assesta un altro colpo al “mito del giudicato” È costituzionalmente illegittimo l’art. 30, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), in quanto interpretato nel senso che la disposizione non si applica in relazione alla sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, disposta con sentenza irrevocabile ai sensi dell’art. 222, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada). [Omissis] Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 4 febbraio 2020, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Milano ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, 35, 41, 117, primo comma – que­st’ultimo in relazione agli artt. 6 e 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 –, e 136 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 30, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), «nella parte in cui la disposizione stessa non è applicabile alle sanzioni amministrative che assumano natura sostanzialmente penale ai sensi della Convenzione EDU». 1.1. Il rimettente riferisce di essere chiamato a pronunciare, in funzione di giudice dell’esecuzione, sulla richiesta di rideterminazione della pena inflitta al condannato istante dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Milano con sentenza del 20 novembre 2018, divenuta irrevocabile l’8 dicembre 2018. Tale sentenza ha applicato al ricorrente, per il delitto di cui all’art. 589-bis del codice penale (omicidio stradale) – oltre alla pena, richiesta dalle parti e condizionalmente sospesa, di un anno e sei mesi di reclusione – la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, ai sensi dell’art. 222, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada): revoca che, in esecuzione della statuizione giudiziale, è stata disposta dal Prefetto di Milano con successivo decreto. Il condannato ha chiesto che tale sanzione sia revocata sulla base della sentenza della Corte costituzionale n. 88 del 2019, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il citato art. 222, comma 2, cod. strada, «nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli artt. 589-bis (Omicidio stradale) e 590-bis (Lesioni personali stradali gravi o gravissime) del codice penale, il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di [continua..]

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SOMMARIO:

1. La decisione - 2. La motivazione - 3. Gli effetti - NOTE


1. La decisione

Con la sentenza n. 68 del 2021 la Corte costituzionale ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale dell’art. 30, comma 4, della l. 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), in quanto interpretato nel senso che la disposizione non si applica in relazione alla sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, disposta con sentenza irrevocabile ai sensi dell’art. 222, comma 2, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada)» [1]. La decisione interviene sulla quaestio iuris relativa alla legittimazione del giudice dell’esecuzione a modificare la statuizione della sentenza irrevocabile di condanna relativa alla revoca della patente di guida. Con la sentenza n. 88/2019 era già stato dichiarato illegittimo il meccanismo di applicazione automatica della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per i reati di omicidio stradale e di lesioni personali stradali gravi o gravissime, previsto dall’art. 222, comma 2, c. str., per cui il giudice può disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dagli artt. 589-bis, commi 2 e 3, e 590-bis, commi 2 e 3, c.p. [2]. Per effetto di tale sentenza, al giudice dell’esecuzione non era però consentito sostituire la revoca della patente di guida con la sua sospensione in quanto l’art. 30, comma 4, l. n. 87/1953 era riferibile alle sole sanzioni penali. Poi, detta norma individua, in relazione alla materia penale, la peculiare regola della cessazione dell’esecuzione della sentenza irrevocabile di condanna e di tutti i suoi effetti penali in caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma fondante il dictum di responsabilità [3]. Declaratoria di incostituzionalità ex art. 30, comma 4, l. n. 87/1953 e abolitio criminis ex art. 2, comma 2, c.p. determinano il medesimo effetto di travolgere il giudicato penale; e la relativa competenza funzionale a provvedere è riservata, ai sensi dell’art. 673 c.p.p., al giudice dell’esecuzione che, quale garante di legalità, provvede alla revoca della sentenza di condanna, dichiarando che il fatto non è previsto dalla [continua ..]


2. La motivazione

La sentenza della Corte cost. n. 68/2021 interviene quando erano stati raggiunti due “approdi” interpretativi. Il primo è quello relativo all’art. 30, comma 4, l. n. 87/1953, esteso, quanto alla sua efficacia, anche alle norme incidenti sul trattamento sanzionatorio (come nel caso di una circostanza aggravante), con la conseguente possibilità (recte, obbligo) di conformare a legalità costituzionale l’esecuzione della pena quando questa non sia già stata interamente eseguita [4]. Si è, in particolare, sottolineato come il tema della legalità della pena in fase esecutiva sia costantemente sub iudice, e come nel bilanciamento dei valori vadano sacrificati la certezza e la stabilità dei rapporti giuridici [5]. Perciò, fin quando l’esecuzione della pena è in atto, «gli effetti della norma dichiarata costituzionalmente illegittima sono ancora perduranti e, dunque, possono e devono essere rimossi» [6]. Il secondo è quello in tema di «materia penale» alla quale è attratta la sanzione amministrativa che, in forza dei “criteri Engel”, incide su libertà fondamentali che coinvolgono anche i diritti politici del cittadino. La giurisprudenza di legittimità aveva, infatti, ritenuto «utilizzabili i noti parametri Engel, tratti dalla sedimentata giurisprudenza di Strasburgo, per cui la sanzione può essere definita penale – al di là del nomen attribuito dal legislatore interno – in rapporto all’analisi concreta delle finalità perseguite e del grado di afflittività, nel senso che lì dove risulti prevalente la finalità punitiva (rispetto a quella preventiva) o lì dove risulti particolarmente elevato il grado di afflittività, la misura in questione va attratta nel cono delle garanzie penalistiche» [7]. Senonché, la Corte di legittimità aveva negato che la revoca della patente fosse una sanzione di natura sostanzialmente penale sulla base dei “criteri Engel”, con conseguente impossibilità di rivisitazione del giudicato; si trattava, a giudizio del giudice nomofilattico, di una sanzione avente una finalità preventiva, e non già repressiva, coniata a tutela della sicurezza della circolazione stradale (Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza n. 1804 del 2020, [continua ..]


3. Gli effetti

La sentenza n. 68/2021 assesta un ulteriore colpo alla intangibilità del giudicato penale, che risulta così cedevole anche in conseguenza della declaratoria di illegittimità costituzionale delle norme contenenti sanzioni amministrative sostanzialmente penali, tali da integrare una ulteriore ipotesi di pena “incostituzionale”. È evidente che un primo, automatico effetto sarà quello degli ulteriori incidenti di costituzionalità delle norme affiancabili a quella dichiarata illegittima con la pronuncia in argomento. Il secondo è, invece, diretta conseguenza della “legalità di base” che deve caratterizzare ogni decisione contenente una statuizione di responsabilità giacché la mancanza di giustificazione costituzionale del trattamento sanzionatorio complessivamente considerato impone di rivedere il giudicato penale. Lo «stigma dell’ingiustizia» deve essere rimosso perché la sanzione sarebbe inutilmente afflittiva e per niente dissuasiva, senza per questo incidere sull’accertamento del fatto che è, dunque, realmente intangibile [10]. Così, la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma diversa da quella incriminatrice non consente di rivedere le statuizioni civili connesse all’accertamento del fatto-reato (mentre esse vanno revocate se è stato abrogato il reato [11]), quelle di confisca (a differenza di quanto accade se è dichiarata illegittima la norma incriminatrice, con conseguente revoca della misura di sicurezza [12]), quelle di responsabilità derivante da reato secondo il paradigma coniato dal d.lgs. n. 231/2001 (anche in ragione del fatto che la punibilità dell’ente dipende dalla illiceità penale della fattispecie punitiva di carattere sostanziale), nonché quelle rese nell’ambito del procedimento di prevenzione ex d.lgs. n. 159/2011 (tranne che non si tratti di pronunce idonee ad incidere sulla categoria di pericolosità di cui all’art. 1 del medesimo d.lgs. [13]).


NOTE