Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
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La Consulta riconduce la prescrizione al principio di legalità ma al contempo ne “relativizza” l´effettiva portata (di Alessandro Roiati, Ricercatore di diritto penale presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata)


La Corte costituzionale, nell’escludere la violazione del principio di irretroattività in riferimento alla sospensione della prescrizione disposta durante l’emergenza Covid-19, ha avuto l’indubbio merito di ribadire la necessità di ricondurre l’istituto nell’alveo del principio di legalità sostanziale in tutte le sue articolazioni.

Al contempo però i passaggi argomentativi attraverso cui la Consulta è pervenuta alle sue conclusioni prestano il fianco ad una pluralità di obiezioni, a partire dall’assunto secondo cui il divieto di retroattività non sarebbe stato violato, in quanto la previsione generale di cui all’articolo 159, comma 1, c.p., sarebbe comunque preesistente ai fatti.

Tale argomento finisce in realtà per configurare una sorta di rinvio aperto a qualsivoglia integrazione, con il conseguente rischio che trovino ingresso casi di ossequio solo formale al principio di legalità e di elusione sostanziale delle istanze ad esso sottese.

Infine, poiché la Corte costituzionale ha affrontato anche il tema della ratio della prescrizione in riferimento al fatto-reato e alle vicende della punibilità, sarebbe stato opportuno valorizzare, oltre al concetto di “affievolimento progressivo” dell’interesse sanzionatorio, la dimensione personalistica insita nel rapporto tra decorso del tempo e funzione di risocializzazione della pena ex art. 27, comma 3, Cost.

The Constitutional Court brings the prescription period back to the principle of legality but at the same time

The Constitutional Court, in excluding the violation of the principle of non-retroactivity in reference to the suspension of the prescription ordered during the Covid-19 emergency, had the undeniable merit of reaffirming the need to bring the prescription back to the principle of legality in all its articulations.

At the same time, however, the argumentative passages through which the Constitutional Court reached its conclusions, lead to a plurality of objections, starting from the assumption that the prohibition of retroactivity would not have been violated as the general provision referred to in article 159, paragraph 1, of the Italian Criminal Code, would in any case be preexistent to the facts.

This argument, in fact, appears to configure a sort of open referral to any integration, with the consequent risk that cases that only formally respect the principle of legality and substantial avoidance of the instances underlying it will be attributed to the article.

In conclusion, since the Constitutional Court also addressed the issue of the function performed by the prescription in reference to the fact-crime and the punishment events, it would have been appropriate to enhance, in addition to the concept of "progressive weakening" of the sanctioning interest, the personalistic dimension inherent in the relationship between the passing of time and the resocialization function of the sentence pursuant to art. 27, paragraph 3, of the Constitution.

Keywords: non retroactivity – rule of law – Covid 19

La Corte costituzionale esclude la violazione del principio di irretroattività in riferimento alla sospensione della prescrizione durante l’emergenza Covid-19 Sono non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 83, comma 4, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, sollevate, in riferimento all’art. 25, secondo comma, della Costituzione; Sono non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 83, comma 4, del d.l. n. 18 del 2020, convertito in legge, e dell’art. 36, comma 1, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali), convertito, con modificazioni, nella legge 5 giugno 2020, n. 40, sollevate, in riferimento all’art. 25, secondo comma, Cost.; É inammissibile la questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 83, comma 4, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, e dell’art. 36, comma 1, del d.l. n. 23 del 2020, come convertito, sollevata in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 7 Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848; É inammissibile la questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 83, comma 4, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, e dell’art. 36, comma 1, del d.l. n. 23 del 2020, come convertito, sollevata in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 7 CEDU, e all’art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007.   [Omissis] RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 21 maggio 2020 (r. o. n. 112 del 2020) il Tribunale ordinario di Siena ha sollevato, in riferimento all’art. 25, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 83, comma 4, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27. 1.1. Il rimettente riferisce di essere chiamato a celebrare un dibattimento per reati edilizi commessi, secondo la contestazione, tra il 20 aprile 2015 (capo A dell’imputazione) e il 24 aprile [continua..]

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SOMMARIO:

1. Le eccezioni di illegittimità costituzionale sollevate in riferimento alla violazione del principio di irretroattività - 2. L’intricato dedalo normativo oggetto dello scrutinio di legittimità - 3. La riaffermata natura sostanziale della prescrizione e la conseguente assoggettabilità della sua disciplina al principio di legalità di cui all’art. 25, comma 2, Cost. - 4. L’individuazione della chiave di volta dei giudizi di legittimità costituzionale nell’arti­colo 159, comma 1, c.p. - 5. Riserve critiche: in tema di legalità - 6. In tema di funzione della prescrizione e di mancato collegamento con l’art. 27, commi 1 e 3, Cost. - 7. Un accenno alle prospettive del tema della prescrizione al di là delle specificità del giudizio di legittimità e con particolare riguardo alla cd. riforma Bonafede - NOTE


1. Le eccezioni di illegittimità costituzionale sollevate in riferimento alla violazione del principio di irretroattività

Nella sentenza in commento la Corte costituzionale si è pronunciata sul delicato tema della sospensione del corso della prescrizione del reato [1], con particolare riguardo alla compatibilità tra la normativa adottata in materia nella prima fase dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 ed il principio di irretroattività ex art. 25, comma 2, Cost. [2]. La questione, oltre a riguardare un istituto che costituisce un punto nodale delle vicende della punibilità [3], si iscrive nel più ampio dibattito inerente ai complessi rapporti esistenti tra tutela della salute pubblica e rispetto delle garanzie fondamentali in materia penale, con il sotteso giudizio di bilanciamento tra diritti di rango costituzionale tra loro confliggenti [4]. Al contempo la prescrizione torna nuovamente sotto la lente di ingrandimento della Consulta con riferimento specifico alle fattispecie che ne condizionano la concreta operatività, determinando un allungamento del tempo necessario per produrre l’effetto estintivo del reato [5]. Ne deriva il rischio di schiacciare la prospettiva di giudizio su singoli aspetti e di perdere la capacità di penetrare a fondo il fondamento di un istituto che, contribuendo a delineare la fisionomia dell’intervento punitivo, va necessariamente posto in stretta correlazione con l’aspetto funzionale che caratterizza il ricorso all’extrema ratio sanzionatoria [6]. Nello specifico la pronuncia in esame trae origine dalle eccezioni di incostituzionalità sollevate dai tribunali di Siena, Spoleto e Roma in riferimento all’articolo 83, comma 74, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, e dell’articolo 36, comma 1, del d.l. 8 aprile 2020, n. 23, convertito, con modificazioni, nella legge 5 giugno 2020, n. 40 [7]. Tutte le ordinanze di rimessione sono partite dal presupposto secondo cui la prescrizione va considerata come istituto di diritto penale sostanziale soggetto, in quanto tale, al divieto di applicazione retroattiva della legge sfavorevole, quale inderogabile principio dell’ordinamento. Ne deriva che l’irre­troattività non potrebbe limitarsi a riguardare la sola disciplina del tempo necessario a prescrivere, ma anche quella delle interruzioni e delle sospensioni del decorso del relativo termine, in quanto anch’essa concorre a circoscrivere [continua ..]


2. L’intricato dedalo normativo oggetto dello scrutinio di legittimità

Il primo intervento legislativo è riconducibile al d.l. 2 marzo 2020, n. 9, ma ha avuto un impatto alquanto circoscritto, riguardando solo i procedimenti civili e penali pendenti presso gli uffici giudiziari dei circondari dei tribunali cui appartenevano taluni comuni espressamente indicati [9]. Di lì a poco il governo ha emanato un nuovo decreto legge 8 marzo 2020, n. 11, per disciplinare, questa volta con efficacia generalizzata su tutto il territorio nazionale, il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini nei procedimenti civili, penali, tributari e militari [10]. Anche tale provvedimento ha però avuto breve durata, in quanto, dopo soli nove giorni, lo stesso governo è nuovamente intervenuto con il d.l. n. 18 del 2020, e la successiva legge di conversione, con modificazioni, n. 27 del 2020, all’art. 1, comma 2, ha disposto l’abrogazione dei precedenti provvedimenti, con salvezza degli effetti prodottisi, prima ancora che maturassero i relativi termini di decadenza. Le questioni di legittimità costituzionale in esame si sono concentrate in particolare sull’articolo 83 di detto decreto, il quale, al comma 1 ha disposto in via generale ed obbligatoria, salvo talune specifiche eccezioni, il rinvio d’ufficio delle udienze dei procedimenti civili e penali pendenti dal 9 marzo al 15 aprile 2020 a data successiva al 15 aprile 2020 e, al comma 2, la sospensione per lo stesso periodo del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto. Ai fini della trattazione in questione risulta di centrale rilevanza il comma 4 dell’art. 83 sopra citato, il quale ha stabilito che «nei procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini ai sensi del comma 2 sono altresì sospesi, per lo stesso periodo, il corso della prescrizione ed i termini di durata massima delle misure cautelari personali» [11]. A completare l’intervento normativo è stato infine l’articolo 36 del d.l. n. 23 del 2020, attraverso cui il termine del 15 aprile 2020, previsto dai commi uno e due dell’articolo 83 del d.l. n. 18 del 2020, è stato prorogato all’11 maggio 2020. Questa peculiare stratificazione normativa ha quindi comportato un allungamento del termine di prescrizione del reato pari a 64 giorni (dal 9 marzo 2020 al 11 maggio 2020) che, là dove applicato anche in riferimento a fatti commessi in epoca antecedente al 9 marzo 2020, [continua ..]


3. La riaffermata natura sostanziale della prescrizione e la conseguente assoggettabilità della sua disciplina al principio di legalità di cui all’art. 25, comma 2, Cost.

La Corte costituzionale ha respinto le eccezioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento all’articolo 25, comma 2, Cost., articolando in primo luogo un sillogismo interpretativo marcatamente garantista e volto a ricondurre l’istituto della prescrizione al principio di legalità in tutte le sue declinazioni. Si è così riaffermato che la garanzia del principio di legalità rappresenta un valore assoluto non suscettibile di bilanciamento con altri valori costituzionali, in quanto posto a tutela la persona contro i possibili arbitri del legislatore. Di conseguenza colui che viene accusato di un reato deve poter avere, al momento della commissione del fatto, contezza della linea di orizzonte temporale entro cui sussisterà la punibilità di detta condotta. Allo stesso modo, in linea di continuità con un orientamento interpretativo che può ormai definirsi consolidato, la Corte ha ribadito a chiare lettere come la prescrizione costituisca un istituto di natura sostanziale che incide sulla punibilità della persona e che, come tale, rientra nell’alveo costituzionale del principio di legalità [12]. Da queste premesse la Consulta è giunta alla conclusione secondo cui la determinazione della durata del tempo necessario per produrre l’effetto estintivo del reato per l’intervenuta prescrizione ricade nell’area di applicazione del principio di legalità, in quanto la legge del tempus commissi delicti non si limita a definire la condotta penalmente rilevante e la pena ad esso riconducibile, ma fissa altresì il tempo oltre il quale la sanzione non può essere applicata per effetto della sopravvenuta estinzione del reato per prescrizione, con l’unica eccezione dei casi in cui è la legge stessa a prevedere, in riferimento alle fattispecie più gravi, che la prescrizione non possa estinguere i reati [13]. Individuati dunque in questa direzione i presupposti interpretativi su cui fondare, sul fronte del diritto sostanziale, le questioni sottoposte a scrutinio di legittimità, la stessa Corte costituzionale non ha mancato di evidenziare il carattere intrinsecamente ibrido della prescrizione la quale, pur costituendo una causa di estinzione del reato, determina, quale effetto sul versante processuale, l’arresto della procedibilità dell’azione penale. Lo stesso principio di [continua ..]


4. L’individuazione della chiave di volta dei giudizi di legittimità costituzionale nell’arti­colo 159, comma 1, c.p.

Dopo aver riaffermato l’assoggettabilità della disciplina riguardante la prescrizione al principio di legalità ex art. 25 comma 2, Cost., la Corte costituzionale ha approfondito altresì le sue singole articolazioni, con particolare riguardo al profilo della sufficiente precisione e determinatezza ed a quello della irretroattività. Al riguardo è stato ribadito in primo luogo che la fissazione del tempo di prescrizione deve essere sufficientemente determinata, non potendo trovare ingresso nel nostro ordinamento la cd. regola Taricco, di derivazione dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, la quale avrebbe ampliato la misura tabellare del tempo di prescrizione, per taluni reati, in mancanza di determinatezza del presupposto condizionante la maggiore estensione temporale della prescrizione. Allo stesso modo, quanto al principio di irretroattività della norma penale sfavorevole, ha riaffermato, in linea di principio, che lo stesso risulta riconducibile all’esigenza della “calcolabilità” delle conseguenze giuridiche penali della propria condotta e preclude la possibilità di un ampliamento in peius della durata del tempo di prescrizione dei reati. Se è vero però che la definizione tabellare del tempo di prescrizione dei reati di cui all’articolo 157 c.p. finisce per assumere una valenza prettamente sostanziale, occorre altresì considerare, sostiene la Corte, che l’istituto in questione «si colloca nel processo ed inevitabilmente risente delle dinamiche di quest’ultimo, in particolare nella misura in cui sono previste l’interruzione e la sospensione del decorso del tempo di prescrizione dei reati alle condizioni e nei limiti stabiliti dalla legge». Di conseguenza, per quanto l’osservanza del principio di legalità coinvolga anche i casi di sospensione e di interruzione della prescrizione, l’esatto termine finale in cui opera la prescrizione non è mai prevedibile ex ante, in quanto l’arco temporale risulta variabile, in concreto, in considerazione di una pluralità di evenienze non astrattamente predeterminabili. Di qui la stessa Corte costituzionale apre un varco – di fatto – ad una sorta di “relativizzazione” del principio di irretroattività, affermando altresì che, in questo contesto, l’articolo 159, primo comma, c.p. svolge una duplice [continua ..]


5. Riserve critiche: in tema di legalità

La Consulta ha avuto l’indubbio merito di orientare la sentenza in commento secondo postulati interpretativi marcatamente garantisti, per un verso riaffermando la natura sostanziale della prescrizione, anche in riferimento alle ipotesi di sospensione e di interruzione, per l’altro riconducendo la sua disciplina al principio di legalità in tutte le sue articolazioni. Al contempo però i passaggi argomentativi attraverso cui la Corte costituzionale, partendo da tali rigorosi presupposti, è pervenuta alle sue conclusioni, prestano inevitabilmente il fianco ad una pluralità di obiezioni, tanto che parte della dottrina non ha esitato a definire la pronuncia in questione come “sentenza di scopo” [22]. A destare perplessità è in primo luogo l’assunto cardine secondo cui il divieto di retroattività non sarebbe stato violato in quanto la previsione generale di cui all’articolo 159, comma 1, c.p., sarebbe comunque preesistente ai fatti, argomento che finisce per tradursi, a ben vedere, in un mero artificio dialettico attraverso cui relativizzare l’assolutezza del principio di legalità. A ciò occorre aggiungere due aspetti dirimenti su cui la Consulta si è soffermata ben poco, ovvero l’effettiva possibilità di ritenere le disposizioni oggetto di censura quali vere e proprie “sospensioni del processo”, come tali riconducibili al medesimo art. 159 c.p., nonché la tesi secondo cui la sospensione del corso della prescrizione discenderebbe direttamente dall’articolo 89, comma 4, d.l. n. 18 del 2020, senza la necessità di alcun tramite con la disposizione codicistica. Procedendo con ordine balza inevitabilmente agli occhi dell’interprete come attraverso il ricorso al­l’ampia disposizione di cui all’art. 159, comma 1, c.p., argomento chiave del giudizio di costituzionalità, si finisca per configurare una sorta di rinvio aperto a qualsivoglia integrazione, con il conseguente rischio che trovino ingresso casi di ossequio solo formale al principio di legalità e di elusione sostanziale delle istanze ad esso sottese [23]. Nello specifico infatti, al di là delle argomentazioni di principio, resta il dato di fatto secondo cui, aderendo alla sentenza in commento, qualsiasi sospensione del processo o finanche solo dei termini processuali, per effetto della preesistenza [continua ..]


6. In tema di funzione della prescrizione e di mancato collegamento con l’art. 27, commi 1 e 3, Cost.

Come si è avuto modo di approfondire la Corte costituzionale ha incentrato la sua indagine partendo dal riconoscimento della natura sostanziale della prescrizione per poi ricondurla, nonostante talune ambiguità, nell’ampio paradigma della legalità di cui all’articolo 25, secondo comma, Cost. A tal proposito, se questo percorso argomentativo risulta perfettamente sintonico con le eccezioni di legittimità costituzionale sollevate, le quali facevano tutte leva sull’asserito contrasto con il principio di irretroattività, è altrettanto vero che la stessa Consulta ha avvertito poi la necessità di entrare nel merito della funzione della prescrizione nell’ottica del diritto penale sostanziale, nonché quale istituto che concorre a configurare lo statuto delle garanzie personali dell’imputato nel processo penale. Da questo punto di vista non si può fare a meno di notare come la Corte costituzionale abbia inteso in senso piuttosto riduttivo la ratio svolta dalla prescrizione in riferimento al fatto-reato e alle vicende della punibilità [41], limitandosi ad evidenziare che la prescrizione si lega «all’interesse generale di non più perseguire reati rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venir meno, o notevolmente attenuato l’allarme della coscienza sociale», conferendo quindi particolare rilievo al concetto di “affievolimento progressivo” dell’interesse della comunità alla punizione del comportamento illecito. La Corte ha dunque affrontato il tema della ragion d’essere della prescrizione ponendo l’accento sulla sola dimensione dell’interesse pubblicistico alla persecuzione del reato ed all’irrogazione della pena, mentre è mancata del tutto la valutazione circa il ruolo che la distanza temporale tra reazione punitiva e fatto criminoso commesso riveste nell’attenuare, se non annullare del tutto, il rapporto di appartenenza personale tra il reo ed il reato [42]. Da questo punto di vista non può negarsi il legame, particolarmente significativo, che sussiste tra prescrizione e funzione della pena, nesso che la stessa Consulta avrebbe potuto collegare opportunamente all’art. 27, commi 1 e 3, Cost., al fine di valorizzare la dimensione personalistica sottesa al rapporto tra decorso del tempo e [continua ..]


7. Un accenno alle prospettive del tema della prescrizione al di là delle specificità del giudizio di legittimità e con particolare riguardo alla cd. riforma Bonafede

Proiettando le argomentazioni utilizzate dalla Consulta in una prospettiva più ampia, balza agli occhi il collegamento tracciato a chiare lettere tra la prescrizione ed il principio della ragionevole durata del processo, al punto da ritenere quest’ultimo quale possibile canone valutativo in merito alla discrezionalità rimessa al legislatore in materia e, nello specifico, in riferimento alle ipotesi di sospensione dei procedimenti penali e del termine di prescrizione. A tal proposito la Corte costituzionale non pone la prescrizione in posizione servente rispetto al principio di ragionevole durata del processo né viceversa, ma rileva gli evidenti rapporti sinergici – “biunivoci” – che intercorrono tra l’effetto estintivo del reato e la dinamica processuale [47], assegnando implicitamente alla garanzia della ragionevole durata una dimensione anche individuale, quale diritto fondamentale dell’imputato [48]. Tale affermazione indirizza inevitabilmente l’attenzione dell’interprete sul delicato dibattito radicatosi in merito alla riforma dell’istituto della prescrizione, mediante l’intervento operato dalla legge n. 3 del 2019, cd. Spazza-corrotti, sull’art. 159, comma 2, c.p. Al riguardo, riesaminando la disciplina introdotta dalla suddetta riforma alla luce della sentenza in commento, occorre evidenziare in primo luogo come la stessa si collochi chiaramente al di fuori della regola di cui all’articolo 159, comma 1, c.p., in quanto blocca il corso della prescrizione del reato dopo la sentenza di primo grado o il decreto penale di condanna e non in presenza di una causa di sospensione del processo, come invece espressamente richiesto dalla Corte costituzionale. Di conseguenza, ribadita la necessità di riconoscere la natura sostanziale della disciplina della prescrizione del reato e la riconducibilità della sua intera disciplina al principio di legalità, si può escludere senza dubbio l’ipotesi di un’applicazione della riforma Bonafede in riferimento a fatti commessi prima della sua entrata in vigore [49]. Al di là di questo primo indiscutibile assunto occorre però considerare che l’intervento di riforma in questione può essere ritenuto costituzionalmente legittimo solo partendo dal presupposto secondo cui l’attivazione del processo manterrebbe sempre e comunque attuale la [continua ..]


NOTE
Fascicolo 4 - 2021