Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte europea dei diritti dell'uomo (di Andrea Sivier)


Profili procedimentali del diritto alla vita: la speditezza delle indagini (Corte e.d.u., 19 gennaio 2021, Velesco c. Repubblica di Moldavia) Con la sentenza in commento i giudici strasburghesi si occupano dei requisiti procedurali richiesti dall’art. 2 Cedu, con particolare riferimento alla speditezza delle investigazioni. Come noto, la tutela del diritto alla vita è uno dei punti fermi del sistema Convenzionale, rappresentando, quindi, una delle matrici politico-culturali su cui si fonda la c.d. opera di democratizzazione pro­pugnata dalla Corte europea. Per tale ragione, accanto al profilo prettamente sostanziale ricavabile dalla semplice lettura della disposizione, la giurisprudenza alsaziana ha contribuito a delineare una serie di requisiti – definibili come procedurali – che fungono da parametri vincolanti affinché possa dirsi effettiva la tutela del diritto alla vita. Tra i requisiti in discorso, sicuramente, riveste grande importanza l’effettività delle indagini sotto il profilo della loro speditezza. Con la decisione che brevemente si esporrà di seguito, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato la Repubblica di Moldavia perché ha ritenuto che le autorità interne, ritardando le investigazioni in un caso di apparente suicidio, non abbiano consentito di vagliare compiutamente ipotesi alternative rispetto a tale ricostruzione fattuale, svuotando, così, di effettività le indagini. Si dia un rapido sguardo ai fatti di causa. Il 20 gennaio 2009 il figlio della ricorrente veniva trovato morto per impiccagione nel giardino della casa estiva dei propri genitori. Il giorno seguente veniva svolto un primo esame da parte di un perito autoptico, il quale aveva indicato nella propria relazione tecnica che l’attività era stata effettuata su richiesta dell’autorità investigati­va della Polizia del municipio di Buiucani (Chișinău), ma che la richiesta in discorso non aveva alcun numero di registrazione. Nel documento, peraltro, non vi era alcuna menzione al fatto che l’esperto forense fosse stato avvertito dell’eventuale responsabilità penale in caso di dichiarazioni mendaci. Il 10 febbraio 2009 il dipartimento di polizia generale informava il capo della sezione di Buiucani che l’autorità investigativa non aveva preso tutte le misure necessarie per stabilire appieno le circostanze del caso. In particolare, oltre a non essere chiaro il luogo esatto di ritrovo di due mozziconi di sigaretta, non si era proceduto ad esaminare la memoria del telefono cellulare rinvenuto nella tasca della vittima. All’autorità investigativa, dunque, veniva ordinato di registrare nuovamente il caso, ponendo in essere tutta una serie di attività che fino a quel momento non erano ancora state svolte: esaminare il contenuto del telefono cellulare, sentire le persone che avevano [continua..]

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