Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
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La Corte Costituzionale si pronuncia sulla possibilità di concedere la detenzione domiciliare speciale alle condannate madri di figli affetti da handicap grave che abbiano superato i dieci anni di età (di Chiara Rosa Blefari, Cultore di Diritto processuale penale – Luiss Guido Carli)


Con la sentenza in commento il Giudice delle leggi è tornato a pronunciarsi, ancora una volta, su una questione concernente la disposizione di cui all’art. 47-quinquies Ord. penit. In particolare, la Corte costituzionale ha stabilito che la norma è costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede che la misura della detenzione domiciliare speciale possa essere concessa alla detenuta madre di prole di età superiore agli anni dieci, ma affetta da handicap totalmente invalidante, in virtù del superamento del decimo anno di età. Secondo la Corte, una interpretazione, rigidamente legata al dato letterale, contrasterebbe con gli artt. 31 e 3 della Costituzione.

The constitutional Court states about to the possibility of granting special home detention in respect of mother convicted of children aged over ten years, but suffering from totally disabling handicaps

With this sentence the Judge of the laws has returned to rule, once again, on a question concerning the provision of art. 47-quinquies Ord. penit. In particular, the Constitutional Court has established that the rule is constitutionally illegitimate in so far as it does not provide that the measure of special home detention may be granted to the mother of children aged over 10 years, but suffering from totally disabling handicaps, by virtue of the passing of the tenth year of age. An interpretation, strictly linked to the literal datum, would contrast with Articles. 31 and 3 of the Constitution.

Detenzione domiciliare speciale: cade la preclusione per la madre con prole di età superiore ai dieci anni affetta da handicap grave È costituzionalmente illegittimo l’art. 47-quinquies, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui non prevede la concessione della detenzione domiciliare speciale anche alle condannate madri di figli affetti da handicap grave ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), ritualmente accertato in base alla medesima legge. [Omissis]   RITENUTO IN FATTO 1.– Con ordinanza del 26 aprile 2019, iscritta al n. 109 del reg. ord. 2019, la Corte di cassazione, sezione prima penale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, e 31, secondo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 47-quinquies, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), «nella parte in cui non prevede la concessione della detenzione domiciliare speciale anche nei confronti della condannata madre di prole affetta da handicap totalmente invalidante». La Corte di cassazione riferisce di essere chiamata a pronunciarsi sul ricorso di una detenuta condannata per reati di associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione continuata e ricettazione a una pena che, inflitta il 30 aprile 2015, scade, allo stato, il 13 novembre 2024. Il provvedimento del Tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria impugnato dalla detenuta aveva rigettato una sua istanza di detenzione domiciliare speciale ai sensi dell’art. 47-quinquies, comma 1, ordin. penit., proposta in funzione della cura e dell’assistenza a una figlia affetta da grave disabilità nata nel 1994, e dunque di età superiore ai dieci anni. La Corte di cassazione ritiene che il tribunale di sorveglianza abbia ineccepibilmente verificato, sulla base delle deduzioni della madre, della documentazione dalla medesima fornita e degli esiti di una perizia appositamente disposta, che la figlia della condannata è affetta da handicap totale di ordine fisico, a seguito della precoce insorgenza della patologia, non reversibile, descritta dal tribunale come una paralisi cerebrale infantile di ordine bilaterale che, pur conservando le funzioni intellettive della ragazza, da ritenersi corrispondenti all’età anagrafica, l’ha resa totalmente impossibilitata a deambulare e bisognosa dell’aiuto permanente di un accompagnatore. La Corte di cassazione ricorda inoltre che il tribunale di sorveglianza aveva negato alla condannata l’accesso alla misura alternativa della [continua..]

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SOMMARIO:

1. L’art. 47-quinquies della legge 354/1975: disciplina e ratio di una norma complessa - 2. La detenzione domiciliare speciale nelle ipotesi di madre di prole affetta da handicap grave, di età superiore agli anni dieci - 3. Riflessioni conclusive - NOTE


1. L’art. 47-quinquies della legge 354/1975: disciplina e ratio di una norma complessa

La pronuncia della Corte costituzionale si inserisce nel novero di sentenze che da qualche anno interessano le disposizioni relative ai regimi di detenzione domiciliare e detenzione domiciliare speciale. Nel caso in esame, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 47-quinquies, comma 1 della legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui non prevede la concessione della detenzione domiciliare speciale anche alle condannate madri di figli affetti da handicap grave, ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104. L’art. 47-quinquies ord. penit. rappresenta un’ipotesi di detenzione domiciliare speciale [1] e, più in generale, una misura alternativa alla detenzione. L’istituto, introdotto con l’art. 3 l. 8 marzo 2001 n. 40 [2] che ha inserito l’art. 47-quinquies, consentendo alla madre (nonché al padre) di accedere alla modalità esecutiva extra-muraria, previa espiazione di almeno un terzo della pena o quindici anni nel caso di condanna all’ergastolo, qualora non sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e vi sia la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli, risponde alla precisa volontà di dare attuazione al dettato dell’art. 31 Cost., che vuole salvaguardare il rapporto genitore-figli e soprattutto vuole tutelare lo sviluppo psicofisico del minore anche grazie alla presenza dei genitori, non importa se condannati. La “specialità” della nuova misura consiste nell’assicurare, anche nel caso di condanna a pene elevate, la costante presenza delle madri all’interno della famiglia, al fine precipuo di provvedere alla cura e all’assistenza dei figli di età non superiore ad anni dieci [3]. La disposizione rappresenta, al contempo, un adeguamento a quanto raccomandato dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa con la Racc. 2000/1469 in tema di detenzione di genitori [4]. Ulteriore requisito richiesto dalla norma per la concessione del beneficio è che non sussistano le condizioni di cui all’art. 47-ter ord. penit.  [5], intendendosi per tali quelle relative ai limiti di pena. Quanto ai destinatari, la misura è rivolta alle condannate madri di prole di età non superiore ad anni dieci nonché al padre detenuto, quando la madre sia deceduta o [continua ..]


2. La detenzione domiciliare speciale nelle ipotesi di madre di prole affetta da handicap grave, di età superiore agli anni dieci

La misura della detenzione domiciliare speciale, come detto in precedenza, è destinata alle condannate madri di prole di età non superiore ad anni dieci. Si è ritenuto che l’età inferiore a dieci anni debba ricorrere al momento del deposito della richiesta e non a quello della decisione, dato che non possono andare a detrimento dell’interessato i tempi processuali che si siano resi necessari [16]. È proprio dalla limitazione legata al compimento del decimo anno di età della prole che prende le mosse la questione portata al vaglio della Corte costituzionale [17]. La detenuta, condannata per associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione continuata e ricettazione, maturata l’espiazione della pena necessaria per richiedere la misura della detenzione domiciliare speciale, ex art. 47-quinquies ord. penit., si vedeva negata tale possibilità. Il Tribunale di sorveglianza aveva negato alla condannata l’accesso alla misura alternativa della detenzione domiciliare speciale non in considerazione della natura dei reati per i quali era stata condannata, parzialmente riconducibili alla categoria dei reati ostativi di cui all’art. 4-bis, comma 1, ordin. penit. (dato che la sentenza costituzionale n. 239 del 2014 ha dichiarato contraria a Costituzione questa preclusione alla concessione della misura) e neanche perché vi fosse un problema di previa espiazione di una quota/parte della pena inflitta (dato che la sentenza costituzionale n. 76 del 2017 ha caducato questa previsione, valevole per i condannati per i reati ostativi di cui sempre all’art. 4-bis, comma 1, ordin. penit.), bensì soltanto perché l’art. 47-quinquies, comma 1, ordin. penit., impedisce l’accesso delle madri detenute alla misura alternativa della detenzione domiciliare speciale quando il figlio, alla data dell’istanza, ha superato il decimo anno di età. Il punctum pruriens della questione consisteva, tuttavia, nel fatto che la figlia della detenuta fosse affetta da un handicap del tutto invalidante che la rendeva bisognosa di cure e accorgimenti costanti, di talché la Corte di Cassazione aveva ritenuto opportuno sollevare questione di legittimità costituzionale. A ben vedere tutta la disciplina dell’art. 47-quinquies ord. penit. ruota attorno ad un delicato e difficile bilanciamento tra le esigenze di [continua ..]


3. Riflessioni conclusive

L’istituto della detenzione domiciliare speciale sin dalla sua introduzione ha sollevato numerose questioni che, ad oggi, nonostante le pronunce della Corte costituzionale, non mancano di destare perplessità e spunti di riflessione che meritano di essere affrontati. Se, infatti, nell’idea iniziale del legislatore c’era di creare un istituto che agevolasse il rapporto madre-figlio, per favorire la crescita e lo sviluppo del minore, in linea con i dicta costituzionali, di fatto la norma non ha realizzato appieno gli intenti sperati. A ben vedere una riformulazione delle disposizioni in tema di detenzione domiciliare speciale, che tenga conto sia delle esigenze del minore, ma anche di quelle di tutela della collettività, parrebbe opportuna soprattutto per evitare dubbi interpretativi e di legittimità costituzionale. Da una lettura complessiva della norma appare chiaro che la tutela della collettività sia più incisiva in una fase successiva alla concessione della misura, grazie al ruolo del Servizio sociale e alla facoltà del giudice di revocare la misura. In realtà, se, in tal modo, da un lato viene garantito l’interesse della collettività a che soggetti pericolosi scontino la detenzione nei luoghi opportuni, dall’altro si realizza una situazione tale per cui il minore risulta sottoposto ad uno stress ancora maggiore. Questi, infatti, subirà il primo distacco dalla madre, nel momento in cui questa verrà condotta nel luogo in cui dovrà scontare la pena detentiva, in un secondo momento il riavvicinamento, grazie alla concessione della misura alternativa e, in una terza fase, un ulteriore distacco dalla figura genitoriale, in virtù della revoca della misura. Se tale situazione, quindi, è già di per sé destabilizzante nei confronti di un bambino nel pieno possesso delle facoltà fisiche e mentali, a maggior ragione lo è per un bambino affetto da handicap invalidante. La disciplina della detenzione domiciliare speciale dovrebbe, dunque, essere rivista soprattutto in relazione al momento in cui questa viene concessa, inserendo una forma di controllo più incisivo sulla idoneità della detenuta a soddisfare le necessità dei figli e ad assolvere, quindi, quegli obblighi genitoriali dai quali non si può prescindere. Più che sulla tassatività dei casi in cui [continua ..]


NOTE
Fascicolo 6 - 2020