Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte europea dei diritti dell´uomo (di Marco Bastianello)


Diritto alla vita e alla salute psicofisica in carcere

(Corte E.D.U., 4 giugno 2020, Citraro e Molinoc. Italia)

Il caso in esame riguarda un soggetto che stava scontando una pena detentiva presso il carcere di Augusta. Dalla cartella clinica trapelava che nel 1995 gli era stato diagnosticato un insieme di disturbi della personalità. L’esistenza di queste patologie non era stata tuttavia considerata incompatibile con l’esecuzione della pena. A tale proposito è necessario ricordare le gravi mancanze del legislatore nostrano che, ancora oggi, continua a limitare le ipotesi di differimento dell’esecuzione della pena ex art 147 c.p. alle sole ipotesi di infermità fisica, escludendo quelle riguardanti patologie mentali. Nel 1999 il detenuto veniva posto sotto osservazione presso l’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, visti i numerosi tentativi di autolesionismo; veniva poi trasferito nel carcere di Messina, così che gli fosse possibile assistere alle udienze di un processo a proprio carico che si teneva in terra sicula. Il 3 gennaio 2001, l’uomo veniva spostato nella casa circondariale perché temeva per la propria vita a causa di presunte incompatibilità con altri detenuti; pochi giorni più tardi, egli indicava di volere partecipare alle udienze del processo, ma di volere stare lontano dagli altri reclusi. Il medesimo giorno, un ufficiale della prigione notava che il soggetto presentava un’emorragia in gola e di conseguenza veniva fatto visitare: si scopriva, così, che il detenutosi era colpito da solo con un coltello. Il 6 gennaio 2001 il soggetto compiva un altro atto di autolesionismo, ferendosi l’avambraccio sinistro. Il medico della prigione suggeriva alla direzione del penitenziario di collocarlo in una cella priva di oggetti e di porlo sotto stretta sorveglianza. A seguito di una visita specialistica, lo psichiatra della prigione denotava la persistenza dei sintomi di autolesionismo, nonché il rifiuto del detenuto di seguire la terapia farmacologica: l’esperto proponeva, quindi, il collocamento emergenziale del soggetto in OPG per un periodo di osservazione. Successivamente, il direttore del penitenziario faceva domanda al magistrato di sorveglianza di Messina per ordinare il trasferimento del prigioniero presso l’OPG. A seguito di ciò, il detenuto chiedeva invano di potere vedere il proprio avvocato: in seguito al diniego delle autorità, il soggetto metteva a soqquadro la propria cella, finendo poi per distruggerla completamente. Una delle guardie del distretto circondariale notava, inoltre, che l’uomo minacciava di usare la gamba del tavolo collocato nella propria stanza, brandendolo contro chiunque gli si avvicinasse. L’uomo si rifiutava di aprire la porta, sostenendo la volontà di proteggersi da qualsiasi attacco esterno. Il 15 gennaio 2001 le guardie scoprivano che il soggetto aveva staccato le luci al neon dalla propria cella e chiuso le persiane; il [continua..]

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Fascicolo 5 - 2020