Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Salute mentale e detenzione: profili processuali e problematiche applicative (di Lidia Castellucci)


Con la sentenza della Corte costituzionale n. 99 del 2019 si è compiuto un enorme passo in avanti nella tutela effettiva della salute delle persone affette da problemi di malattia mentale detenute nelle nostre carceri, in particolare delle persone detenute con problematiche psichiatriche sopravvenute durante la detenzione. Difatti, prima del­l’intervento della Consulta, i “rei folli” con residuo di pena da espiare superiore ai quattro anni potevano aspirare unicamente alla cura in regime carcerario.

Con il presente lavoro si intende ripercorrere sinteticamente alcune delle diverse implicazioni processuali delle possibili manifestazioni dei disagi mentali, prendendo le mosse proprio dai principi affermati dalla Corte costituzionale.

On mental health and on detention: procedural aspects and their application challenges

As a consequence of the decision of the Constitutional Court n. 99/2019, the set of rules made a major step forward in protecting people affected by mental health diseases while detained in our prisons, more in detail of people affected by psychiatric problems suddenly developed during imprisonment. As a matter of fact, before the Constitutional Court’s decision, the “deranged criminals”, who had to expiate a residual sentence exceeding four years, could aspire to be cured only within the prison regime.

The present work wants to retrace briefly the various procedural implications related to the different expressions of mental disorders, taking the cue right from the principles stated by the Constitutional Court.

La Corte costituzionale e le garanzie dei detenuti affetti da patologia psichiatrica sopravvenuta Il caso sottoposto all’attenzione del Giudice delle leggi era quello di un detenuto, con pena residua superiore ai quattro anni, che si era visto respingere dal Tribunale di Sorveglianza di Roma la richiesta di differimento della pena per grave infermità ai sensi dell’art. 147 c.p., in ragione del fatto che la suddetta norma era applicabile solo ai casi di grave infermità fisica, mentre il richiedente risultava affetto da “grave disturbo misto di personalità, con predominante organizzazione border line in fase di scompenso psicopatologico”. La Corte di Cassazione, che ha promosso il giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 47-ter, comma 1-ter, l. 26 luglio 1975, n. 354, si interrogava sull’applicabilità dell’art. 148 c.p. o di altre forme alternative alla detenzione in carcere, per i casi di infermità psichica sopravvenuta alla condanna, per tale intendendosi una malattia mentale che, pur cronica o preesistente al reato, non sia stata considerata influente sulla capacità di intendere e di volere nel corso del giudizio penale dal quale è scaturita la condanna definitiva, oppure sia stata accertata o sia effettivamente insorta durante la detenzione. Ciò in quanto, a seguito degli interventi legislativi succedutisi tra il 2012 e il 2014, che hanno previsto la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari e che, nel creare le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), non hanno previsto che esse subentrassero nelle funzioni accessorie di cui all’art. 148 c.p., tale ultima norma doveva considerarsi implicitamente abrogata. Conseguenza di ciò era un trattamento differente del soggetto portatore di un’infermità psichica tale da escludere o attenuare la capacità di intendere e volere al momento del fatto, il quale, se ritenuto pericoloso socialmente, può essere sottoposto al trattamento riabilitativo presso le REMS; rispetto al soggetto in esecuzione di pena portatore di patologia psichica sopravvenuta, che, ove possibile, è allocato presso una delle articolazioni per la tutela della salute mentale poste all’interno del circuito penitenziario. Il Giudice a quo ha evidenziato che, pur trattandosi di categorie soggettive diverse, la condizione vissuta dai soggetti portatori di patologie psichiatriche è del tutto assimilabile, quantomeno sul piano delle prevalenti necessità terapeutiche, a quella dei non imputabili. Tuttavia, il detenuto affetto da grave infermità psichica sopravvenuta con un residuo di pena superiore ai quattro anni o in espiazione per reato ostativo non avrebbe accesso ad alcuna forma di esecuzione della pena alternativa alla detenzione in carcere, circostanza questa che motivava il dubbio di legittimità [continua..]

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Fascicolo 2 - 2020