Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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L'iniziativa probatoria del giudice nel processo penale accusatorio: la Cassazione definisce i limiti all'esercizio del "potere di completamento istruttorio" di cui all'art. 507 c.p.p. (di Irene Guerini)


La Suprema Corte censura la deriva applicativa di cui alla sentenza di merito e ribadisce i limiti insuperabili all’esercizio del potere di completamento istruttorio che l’art. 507 c.p.p. assegna al giudice. In particolare, non sarà possibile disporre d’ufficio l’acquisizione al fascicolo del dibattimento di una prova già dichiarata inutilizzabile a seguito del suo omesso deposito in sede di conclusione delle indagini preliminari.

The Judge's power to complete the investigations in the adversary criminal trial

The Supreme Court complaints the result of application of the judgment and confirms the insuperable limits that the Judge has to respect to complete the investigations, allowed by the Art. 507 C.p.p.. In particular, the Judge cannot dispose the official acquisition of evidences already declared “unusable” as a result of failed deposit at the end of the preliminary investigation.

PREMESSA: POTERE DI SELEZIONE DEGLI ATTI DA PARTE DEL PUBBLICO MINISTERO, INUTILIZZABILITÀ ED INIZIATIVA PROBATORIA D’UFFICIO DEL GIUDICE La sentenza in commento offre interessanti spunti di riflessione in ordine ai rapporti tra diritto alla prova in capo alle parti e spazi di intervento d’ufficio riservati al giudice. Si interroga la Cassazione, infatti, su quali siano i limiti dell’esercizio del potere di completamento istruttorio attribuito al giudice dall’art. 507 c.p.p., soprattutto a fronte di lacune nell’impianto accusatorio emerse all’esito dell’i­strut­toria dibattimentale, a seguito di intervenuta declaratoria di inutilizzabilità. La questione, nel caso di specie, trae origine dalla gestione delle risultanze d’indagine compiuta in conclusione della fase procedimentale. Svolta una prima prognosi sulla fondatezza dell’accusa, il pubblico ministero fa notificare alla persona sottoposta alle indagini ed al suo difensore l’avviso di cui all’art. 415-bis c.p.p. Il predetto avviso deve contenere, tra l’altro, per espressa previsione normativa, «l’avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l’indagato e il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione ed estrarne copia». Ai sensi dell’art. 130 disp. att. c.p.p., inoltre, il pubblico ministero seleziona il materiale da inserire nel fascicolo che deve essere trasmesso unitamente alla richiesta di rinvio a giudizio. Due le esigenze che devono essere contemperate: da un lato, la tutela della segretezza delle indagini che non hanno diretta attinenza con l’esercizio dell’azione penale nel caso concreto; dall’altro lato, la necessità di consentire alla difesa di confrontarsi con la documentazione di tutte le indagini svolte nei confronti del proprio assistito, per poter operare una scelta processuale consapevole [1]. I problemi maggiori si riscontrano in tutti i casi in cui (come in quello di specie), in un primo momento sia dichiarata l’inutilizzabilità di alcuni atti (pertanto esclusi dal compendio probatorio a disposizione del giudice); successivamente, in fase conclusiva dell’istruttoria, gli stessi atti siano acquisiti al fascicolo dibattimentale ex art. 507 c.p.p. [2]. Ed allora risulta fondamentale definire quali siano i confini dell’intervento giudiziale d’ufficio: non soltanto in funzione di supplenza rispetto ad eventuali carenze dell’impianto accusatorio [3]; ma anche in chiave autonoma, quale presupposto indispensabile alla pronuncia di una sentenza nel merito. IL CASO Nel caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte sono stati rinviati a giudizio, coimputati in un medesimo procedimento per reati tra loro connessi, due soggetti rispettivamente [continua..]

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