Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
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Mutamento dell'oggetto di confisca e applicabilità retroattiva dell'art. 578-bis c.p.p. (di Carlo Longari, Ricercatore in Diritto penale – Università degli studi di Roma “Tor Vergata”)


La Corte di Cassazione ha confermato l’ablazione del denaro sequestrato agli imputati a seguito della richiesta della sostituzione delle cose oggetto di sequestro preventivo con una somma di denaro di valore equivalente, ponendosi in scia con la precedente giurisprudenza a sezioni unite che qualifica come sempre diretta la confisca di tale bene. La conseguenza dell’applicazione di tale principio di diritto è stata dunque l’applicazione dell’art. 578-bis c.p.p. anche a fatti commessi prima dell’entrata in vigore della norma.

Change of object of confiscation and retroactive applicability of art. 578-bis c.p.p.

The Court of Cassation confirmed the ablation of the money seized from the defendants following the request for the substitution of the seized property with a sum of money of equivalent value, following the previous case law that qualified the confiscation of such property as always direct. The consequence of the application of this principle of law was therefore the application of Article 578-bis of the Code of Criminal Procedure also to facts committed before the entry into force of the rule.

Sulla sostituzione in denaro dell’oggetto di confisca per equivalente MASSIMA: La confisca di denaro è sempre da qualificarsi come confisca diretta, anche in caso di sostituzione delle cose oggetto di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente con una somma di denaro su richiesta dell’imputato, con la conseguenza della possibile efficacia retroattiva dell’art. 578-bis c.p.p. in caso di proscioglimento per prescrizione. PROVVEDIMENTO: [Omissis] RITENUTO IN FATTO 1. La Corte d’appello di Brescia, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’opposizione al­l’esecuzione, come riqualificata l’impugnazione proposta da M.M. e (Omissis), con ordinanza di Questa Corte in data 19/02/2021, con la quale era stata richiesta la restituzione della somma di denaro di Euro 8.371.950,57 che era stata oggetto di confisca disposta dal Tribunale di Bergamo, con sentenza del 06/03/2014, confermata dalla Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 28/03/2016, e mantenuta a seguito di sentenza annullata senza rinvio dalla Corte di cassazione per prescrizione dei reati. 2. Avverso l’ordinanza, l’avv. L. Ferrajoli, nell’interesse di M.M. e (Omissis), ha presentato ricorsi per cassazione chiedendo l’annullamento dell’ordinanza per i seguenti – comuni – motivi enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp. attu. c.p.p. 2.1. Con il primo motivo deducono la violazione dell’arti. 606 comma 1 lett. b) ed e) c.p.p. in relazione agli artt. 240 c.p., 322 ter c.p. Premettono i ricorrente che il Tribunale di Bergamo aveva disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente dei beni nella disponibilità degli imputati sino alla concorrenza della somma di Euro Euro 8.371.950,57, che il medesimo Tribunale, su richiesta degli – allora – imputati, disponeva la sostituzione dei beni oggetto di sequestro preventivo con la somma di denaro nella misura di Euro 8.371.950,57 che (Omissis) versava su conto corrente bancario intestato alla Procura di Bergamo, specificando, il Tribunale, che la confisca disposta con la sentenza del medesimo tribunale era da intendersi disposta su quella somma di denaro e, per l’effetto, revocava il vincolo cautelare sui beni immobili oggetto del sequestro preventivo a fini di confisca per equivalente. La Corte d’appello confermava la conversione del sequestro preventivo e la confisca non ostandovi l’estinzione dei reati tributari per intervenuta prescrizione in quanto il sequestro preventivo aveva colpito, per effetto della sostituzione, le disponibilità economiche in denaro di (Omissis) che aveva provveduto a versare la somma di denaro in sostituzione dei beni degli imputati. A seguito di annullamento senza rinvio della sentenza della Corte d’appello di Brescia, da parte della Corte di cassazione, i ricorrenti avevano avanzato istanza di [continua..]

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SOMMARIO:

1. Il caso concreto - 2. Lo stato dell’arte della confisca senza condanna - 3. La decisione della Suprema Corte: ancora sulla natura diretta della confisca di denaro - 4. Conclusioni - NOTE


1. Il caso concreto

La decisione in commento si segnala per l’applicazione di alcuni principi di diritto relativi alla possibilità di disporre la confisca in caso di sentenza di proscioglimento per prescrizione, ponendosi nel solco delle recenti Sezioni Unite relative alla natura diretta dell’ablazione patrimoniale del denaro [1]. In breve, i fatti: a seguito della commissione di alcuni reati tributari, gli imputati sono stati attinti dalla misura cautelare del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ex art. 12-bis d.lgs. 74/2000, con il quale sono stati affidati alla custodia giudiziale beni immobili nella loro disponibilità fino alla concorrenza di una somma pari al risparmio d’imposta. Su richiesta degli stessi imputati, il Tribunale che aveva disposto il sequestro ha provveduto alla sostituzione dei beni oggetto del vincolo con una somma di denaro versata sul conto corrente della Procura. Nelle more del procedimento, tuttavia, i reati tributari originariamente contestati agli imputati si sono estinti per prescrizione: si è quindi posta la questione circa la restituzione delle somme ablate, che intercetta un noto dibattito tra dottrina e giurisprudenza riguardo la natura della confisca di somme di denaro [2] anche in caso di sostituzione del bene originariamente oggetto della misura ablatoria, e della possibilità di mantenere il vincolo reale anche a seguito dell’estinzione del reato per prescrizione al di fuori del perimetro applicativo dell’art. 578-bis c.p.p., entrato in vigore successivamente ai fatti in esame [3].


2. Lo stato dell’arte della confisca senza condanna

Come noto, la possibilità di disporre la confisca anche in assenza di una formale sentenza di condanna è da tempo una questione controversa, sul quale si è sviluppato un ampio dibattito che ha coinvolto sia la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che la Corte costituzionale [4]. Per comprendere a pieno il principio di diritto affermato dalla sentenza in commento, conviene dunque ripercorrere brevemente le tappe di questo dibattito. Il tema è legato a doppio filo con la nozione di materia penale e la natura giuridica di questo particolare mezzo ablatorio. A partire dal celebre arresto della Corte di Strasburgo Engel c. Paesi Bassi [5], si è infatti avviato un percorso, non ancora giunto alla sua conclusione, di progressiva estensione dello statuto di garanzie penalistiche anche alle sanzioni che, pur non appartenendo formalmente al diritto penale, abbiano nondimeno natura punitiva secondo determinati criteri elencati nella sentenza citata, e che pure hanno subito un’evoluzione nel corso degli anni [6]. Anche sulla base della nozione ampia di matière pénale così come interpretata dai giudici sovranazionali, non è tuttavia semplice affermare la natura sanzionatoria della confisca. Il motivo è di facile intuizione: con lo stesso nomen iuris, si indicano in realtà istituti profondamente diversi tra loro, cui sarebbe erroneo attribuire la medesima natura giuridica. Per quel che qui interessa maggiormente, senza ripercorrere per intero le diverse confische previste dal codice penale e dalla legislazione speciale [7], ci sembra utile poter operare una summa divisio tra confisca diretta e per equivalente. La prima, come noto, è prevista dall’art. 240 c.p. e si atteggia come misura di sicurezza: ha ad oggetto le cose «che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto» – in caso di condanna e in via facoltativa – ovvero il prezzo del reato e le cose “intrinsecamente criminose” – anche in assenza di condanna e obbligatoriamente [8]. Dal 2012, è altresì obbligatoria l’ablazione dei beni e degli strumenti informatici o telematici utilizzati per la commissione di reati c.d. informatici [9]. Tale forma di confisca è volta a neutralizzare la pericolosità delle cose che, se lasciate nella disponibilità del [continua ..]


3. La decisione della Suprema Corte: ancora sulla natura diretta della confisca di denaro

La Corte di Cassazione affronta dunque la questione prospettata dal ricorrente, precisando dapprima il perimetro applicativo dell’art. 578-bis c.p.p. Dopo aver chiarito i margini per un’applicazione retroattiva della disposizione [23], richiama la precedente giurisprudenza di legittimità circa la possibilità di applicarlo anche alla confisca di cui all’art. 12-bis d.lgs. 74/2000, non espressamente menzionata dalla norma in esame. In particolare, viene ricordata quella pacifica linea interpretativa secondo la quale l’inciso “altre disposizioni legge” si riferirebbe non già unicamente alle norme che prevedono la confisca cd. per sproporzione ma, più in generale, alle diverse forme di confisca previste nelle leggi speciali [24]. Così ricostruita la portata applicativa dell’art. 578-bis c.p.p., i giudici di legittimità giungono infine a confermare la natura sempre diretta della confisca delle somme di denaro, anche quando questa è disposta a seguito di una richiesta di sostituzione della res originariamente oggetto del vincolo reale. In particolare, l’unico arresto giurisprudenziale sul punto richiamato in motivazione è la nota sentenza delle Sezioni Unite Lucci [25], passaggio chiave del filone giurisprudenziale ormai assolutamente granitico per il quale, in virtù della natura fungibile del bene, la confisca di somme di denaro è da considerarsi sempre diretta e mai per equivalente, portando a risultati non sempre soddisfacenti sul piano della tutela dei diritti fondamentali [26]. Nondimeno, allo stato non sembra davvero possibile mettere in discussione tale conclusione, pacifica nella giurisprudenza di legittimità: di recente, le Sezioni Unite sono nuovamente intervenute sul punto, affermando che la confisca di somme di denaro è sempre diretta, anche quando il soggetto cui la somma è ablata può fornire la prova positiva della provenienza lecita del denaro, così cristallizzando una vera e propria presunzione assoluta di derivazione illecita del bene [27]. Partendo da queste premesse, non sorprende dunque che i giudici di legittimità abbiano negato la natura sanzionatoria della confisca disposta nel caso in esame, confermandola anche a seguito dell’in­tervenuta prescrizione dei reati tributari contestati ai ricorrenti. Infatti, una volta affermata la natura di [continua ..]


4. Conclusioni

A onor del vero, non sembra che tale linea interpretativa debba essere salutata con favore. Ciò che consente di escludere la natura punitiva della confisca diretta è il necessario nesso di pertinenzialità tra la res e il reato: eludere l’accertamento di tale nesso richiamando la natura fungibile del denaro equivale dunque a una vera e propria “truffa delle etichette”, che applica a una misura avente carattere retributivo lo statuto di garanzie più “debole”, proprio di un istituto dalla finalità spiccatamente ripristinatoria. Il caso in esame esemplifica tale paradossale conseguenza: l’applicazione retroattiva di una norma con effetti pregiudizievoli per l’imputato, che le stesse Sezioni Unite hanno qualificato come avente carattere sostanziale [28], non è infatti giustificabile nell’attuale panorama penalistico. Per quanto dunque la confisca sia un mezzo fondamentale di contrasto soprattutto alla criminalità economica, desta perplessità la mancata applicazione delle garanzie che devono necessariamente accompagnare le misure punitive nel solo caso in cui l’ablazione abbia ad oggetto una somma di denaro. Del resto, l’indistinguibilità del denaro all’interno del patrimonio del soggetto attinto dalla confisca sembra deporre a favore, al più, di una qualificazione come confisca sempre per equivalente e mai diretta, piuttosto che il contrario [29]. Inoltre, tale interpretazione delle Sezioni Unite crea delle aporie sistematiche nell’ordinamento, individuando una nuova specie di confisca: le categorie “classiche” – diretta e per equivalente – non potrebbero cioè essere applicate alle ablazioni di somme di denaro (o comunque di beni fungibili) che si atteggerebbero sempre come “dirette” ma con la particolarità di non necessitare la prova del nesso di pertinenzialità con il reato. Anzi, prescindendo da tale nesso, sarebbe possibile disporre tale vincolo reale anche nel caso della prova positiva, fornita dall’imputato, che tale nesso non sussiste. Per di più, tale interpretazione rende sostanzialmente inutile l’art. 322-ter e le altre disposizioni simili previste dal codice penale e dalla legislazione speciale laddove l’oggetto della confisca sia il denaro: avrebbero infatti il solo effetto di rendere obbligatoria la confisca del [continua ..]


NOTE