Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Decisioni in contrasto (di Paola Corvi)


I poteri di cognizione e di decisione del giudice in sede di appello cautelare

Cass., sez. I, 18 aprile 2023, n. 16525

Con la sentenza in esame la Suprema Corte ha rimesso al vaglio delle sezioni unite la questione relativa alla utilizzabilità di elementi nuovi in sede di appello cautelare nei confronti di ordinanze in materia di misure personali. Già in passato le sezioni unite erano state chiamate a chiarire se nel procedimento conseguente all’appello proposto dal pubblico ministero contro l’ordinanza reiettiva della richiesta di misura cautelare personale fosse consentita l’acquisizione e l’utilizzazione di elementi probatori sopravvenuti all’adozione del provvedimento impugnato e addotti dalle parti. La Suprema Corte con riguardo a tale specifico caso aveva ritenuto «legittima la produzione di documentazione relativa ad elementi probatori “nuovi”, preesistenti o sopravvenuti, sempre che, nell’ambito dei confini segnati dal “devolutum”, quelli prodotti dal P.M. riguardino lo stesso fatto contestato con l’originaria richiesta cautelare e in ordine ad essi sia assicurato nel procedimento camerale il contraddittorio delle parti, anche mediante la concessione di un congruo termine a difesa, e quelli prodotti dall’indagato, acquisiti anche all’esito di investigazioni difensive, siano idonei a contrastare i motivi di gravame del P.M. ovvero a dimostrare che non sussistono le condizioni e i presupposti di applicabilità della misura cautelare richiesta» (Cass., sez. un., 20 aprile 2004, n. 18339).

Con riguardo alla diversa ipotesi in cui l’appello sia stato presentato nei confronti dell’ordinanza di rigetto della istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare, permangono due contrapposti orientamenti giurisprudenziali. Secondo un primo indirizzo, l’effetto devolutivo dell’impugnazione vincola il tribunale del riesame che non ha poteri istruttori ed è sottoposto a limiti temporali per l’emissione del provvedimento di controllo: conseguentemente la prospettazione di una situazione di fatto nuova, ritenuta più favorevole all’appellante, deve essere oggetto di una nuova e ulteriormente documentata richiesta al giudice procedente e, in caso di diniego, di impugnazione mediante appello cautelare (Cass., sez. III, 12 aprile 2023, n. 15256; Cass., sez. I, 25 luglio 2022, n. 29640; Cass., sez. II, 18 febbraio 2020, n. 6400). Tale soluzione interpretativa non si porrebbe in contrasto, ma anzi si conformerebbe a quanto affermato nella sentenza delle sezioni unite del 2004 che, secondo questo filone giurisprudenziale, tiene distinto il regime del­l’appello cautelare avverso l’ordinanza reiettiva di una richiesta di applicazione della misura, da quello applicabile nella evoluzione della vicenda cautelare – scandita dall’applicazione della misura, dal rigetto dell’istanza di revoca e dal conseguente appello –, riconoscendo solo nel primo caso la possibilità di produrre e utilizzare elementi nuovi, ampliando il devolutum. Un contrapposto orientamento riconosce invece al giudice dell’appello de libertate tutti i poteri ab origine rientranti nella competenza funzionale del primo giudice, ivi compreso quello di decidere su elementi diversi e nuovi rispetto a quelli utilizzati dall’ordinanza impugnata – pur nell’ambito dei motivi prospettati e nel rispetto del principio devolutivo –, riconoscendo la possibilità di applicare in via analogica la disciplina di cui all’art. 603 c.p.p. In tal senso depone la sentenza delle sezioni unite che, secondo questo indirizzo, non ha affrontato solo lo specifico problema dell’appello del pubblico ministero avverso i provvedimenti di rigetto di applicazione di una misura cautelare, ma quello più generale relativo alla possibilità che nel procedimento di appello contro le ordinanze in materia di misure cautelari personali sia o meno consentita l’acquisizione e l’utilizzazione degli elementi probatori sopravvenuti all’adozione del provvedimento impugnato e addotti dalle parti. Peraltro, tale soluzione garantirebbe anche l’efficienza e la coerenza del sistema, pregiudicate da quelle decisioni che, senza alcuna valida ragione, costringono all’apertura di un nuovo sub procedimento: sembra infatti del tutto inutile che, nella ipotesi di ulteriori prove sopravvenute, l’indagato debba proporre una nuova istanza di revoca del [continua..]

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