Il sistema di giustizia riparativa delineato nel Titolo IV del d.lgs. n. 150/2022 potrà concretamente operare e dispiegare i suoi effetti nel procedimento penale e nella fase dell’esecuzione della pena solo dopo che si sarà provveduto alla costituzione dell’articolata rete di organismi e strutture prefigurata nello stesso provvedimento di riforma (id est, la «Conferenza nazionale per la giustizia riparativa», le «Conferenze locali per la giustizia riparativa» e i «Centri per la giustizia riparativa») e sarà stato istituito, presso il Ministero della giustizia, l'«elenco» contenente i nominativi dei «mediatori esperti in programmi di giustizia riparativa». Di qui la necessità di differire di sei mesi, sino al 30 giugno 2023, l'entrata in vigore delle disposizioni di raccordo tra il sistema penale e il neocostituito sistema di restorative justice.
The restorative justice system regulated in Title IV of Legislative Decree No. 150/2021 will be able to operate concretely in the criminal proceeding and during the execution of the sentence only after the establishment of the comprehensive network of organisations and structures prefigured in the same Cartabia Reform (i.e., «National Conference for restorative justice», «Local conferences for restorative justice» and «Centers for restorative justice»), and the «list» containing the names of «mediators expert in restorative justice programmes» will be established at the Ministry of Justice. It was therefore considered appropriate to postpone the entry into force of the reform of the provisions linking the criminal justice system and the newly established system of restorative justice by six months until 30 June 2023.
1. La ragion d’essere del differimento al 30 giugno 2023 della vigenza di alcune disposizioni del d.lgs. n. 150/2022 in tema di giustizia riparativa - 2. Le “infrastrutture” del sistema di giustizia riparativa previste dal decreto delegato - 3. La disciplina transitoria espressa negli artt. 92 e 93 d.lgs. n. 150/2022 - 4. I passaggi essenziali ed obbligati perché il neonato sistema di giustizia riparativa possa decollare - 5. Rilievi conclusivi - NOTE
L’entrata in vigore, il 30 dicembre 2022, della c.d. riforma Cartabia (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, di attuazione della l. 27 settembre 2021, n. 134) [1] non è valsa a rendere immediatamente operativa la disciplina organica della giustizia riparativa racchiusa nel titolo IV (artt. 42-67) del decreto delegato.
E non già perché il nuovo comma 2-bis dell’art. 92 d.lgs. n. 150/2022 – aggiunto dall’art. 5-novies d.l. n. 162/2022, conv., con modif., dalla l. n. 199/2022 – ha congelato, per un periodo di sei mesi dalla data di entrata in vigore della riforma, tutte le disposizioni di raccordo tra il sistema penale e il neocostituito sistema di giustizia riparativa innestate dal decreto delegato nel tessuto del codice penale, del codice di procedura penale e connessa normativa di attuazione, del d.lgs. n. 274/2000 (sulla competenza penale del giudice di pace), della l. n. 354/1975 (sull’ordinamento penitenziario), del d.p.r. n. 448/1988 (sul processo penale a carico di minori) e del d.lgs. n. 121/2018 (sull’esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni) [2].
Semmai è il contrario, nel senso che alla base della decisione di differire al 30 giugno 2023 l’applicabilità di alcune disposizioni in materia di giustizia riparativa – disseminate nei testi normativi appena ricordati – v’è la presa d’atto, da parte del legislatore, che la disciplina dettata negli artt. 42-67 del d.lgs. n. 150/2022, sebbene formalmente in vigore, potrà entrare a regime e dispiegare i suoi effetti nel processo di cognizione e nella fase esecutiva della pena solo dopo che si sarà provveduto alla costituzione dell’articolata rete di organismi e strutture prefigurata nello stesso provvedimento di riforma, indispensabile per il concreto funzionamento dei servizi di giustizia riparativa.
n effetti, la erogazione di programmi di giustizia riparativa presuppone la realizzazione delle seguenti «infrastrutture» organiche e giuridiche:
a) la «Conferenza nazionale per la giustizia riparativa», attraverso cui il Ministero della giustizia dovrà provvedere al coordinamento nazionale dei servizi per la giustizia riparativa, esercitando le funzioni di programmazione delle risorse, di proposta dei livelli essenziali delle prestazioni e di monitoraggio dei servizi erogati (art. 61 d.lgs. n. 150/2022) [3];
b) le «Conferenze locali per la giustizia riparativa» (una per ciascun distretto di corte di appello) [4], cui spetterà individuare, nell’ambito territoriale di competenza, previa ricognizione delle esperienze di giustizia riparativa in atto, uno o più enti locali cui affidare – mediante stipula di protocolli d’intesa – l’istituzione e la gestione dei Centri per la giustizia riparativa (art. 63 d.lgs. n. 150/2022) [5];
c) i «Centri per la giustizia riparativa», ossia – secondo la definizione offerta dall’art. 42, comma 1, lett. g), d.lgs. n. 150/2022 – le struttura pubbliche cui competeranno le attività necessarie all’organizzazione, gestione, erogazione e svolgimento dei programmi di giustizia riparativa (artt. 63 e 64 d.lgs. n. 150/2022).
Presupposto indefettibile per la concreta messa in opera del sistema di restorative justice delineato dalla riforma Cartabia è altresì la istituzione, presso il Ministero della giustizia, dell’«elenco» contenente i nominativi dei «mediatori esperti in programmi di giustizia riparativa» (art. 60 d.lgs. n. 150/2022); figure professionali, queste, costituenti il braccio operativo del sistema de quo, giacché è ai mediatori che spetterà – in forza di designazione disposta, di volta in volta, dal Centro per la giustizia riparativa territorialmente competente – «guidare», «con imparzialità, indipendenza, sensibilità ed equiprossimità», in conformità ai principi europei e internazionali in materia di giustizia riparativa e nel rispetto delle garanzie previste dal d.lgs. n. 150/2022, la mediazione autore-vittima o altro programma dialogico svolto nell’interesse della vittima del reato e della persona indicata come autore dell’offesa (artt. 53 e 59 d.lgs. n. 150/2022). Orbene, la delicatezza del ruolo di mediatore, così come delineato, ha indotto a prevedere ch’esso possa essere ricoperto solo da chi, già in possesso di un diploma di laurea, abbia acquisito la qualifica di «mediatore esperto in programmi di giustizia riparativa» (superando una prova teorico-pratica all’esito di un apposito corso di formazione organizzato e gestito dai Centri per la giustizia riparativa con la collaborazione delle Università) [6] ed abbia ottenuto l’iscrizione all’anzidetto elenco ministeriale [7]. E tuttavia, sia la istituzione dell’elenco dei mediatori sia la definizione delle forme e dei tempi della formazione pratica e teorica nonché le modalità delle prove di accesso alla stessa e della prova finale al cui superamento è subordinato – in uno all’accreditamento presso il Ministero della giustizia – l’esercizio dell’attività di mediatore sono stati rimessi, dal legislatore delegato, a successivi decreti interministeriali, da adottarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore della riforma, dunque entro il prossimo 30 giugno (artt. 59, comma 10, e 60, comma 2, d.lgs. n. 150/2022).
Vero è che, negli artt. 92 e 93 d.lgs. n. 150/2022, è stata dettata un’apposita «disciplina transitoria» al fine di assicurare, nelle more della messa a sistema della giustizia riparativa in materia penale, il reperimento di mediatori, valorizzando il patrimonio di esperienza già esistente nel territorio nazionale [8] sviluppatosi in conformità agli standard internazionali ed europei e perciò allineato, in larga parte, alla disciplina organica della giustizia riparativa contenuta nel decreto attuativo della l. n. 134/2021 [9].
Precisamente, si è disposto, all’art. 92 d.lgs. n. 150/2022, che, entro il 30 giugno 2022, ciascuna Conferenza locale per la giustizia riparativa debba:
a) provvedere ad una “mappatura” dei soggetti pubblici e dei soggetti privati che, ancor prima dell’entrata in vigore della riforma Cartabia, erogavano servizi di giustizia riparativa in materia penale, in forza di convenzione con il Ministero della giustizia o di protocolli di intesa con gli uffici giudiziari o altri soggetti pubblici;
b) valutare l’esperienza maturata da ciascun servizio almeno nell’ultimo quinquennio nonché il profilo dei mediatori in servizio al 30 dicembre 2022;
c) verificare che le prestazioni erogate e i requisiti posseduti dagli operatori siano coerenti con quanto disposto dagli artt. 42, 64 e 93 d.lgs. n. 150/2022;
d) redigere, una volta conclusa la delibazione della qualità dei servizi esistenti, un “elenco” da cui possano attingere gli enti locali per la prima apertura dei centri per la giustizia riparativa.
A sua volta, l’art. 93 d.lgs. n. 150/2022 ha disposto che, in attesa del decreto interministeriale previsto dall’art. 60, comma 2 (con il quale saranno definiti snodi cruciali del sistema di accesso alla professione di mediatore, tra cui la data a decorrere dalla quale la partecipazione all’attività di formazione di cui all’art. 59, assicurata dai Centri per la giustizia riparativa e dalle Università, costituirà «requisito obbligatorio per l’esercizio dell’attività di mediatore esperto»), potranno ottenere l’inserimento nell’«elenco dei mediatori esperti» di cui all’art. 60 – seppur secondo modalità da stabilirsi a mezzo di un successivo decreto del Ministro della giustizia, adottato di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca (comma 3) – le seguenti categorie di soggetti:
1) coloro che, alla data di entrata in vigore del decreto attuativo della delega (vale a dire, al 30 dicembre 2022), abbiano «completato una formazione alla giustizia riparativa» e siano «in possesso di una esperienza almeno quinquennale, anche a titolo volontario e gratuito, acquisita nel decennio precedente presso soggetti specializzati che erogano servizi di giustizia riparativa, pubblici o privati, convenzionati con il Ministero della giustizia ovvero che operano in virtù di protocolli di intesa con gli uffici giudiziari o altri enti pubblici» (comma 1, lett. a). Per costoro sarà sufficiente, ai fini dell’inserimento nell’elenco dei mediatori, presentare idonea documentazione comprovante il possesso degli anzidetti requisiti (comma 2);
2) coloro che, al 30 dicembre 2022, abbiano «completato una formazione teorica e pratica, seguita da tirocinio, nell’ambito della giustizia riparativa in materia penale, equivalente o superiore a quella prevista dal presente decreto» (comma 1, lett. b). Per costoro, però, la pregressa partecipazione a corsi strutturati in termini uguali o superiori – per durata, materie, combinazione di attività teoriche, pratiche e tirocinio – alla formazione prevista dall’art. 59 del decreto legislativo costituisce condizione necessaria ma non sufficiente per l’iscrizione nell’elenco dei mediatori, dovendo essi affrontare (e superare) altresì una «prova pratica valutativa», le cui modalità di svolgimento saranno regolamentate da un futuro decreto del Ministro della giustizia, adottato di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca, che dovrà stabilire anche i criteri di valutazione della prova nonché l’onere finanziario ricadente sui partecipanti (commi 2 e 3);
3) i funzionari e i dipendenti del Ministero della giustizia in servizio, al 30 dicembre 2022, «presso i servizi minorili della giustizia o presso gli uffici di esecuzione penale esterna», sempre che, a quella data, abbiano «completato una adeguata formazione alla giustizia riparativa» e, nel decennio precedente, abbiano acquisito «adeguata esperienza almeno quinquennale» in materia di giustizia riparativa (comma 1, lett. c) [10]. Anche per costoro, analogamente a quanto disposto per i soggetti sub n. 1), sarà sufficiente, ai fini della iscrizione nell’elenco, allegare alla domanda idonea documentazione attestante il possesso dei requisiti.
Orbene, appare chiaro come la concreta operatività tanto della disciplina organica della giustizia riparativa espressa nel titolo IV del d.lgs. n. 150/2022 (già formalmente vigente) quanto del regime transitorio appena descritto – compendiato negli artt. 92, commi 1 e 2, e 93 d.lgs. n. 150/2022 – sia soggetta alla condizione della futura creazione ed attivazione delle nuove entità giuridiche contemplate dal d.lgs. n. 150/2022, quali “opere complementari” necessarie al funzionamento dei servizi di giustizia riparativa.
Finché, infatti, non saranno istituite le Conferenze – nazionale e locali, rispettivamente – per la giustizia riparativa, non vi saranno “centri per la giustizia riparativa” cui inviare, per l’avvio di un programma di giustizia riparativa, in pendenza dell’accertamento penale, l’imputato e la vittima del reato (art. 129-bis c.p.p.) o, in executivis, un condannato o internato adulto (art. 15-bis l. n. 354/1975) o un condannato minorenne (art. 1-bis d.lgs. n. 121/2018) [11].
Né potrà operare la disciplina transitoria dettata dal legislatore delegato per i “Servizi esistenti” (art. 92 d.lgs. n. 150/2022), posto che il censimento valutativo dei servizi di giustizia riparativa in materia penale erogati, anteriormente all’entrata in vigore della riforma, da soggetti pubblici o privati specializzati è incombenza della Conferenza locale per la giustizia riparativa, cui spetta altresì redigere l’elenco di strutture, per così dire “verificate”, per le future determinazioni degli enti locali deputati ad ospitare i Centri per la giustizia riparativa.
La stessa disposizione transitoria di cui all’art. 93 d.lgs. n. 150/2022, relativa all’iscrizione di diritto nell’elenco dei mediatori esperti dei soggetti in possesso di determinati requisiti alla data di entrata in vigore della riforma, richiede, a sua volta, future disposizioni attuative di rango secondario. Intanto, occorrerà istituire, presso il Ministero della giustizia, l’elenco de quo: fin quando l’elenco dei mediatori esperti non verrà ad esistenza, nessuna iscrizione in deroga (al regime stabilito nell’art. 59) sarà possibile. E, come si è visto, l’incombenza della istituzione dell’elenco in questione è stata assegnata, dall’art. 60, comma 2, ad un decreto interministeriale da adottarsi entro il 30 giugno 2022; fonte normativa secondaria che, tra le altre cose, dovrà precisare altresì i criteri per la valutazione delle esperienze e delle competenze ai fini dell’attribuzione, al mediatore esperto, anche della qualifica di “formatore”, ossia di soggetto legittimato ad impartire “formazione pratica” presso i Centri per la giustizia riparativa.
Peraltro, secondo il disposto del comma 3 dell’art. 93 d.lgs. n. 150/2022, il Ministero della giustizia, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca, dovrà regolamentare, con un distinto decreto, sia «le modalità di svolgimento e valutazione della prova di cui al comma 2», sia le modalità di «inserimento nell’elenco di cui ai commi 1 e 2». E, per questo adempimento, non è stabilito un termine, neppure ordinatorio.
Vi sono, dunque, dei passaggi necessari da compiere, sul piano tecnico-organizzativo ma anche più prettamente politico-amministrativo, da parte del Governo, delle Regioni e delle autonomie locali interessate, perché il complesso ed articolato sistema di giustizia riparativa congegnato dalla riforma Cartabia possa cominciare a funzionare.
Prioritaria appare la costituzione delle Conferenze locali per la giustizia riparativa, senza le quali, come si è innanzi rimarcato, non potranno essere create le strutture pubbliche – id est, Centri per la giustizia riparativa – deputate alla gestione dei casi inviati dall’autorità giudiziaria penale per l’avvio e lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa; né, durante la vigenza del regime transitorio stabilito dall’art. 92 d.lgs. n. 150/2022, potrà essere formato l’«elenco» delle strutture “verificate” dal quale poter attingere per la prima apertura dei Centri, ai sensi del comma 2 dell’art. 92 cit.
Una volta costituite, le Conferenze locali potranno attivarsi per individuare, nell’ambito del territorio del distretto giudiziario di corte d’appello cui afferiscono, previa consultazione dei vertici apicali distrettuali della magistratura ordinaria – giudicante e requirente – e dell’avvocatura nonché degli esperti chiamati a partecipare, con funzioni di consulenza tecnico-scientifica, alla Conferenza nazionale per la giustizia riparativa, uno o più enti locali cui affidare l’istituzione e la gestione dei Centri per la giustizia riparativa. Individuazione niente affatto semplice, dovendosi tenere conto, secondo quanto dispone l’art. 63, comma 5, d.lgs. n. 150/2022, delle esperienze di giustizia riparativa in atto; delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili; del fabbisogno di servizi sul territorio; della necessità che l’insieme dei Centri assicuri per tutto il distretto, su base territoriale o funzionale, l’offerta dell’intera gamma dei programmi di giustizia riparativa, e che ciascun Centro assicuri, nello svolgimento dei servizi, i livelli essenziali delle prestazioni come stabiliti, mediante intesa assunta nella Conferenza unificata di cui all’art. 8 d.lgs. n. 281/1997, in conformità ai principi e alle garanzie stabiliti dal d.lgs. n. 150/2022, nel limite delle disponibilità del «Fondo per il finanziamento di interventi in materia di giustizia riparativa» istituito presso il Ministero della giustizia.
Una volta individuate le amministrazioni che ospiteranno i Centri per la giustizia riparativa, potrà procedersi alla stipula, con le stesse, di «protocolli d’intesa» per la creazione e per la gestione delle strutture e dei relativi servizi; attività cui le amministrazioni interessate provvederanno «con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica» (art. 63, comma 6). In sostanza, giusta il disposto dell’art. 67, comma 1, si avvarranno dei trasferimenti statali disposti annualmente, nei loro confronti, pro-quota [12], nel limite delle disponibilità del «Fondo per il finanziamento di interventi in materia di giustizia riparativa» istituito nello stato di previsione del Ministero della giustizia, con una dotazione di euro 4.438.524 annui a decorrere dall’anno 2022. È data tuttavia facoltà agli enti interessati (Regioni, Province autonome, Città metropolitane, Province e Comuni) ed alla Cassa delle Ammende, nel quadro delle rispettive politiche e competenze, di «concorrere, nei limiti delle risorse disponibili nell’ambito dei propri bilanci, al finanziamento dei programmi di giustizia riparativa»: in tal caso, si è osservato, «i servizi saranno vincolati in favore dei residenti nel territorio dell’ente territoriale medesimo» [13]. Ai sensi del comma 5 dell’art. 67, per la determinazione degli importi da assegnare agli enti, fermo restando il finanziamento degli interventi necessari a garantire i livelli essenziali delle prestazioni di giustizia riparativa, si terrà conto, sulla base di criteri di proporzionalità, «dell’ammontare delle risorse proprie annualmente impiegate dagli stessi enti per il finanziamento dei programmi di giustizia riparativa, opportunamente documentati e rendicontati alla Conferenza nazionale».
Allorché costituiti, i Centri per la giustizia riparativa, per poter operare ed assicurare, nello svolgimento dei servizi, i livelli essenziali e uniformi di cui all’art. 62 del decreto delegato, dovranno avvalersi – come già rimarcato – di personale in possesso della qualifica di mediatore esperto, il cui nominativo sia inserito nell’apposito elenco – composto, inizialmente, dalle tre categorie di soggetti di cui all’art. 93 d.lgs. n. 150/2022 – istituito presso il Ministero della giustizia. A tal uopo, potranno impiegare mediatori esperti dell’ente di riferimento o reperirne altri mediante la stipula di contratti di appalto ai sensi degli artt. 140 ss. d.lgs. n. 50/2016 o la sottoscrizione con enti del terzo settore, individuati mediante procedura selettiva, di una convenzione ai sensi degli artt. 55 e 56 d.lgs. n. 117/2017 (art. 64 d.lgs. n. 150/2022) [14].
Peraltro, una volta terminata la fase di vigenza della disciplina transitoria espressa nell’art. 93 d.lgs. n. 150/2022, i Centri per la giustizia riparativa, oltre svolgere tutte le attività necessarie all’organizzazione, gestione, erogazione e svolgimento dei programmi di giustizia riparativa, dovranno farsi carico, con la collaborazione delle università, anche della formazione «iniziale» e «continua» dei mediatori [15].
In definitiva, perché l’innovativo istituto della giustizia riparativa possa concretamente cominciare ad operare, dischiudendo la porta ad inediti profili di interazione, se non di dialogo, nell’ambito del processo penale e/o della fase esecutiva della pena, tra l’autore e la vittima del reato, è indispensabile, innanzitutto, realizzare l’assetto istituzionale ed organizzativo prefigurato dal decreto delegato, attuando altresì l’articolata disciplina relativa alla formazione dei mediatori stabilita dall’art. 59 d.lgs. n. 150/2022.
Fatto ciò, create e messe in opera cioè le “infrastrutture” relative ai servizi di mediazione penale, il buon esito della riforma dipenderà da quanto risulterà effettivamente “attrattivo”, per i protagonisti (attivo e passivo) dell’accadimento delittuoso, l’accesso a programmi di giustizia riparativa. Attrattività niente affatto scontata, soprattutto per l’indagato/imputato nell’ambito del procedimento penale: fase, questa, indubbiamente, meno adatta, rispetto alla fase post rem iudicatam, ad accogliere percorsi di restorative justice, i quali, non implicando – diversamente dalla richiesta di messa alla prova o di patteggiamento – la rinuncia all’iter processuale ordinario, potrebbero entrare in aperta collisione con il principio di cui all’art. 27, comma 2, Cost. [16]. A tacere, peraltro, dei modesti vantaggi prefigurati dal d.lgs. n. 150/2022 per l’imputato che accetti di partecipare ad un programma di giustizia riparativa impegnandosi, all’esito dello stesso, a riparare “simbolicamente” o “materialmente” il danno correlato al reato [17].
Ad ogni modo, la realizzazione degli obiettivi in tema di giustizia riparativa come definiti dalla riforma Cartabia non può essere immaginata senza una convinta metabolizzazione del paradigma riparativo da parte di tutti i soggetti potenzialmente interessati alla ricomposizione della frattura – generata dal reato – tra autore, vittima e società civile.
E se è vero, come non pare dubitabile, che la giustizia riparativa si caratterizza per la cura che riserva alla dimensione dei legami e delle relazioni umane all’interno del corpo sociale [18]; e che questo innovativo modello di giustizia, affrancato dallo schema della corrispettività tra reato e pena [19], per un verso, «reclama una nuova centralità della vittima» [20] come persona portatrice di istanze di riconoscimento identitario, di ricostituzione della propria dignità e del proprio capitale sociale [21], per altro verso, punta a coinvolgere, nella ricerca di soluzioni ai problemi nascenti dal reato, l’intero corpo sociale [22], deve convenirsi sulla necessità che le nostre istituzioni promuovano la maturazione e la diffusione, nella società civile e, a fortiori, tra gli operatori della giustizia (giudici, pubblici ministeri, avvocati, organi di polizia, personale giudiziario, servizi di assistenza alle vittime, ecc.), di una “cultura” della conciliazione e della riparazione, che porti a concepire la giustizia penale come strumento non già (o non solo) diretto alla restaurazione dell’ordine giuridico violato, ma come strumento umano e solidale che “ripara” fratture interpersonali, che ritesse relazioni e risana ferite piuttosto che ripianare torti con sanzioni equivalenti [23].
Senza questa svolta culturale, il progettato ingresso del paradigma riparativo nella piattaforma conoscitiva sulla base della quale il giudice esercita la propria discrezionalità con riguardo ad una pluralità di istituti penalistici potrebbe non vedere mai la luce.
E da ciò che accadrà nei mesi a venire, allorché sarà cessata la vigenza della disciplina transitoria fissata dal legislatore delegato, si capirà se ancora v’è, nel nostro Paese, la volontà politica di innestare saldamente nel sistema penale il rivoluzionario capitolo della giustizia riparativa, che – a giudizio di molti – rappresenta la vera novità e il tratto davvero caratterizzante – anche in senso ideologico – della riforma Cartabia.
[1] Originariamente prevista per il 1° novembre 2022, dopo il decorso dell’ordinario termine di 15 giorni di vacatio legis, l’entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022 è stata posticipata al 30 dicembre 2022 dall’art. 99-bis d.lgs. n. 150/2022, introdotto dall’art. 6, comma 1, d.l. 31 dicembre 2022 n. 162, conv., con modif., dalla l. 30 dicembre 2022, n. 199.
[2] Per lo più, si tratta di disposizioni, di carattere processuale, attinenti all’obbligo informativo che grava sull’autorità pubblica in ordine alla facoltà, per l’autore di reato e la vittima, di accedere ai programmi di giustizia riparativa [v. artt. 5, comma 1, lett. e), n. 5), e lett. f); 13, comma 1, lett. a); 18, comma 1, lett. c), n. 2); 19, comma 1, lett. a), n. 1); 22, comma 1, lett. e), n. 3), lett. f) e lett. l), n. 2); 23, comma 1, lett. a), n. 2), e lett. n), n. 1); 25, comma 1, lett. d); 28, comma 1, lett. b), n. 1), lett. c); 29, comma 1, lett. a), n. 4); 32, comma 1, lett. b), n. 1), lett. d); 38, comma 1, lett. a), n. 2), e lett. c)]; o al potere, attribuito all’autorità giudiziaria, di disporre, anche d’ufficio, l’invio del caso al Centro per la giustizia riparativa di riferimento, per l’avvio di un programma di giustizia riparativa [v. artt. 7, comma 1, lett. c) e 78, comma 1, lett. b)]. Altre riguardano la valutabilità in executivis, da parte del giudice di sorveglianza, per le determinazioni da assumere nei confronti di condannati e internati, dello svolgimento del programma e dell’eventuale esito riparativo [v. art. 78, comma 1, lett. b), e lett. c), n. 2)]. Il differimento di sei mesi, sino al 30 giugno 2023, ha interessato altresì le disposizioni che riconnettono alla partecipazione al programma di giustizia riparativa con esito riparativo specifiche conseguenze sul piano del trattamento sanzionatorio [v. art. 1, comma 1, lett. b)] o con riguardo alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena [v. art. 1, comma 1, lett. l)] o, ancora, in termini di remissione tacita di querela [v. art. 1, comma 1, lett. h), n. 2)]. Il rinvio dell’entrata in vigore ha riguardato, inoltre, le disposizioni che fissano le regole per la individuazione del giudice competente in materia di accesso alla giustizia riparativa [v. art. 41, comma 1, lett. c)] o che prevedono la possibilità, per il giudice di pace, di avvalersi dei Centri per la giustizia riparativa presenti sul territorio nel caso in cui promuova la conciliazione tra le parti, per i reati perseguibili a querela [v. art. 72, comma 1, lett. a)] o, infine, che conformano la disciplina del processo penale minorile [v. art. 83, comma 1] e del sistema penitenziario minorile [v. art. 84, comma 1] a quella in materia di giustizia riparativa introdotta con la riforma Cartabia. Per un’efficace quadro riassuntivo delle disposizioni la cui vigenza è stata congelata fino al 30 giugno 2023, indicate nel comma 2-bis dell’art. 92 cit., cfr. F. Fiorentin, In avanti verso la giustizia riparativa: al 30 giugno via libera sulle regole, in Guida dir., 2023, 2, p. 34 s. e p. 92 s.
[3] Secondo quanto stabilito nell’art. 61 cit., la Conferenza nazionale per la giustizia riparativa, allorché sarà istituita, dovrà essere convocata annualmente dal Ministro della giustizia (o da un suo delegato), che ne assumerà la presidenza, e si svolgerà – in un’ottica di contenimento delle spese – mediante videoconferenza. Onde garantire il raccordo con le Regioni e le realtà locali, ai lavori della Conferenza nazionale prenderanno parte (senza che ciò comporti la corresponsione di compensi, gettoni, emolumenti, indennità o rimborsi di spese di qualunque natura o comunque denominati) un rappresentante per ogni Regione o Provincia autonoma nonché un sindaco o un suo delegato per ciascuna Regione o Provincia autonoma, designato dall’A.N.C.I. Comporranno l’organismo de quo – sempre a titolo gratuito – anche un rappresentante della Cassa delle ammende e sei esperti con funzioni di consulenza tecnico-scientifica, nominati con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca, tra personalità di riconosciuta competenza ed esperienza nell’ambito della giustizia riparativa, tenuto conto della necessità di assicurare una equilibrata rappresentanza di mediatori esperti e di docenti universitari. L’incarico di esperto, di durata biennale, potrà essere rinnovato per un ulteriore biennio. La Conferenza dovrà redigere annualmente una relazione sullo stato della giustizia riparativa in Italia, che verrà presentata al Parlamento dal Ministro della giustizia.
[4] Non dissimilmente dalla Conferenza nazionale, quelle locali, allorché istituite, dovranno essere convocate dal Ministro della giustizia o da un suo delegato, con cadenza almeno annuale e si svolgeranno mediante videoconferenza. Alle stesse prenderanno parte, attraverso propri rappresentanti, il Ministero della giustizia (cui spetterà coordinare i lavori); le Regioni o le Province autonome sul territorio delle quali si estende il distretto della Corte di appello; le Province o le Città metropolitane sul territorio delle quali si estende il distretto della Corte di appello; i Comuni, sedi di uffici giudiziari, compresi nel distretto di Corte di appello; ogni altro Comune, compreso nel distretto di Corte di appello, presso il quale sono in atto esperienze di giustizia riparativa.
[5] Si legge nella Relazione illustrativa al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in G.U. del 19 ottobre 2022, n. 245, suppl. straord. n. 5, p. 563, che «l’estrema varietà delle esperienze esistenti di giustizia riparativa, ora in capo ai comuni, ora in capo a province, ora promosse mediante leggi regionali» ha sconsigliato di «individuare direttamente, tramite il decreto legislativo, gli enti locali preposti alla istituzione dei centri», inducendo ad «affidare ad un organo ad hoc – la Conferenza locale per la giustizia riparativa – il compito di provvedere in tal senso».
[6] Cfr. l’art. 59 d.lgs. n. 150/2022, che reca indicazioni minimali riguardo la formazione «teorica» (diretta a fornire conoscenze su principi, teorie e metodi della giustizia riparativa, nonché nozioni basilari di diritto penale, diritto processuale penale, diritto penitenziario, diritto minorile, criminologia, vittimologia e ulteriori materie correlate) e «pratica» (mirante a sviluppare capacità di ascolto e di relazione e a fornire competenze e abilità necessarie alla gestione degli effetti negativi dei conflitti, con specifica attenzione alle vittime, ai minorenni e alle altre persone vulnerabili) che il mediatore dovrà ricevere “inizialmente” (almeno duecentoquaranta ore, di cui un terzo dedicato alla formazione teorica e due terzi a quella pratica, seguite da almeno cento ore di tirocinio presso uno dei Centri per la giustizia riparativa) e “in via continuativa” (non meno di trenta ore annuali, dedicate all’aggiornamento teorico e pratico, nonché allo scambio di prassi nazionali, europee e internazionali).
[7] Cfr. l’art. 64 d.lgs. n. 150/2022, ove si afferma, perentoriamente, che i Centri per la giustizia riparativa, sia che si avvalgano di mediatori dell’ente locale di riferimento sia che incarichino mediatori messi a disposizione da enti del terzo settore, potranno designare per lo svolgimento dei programmi di giustizia riparativa solo personale in possesso della «qualifica di mediatore esperto» ed il cui nominativo sia inserito nell’«elenco di cui all’articolo 60, comma 2».
[8] È noto come nel nostro Paese, negli ultimi venticinque anni, pur in carenza di una normativa espressa, siano state avviati, in diversi luoghi del territorio nazionale, significativi percorsi di giustizia riparativa, benché prevalentemente nell’ambito della giurisdizione penale minorile e delle pratiche di diversion che quivi trovano attuazione (cfr., al riguardo, il Documento di studio e di proposta dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza “La mediazione penale e altri percorsi di giustizia riparativa nel procedimento penale minorile”, consultabile in www.garanteinfanzia.org); sperimentazioni messe in campo grazie alla «buona volontà di pochi appassionati» e affidate, quanto al loro funzionamento, all’«impegno dei volontari e del privato sociale», o alla «lungimiranza di qualche sindaco, assessore, dirigente ministeriale o presidente di tribunale» (in questi termini, C. Mazzucato, Ostacoli e «pietre di inciampo» nel cammino attuale della giustizia riparativa in Italia, in G. Mannozzi-G.A. Lodigiani, La giustizia riparativa. Ricostruire legami, ricostruire persone, Bologna, Il Mulino, 2015, p. 123; il carattere frammentario e disomogeneo delle esperienze di giustizia riparativa finora attuate nel nostro Paese è rimarcato pure da F. Brunelli, La giustizia riparativa nella fase esecutiva della pena: un ponte tra carcere e collettività, ivi, p. 189, che, tuttavia, rileva come l’Osservatorio sulla giustizia riparativa, istituito nel 2009 presso il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – in sostituzione della precedente commissione di studio “Mediazione penale e giustizia riparativa” del 2002 – «abbia permesso di definire importanti linee guida per l’applicazione di modelli uniformi ed efficaci sul territorio nazionale»). Circa gli spazi concessi dall’ordinamento giuridico italiano, anteriormente al varo della riforma Cartabia, alla declinazione del paradigma riparativo tanto nel contesto della giurisdizione penale di cognizione quanto nella fase dell’esecuzione penale, cfr., volendo, G. Daraio, Giustizia riparativa ante e post iudicatum, in P. Balducci-A. Macrillò, Esecuzione penale e ordinamento penitenziario, Milano, Giuffrè Francis Lefebvre, 2020, p. 857 ss.
[9] Così la Relazione illustrativa, cit., p. 569.
[10] Si è inteso così «valorizzare» – chiarisce la Relazione illustrativa, cit., p. 571 – «il patrimonio professionale ed esperienziale maturato negli anni in seno al Ministero della giustizia da parte di chi, pur provenendo dai ruoli degli assistenti sociali e/o degli educatori ministeriali, si è formato alla giustizia riparativa e l’ha praticata secondo gli standard internazionali ed europei a partire dalla terzietà rispetto a funzioni trattamentali, (ri)educative e/o di controllo».
[11] Conseguentemente, neppure potrà operare la sospensione – contemplata dall’art. 129-bis, comma 4, c.p.p. – del procedimento o del processo per lo svolgimento del programma di giustizia riparativa nel caso di reati perseguibili a querela soggetta a remissione. Lo stesso dicasi per l’analogo meccanismo sospensivo, riservato ai reati perseguibili a querela di competenza del giudice di pace, previsto dall’art. 29, comma 4, d.lgs. n. 274/2000, posto che l’art. 72 d.lgs. n. 150/2022 ha sostituito l’originario riferimento – ivi contenuto – ai «centri e strutture pubbliche o private presenti sul territorio» con la menzione dei «Centri per la giustizia riparativa presenti sul territorio», così confermando la voluntas legis – già emergente, peraltro, dalla disposizione definitoria di cui all’art. 42, comma 1, lett. g) d.lgs. n. 150/2022 – di «convogliare esclusivamente sui Centri l’intera “domanda di giustizia riparativa” espressa dal sistema della giustizia penale» (il rilievo è di C. Perini, Prime note sulla disciplina organica della giustizia riparativa: “infrastrutture” e raccordi di sistema, in Dir. pen. proc., 2023, p. 104).
[12] Stabilita ogni anno con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all’art. 8 d.lgs. n. 281/1997.
[13] Così F. Fiorentin, Mediatori, formazione continua assicurata da Centri specializzati. La giustizia riparativa: soggetti ed enti, in Guida dir., 2022, 22, p. 79.
[14] Al fine di assicurare la necessaria trasparenza e il livello qualitativo delle prestazioni, si dispone, nel comma 3 dell’art. 64, che, sia nei contratti di appalto sia nelle convenzioni siano obbligatoriamente indicati «le caratteristiche e le modalità di svolgimento dei programmi di giustizia riparativa, la durata, gli obblighi e le modalità di copertura assicurativa, i rapporti finanziari, le forme del controllo amministrativo dell’ente locale di riferimento, i casi di decadenza e di risoluzione per inadempimento, tra i quali il mancato rispetto dei principi e delle garanzie disciplinati nel presente decreto».
[15] Circa le ragioni per cui è opportuno che le Università siano coinvolte nella erogazione non solo della formazione teorica ma anche di quella pratica (che l’art. 59, comma 7, primo periodo, sembrerebbe riservare ai Centri), cfr. C. Perini, Prime note, cit., p. 101.
[16] Non ha dubbi, al riguardo, O. Mazza, Attenti: presunzione d’innocenza e riparazione non sono conciliabili, in www.ildubbionews, 13 marzo 2023, per il quale «nel corso del processo, la giustizia riparativa, in tutte le sue forme, è ontologicamente incompatibile con il rispetto della presunzione d’innocenza».
[17] In argomento, cfr., tra gli altri, A. Barbera, La giustizia riparativa: modifiche alla legislazione penale, in A. Bassi-C. Parodi, La riforma del sistema penale. Commento al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. Riforma Cartabia) in attuazione della legge delega 27 settembre 2021, n. 134, Milano, Giuffrè Francis Lefebvre, 2022, p. 501 ss.; F. Fiorentin, La riforma per la giustizia riparativa, ivi, p. 479 ss.; C. Iagnemma, Profili di una discrezionalità umanistica in materia di giustizia riparativa, in Dir. pen. proc., 2023, p. 106 ss.; P. Maggio, Giustizia riparativa e sistema penale nel decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150. Parte II. «disciplina organica» e aspetti di diritto processuale, in www.sistemapenale.it, 27 febbraio 2023; R. Muzzica, Il ruolo dell’autorità giudiziaria nei percorsi di giustizia riparativa, ivi, 17 febbraio 2023; R. Orlandi, Giustizia penale riparativa. Il punto di vista processuale, in Dir. pen. proc., 2023, p. 87 ss.; F. Parisi, Giustizia riparativa e sistema penale nel decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150. Parte I. «disciplina organica» e aspetti di diritto sostanziale, in www.sistemapenale.it, 27 febbraio 2023.
[18] Lo rimarca A. Da Re, Giustizia riparativa e relazionale, in ParadoXa, 4/2017, p. 81.
[19] Cfr. L. Eusebi, Giustizia riparativa e riforma del sistema sanzionatorio penale, in Dir. pen. proc., 2023, p. 81.
[20] In questi termini, G. Mannozzi, La giustizia riparativa come forma di Umanesimo della giustizia, in ParadoXa, 4/2017, p. 19.
[21] Osserva, efficacemente, V. Patané, Percorsi di giustizia riparativa nel sistema penale italiano, in M. Bargis-H. Belluta, Vittime di reato e sistema penale. La ricerca di nuovi equilibri, Torino, Giappichelli, 2017, p. 550, che «nella logica conciliativa riparare non significa, riduttivamente, controbilanciare in termini economici il danno cagionato dal reato, proprio in quanto la riparazione, all’interno di queste coordinate teoriche, ha una valenza assai più profonda e, soprattutto, uno spessore “etico” che la rende ben più complessa del mero risarcimento e che presuppone la consapevolezza, da parte del reo, della dimensione globale del danno arrecato alla vittima, nella sua componente non tanto e non solo economica, ma, soprattutto, morale, esistenziale, emotiva».
[22] Giova ricordare che nella relazione conclusiva dei lavori dei c.d. “Stati generali sulla esecuzione penale” (consultazione pubblica promossa, nel maggio 2015, nel corso della XVII legislatura, dall’allora Guardasigilli Andrea Orlando, per scandagliare, in un’ottica di riforma, le problematiche inerenti all’esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza), il «coinvolgimento della comunità nel processo di riparazione» veniva annoverato tra gli «elementi imprescindibili» perché un programma potesse essere riconosciuto come percorso di giustizia riparativa (cfr. Documento finale, p. 79, consultabile sul sito www.giustizia.it).
[23] Nella dichiarazione di Venezia dei Ministri della giustizia del Consiglio d’Europa, del 14 dicembre 2021, la giustizia riparativa viene considerata “non solo come un semplice strumento nell’ambito dell’approccio tradizionale alla giustizia penale, ma come una cultura più ampia che dovrebbe permeare il sistema di giustizia penale”.