Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Ergastolo ostativo: la risposta del legislatore alla Consulta (di Paola Corvi, Professoressa associata di Istituzioni di diritto processuale – Università Cattolica di Milano)


Il contributo analizza la riforma del regime ostativo penitenziario effettuata dal d.l. n. 162/2022, diretta a rimuovere le preclusioni assolute che impediscono ai condannati per reati di criminalità organizzata l'accesso ai benefici penitenziari, ed evidenzia le criticità delle soluzioni proposte dal legislatore

Irreducible sentence of life imprisonment: legislator's reply to the Judge of Laws

The paper analyses the reform of the ostative prison regime introduced by decree-law n. 162/2022. In ostative regime prisoners do not have access to prison benefits; this reform aims at removing penitentiary automatism also in case the prisoner is convicted of organized crime, so that they too can access the benefits. The paper highlights the critical issues in the solutions proposed by the legislator.

SOMMARIO:

1. I pregressi - 2. Il nuovo perimetro del regime ostativo - 3. Il fulcro della novella: le condizioni di accesso ai benefici penitenziari - 4. Le vicende alterne della collaborazione irrilevante, impossibile o inesigibile - 5. L’accertamento delle condizioni di accesso ai benefici - 6. Ergastolo ostativo e liberazione condizionale - 7. La disciplina transitoria - 8. Un’occasione mancata - NOTE


1. I pregressi

La disciplina dell’ostatività penitenziaria, fin dalla sua introduzione nell’ordinamento penitenziario, è stata segnata dal succedersi incessante di modifiche normative e pronunce giurisprudenziali, di cui il d.l. 31 ottobre 2022, n. 162 [1] rappresenta l’ultimo atto. Il sistema di divieti e preclusioni contenuto nell’art. 4-bis ord. penit. risale all’inizio degli anni ‘90 quando, di fronte al dilagare prepotente della criminalità organizzata, si riscontra l’inadeguatezza di una normativa, improntata al recupero sociale del detenuto comune, estesa anche ai detenuti ad altissima pericolosità e si avverte l’esigenza di differenziare l’esecuzione della pena nei confronti di tali detenuti, escludendo o limitando fortemente la concessione di misure premiali e alternative alla detenzione. Da allora, il regime differenziato delineato dall’art. 4-bis ord. penit. ha subito numerosi interventi che hanno progressivamente ampliato l’ambito di operatività dell’istituto, modificato le condizioni di accesso ai benefici, ritoccato la procedura di accertamento delle condizioni necessarie per la concessione delle misure. L’assetto normativo, risultante dalla incessante stratificazione legislativa, su cui è intervenuto il d.l. n. 162/2022, prevedeva differenti regimi di accesso ai benefici penitenziari a seconda delle diverse categorie di reati: ai condannati per i reati previsti dall’art. 4-bis, comma 1, ord. penit. – c.d. reati di prima fascia – i benefici penitenziari erano accordati solo in caso di un’utile collaborazione con la giustizia o, in caso di collaborazione oggettivamente irrilevante, impossibile o inesigibile, in presenza di elementi tali da escludere l’attualità dei collegamenti con l’organizzazione criminale: diversamente, in assenza di collaborazione con la giustizia, vigeva la presunzione assoluta di immanenza dei collegamenti, che impediva alla magistratura di sorveglianza la valutazione del percorso rieducativo intrapreso dal detenuto; con riguardo ai condannati per i reati elencati nel comma 1 ter dell’art. 4-bis ord. penit. – c.d. reati ostativi di seconda fascia – l’unica condizione richiesta per la concessione dei benefici penitenziari era, ed è tuttora, l’assenza di legami col crimine organizzato; per i condannati per i delitti di matrice [continua ..]


2. Il nuovo perimetro del regime ostativo

L’elenco dei reati ostativi ha conosciuto negli anni una continua, progressiva dilatazione, ispirata a logiche estranee a quella sottesa alla originaria previsione di un regime penitenziario differenziato per i detenuti per delitti di criminalità organizzata. Per la prima volta si assiste a un intervento di segno contrario: i delitti contro la pubblica amministrazione, inseriti nel novero dei reati ostativi di prima fascia dalla l. 9 gennaio 2019, n. 3 [6], in sede di conversione del d.l. n. 162/2022, vengono espunti dal catalogo e tornano ad essere reati comuni. La modifica incide non solo sull’accesso alle misure alternative, ma anche sull’attività esecutiva in senso stretto e sul trattamento penitenziario e, prima ancora, sulla natura della pena. Grazie a questa modifica, i condannati per i reati contro la pubblica amministrazione potranno accedere alle misure premiali e alternative alla detenzione senza le stringenti limitazioni imposte dall’art. 4-bis ord. penit.; potranno beneficiare della sospensione dell’ordine di esecuzione della pena detentiva disposta dal p.m. ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 5, assolutamente preclusa ai condannati per i reati di cui all’art. 4-bis ord. penit. dallo stesso art. 656, comma 9, lett. a), c.p.p. e, grazie al meccanismo sospensivo, in presenza dei presupposti richiesti, potranno accedere alle misure alternative dallo stato di libertà; potranno inoltre vedersi riconoscere lo stesso numero di colloqui e di conversazioni telefoniche concessi al detenuto comune, senza subire le limitazioni relative al numero dei contatti con l’esterno e la registrazione delle telefonate, imposte ai detenuti per i reati ostativi di prima fascia dagli artt. 37 e 39 reg. ord. penit.; non saranno sottoposti all’ulteriore automatismo preclusivo contemplato dall’art. 58-quater, comma 5, ord. penit., che stabilisce la preclusione o la revoca dei benefici penitenziari, eventualmente concessi, ai condannati per uno dei delitti ostativi previsti dall’art. 4-bis ord. penit. che abbiano commesso un delitto doloso punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, trovandosi in stato di libertà a seguito di evasione o durante il lavoro esterno o ancora durante la fruizione di un permesso premio o di una misura alternativa alla detenzione; potranno infine sottrarsi alla pena detentiva, mediante l’applicazione delle [continua ..]


3. Il fulcro della novella: le condizioni di accesso ai benefici penitenziari

L’articolato meccanismo preclusivo previsto dall’art. 4-bis ord. penit. consente ai condannati per uno dei reati previsti dalla norma di accedere alle misure premiali o alternative solo in presenza di determinate condizioni, che variano a seconda della tipologia di reati ostativi. La riforma non ha mutato la disciplina dettata con riguardo ai reati ostativi di seconda fascia elencati nel comma 1-ter dell’art. 4-bis ord. penit., per i quali la concessione dei benefici è subordinata all’assenza di legami con il crimine organizzato, né la disciplina dettata per i reati ostativi di terza fascia individuati nel comma 1-quater dell’art. 4-bis ord. penit., per i quali l’ammissione ai benefici è subordinata ai risultati dell’osservazione scientifica della personalità del recluso, né la disciplina dettata per i reati indicati nel comma 1-quinquies dell’art.4-bis ord. penit., per i quali è richiesta la positiva partecipazione a un programma di riabilitazione specifica. La riforma infatti riguarda esclusivamente le condizioni di accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative richieste per la concessione delle misure ai condannati per un reato ostativo di prima fascia. La prima condizione che consente ai detenuti e internati per uno dei delitti elencati nel primo comma dell’art.4-bis ord. penit. di superare il divieto di concessione dei benefici è costituita dalla collaborazione con la giustizia a norma dell’art. 58-ter ord. penit. La collaborazione piena e utile con l’autorità giudiziaria esclude infatti l’attualità dei collegamenti del detenuto con la criminalità organizzata, in conseguenza del pregiudizio che la dissociazione e il concreto apporto collaborativo hanno cagionato all’organizzazione criminale, e sortisce un duplice effetto: consente di ottenere la concessione dei benefici penitenziari e al tempo stesso non rende necessarie ai fini della concessione le più alte soglie di pena espiata, richieste dalla legge per i singoli benefici, quando siano applicati a detenuti per reati ostativi. Prima della riforma questa era l’unica chiave di accesso ai benefici penitenziari, fatta salva l’ipotesi che la collaborazione fosse oggettivamente irrilevante, impossibile o inesigibile [22]: la mancata collaborazione con la giustizia fondava infatti la presunzione assoluta [continua ..]


4. Le vicende alterne della collaborazione irrilevante, impossibile o inesigibile

La riformulazione del comma 1-bis dell’art. 4-bis ord. penit. e la previsione di un nuovo sistema di condizioni che, in mancanza di collaborazione con la giustizia, consentono di superare la presunzione relativa di pericolosità sociale del condannato non collaborante hanno determinato l’eliminazione della categoria della collaborazione impossibile, inesigibile, irrilevante. Nel previgente assetto normativo il rigore del meccanismo ostativo previsto dall’art. 4-bis ord. penit. era stato stemperato dalla rilevanza riconosciuta ad altre forme di collaborazione attenuata prestata dal condannato. In particolare il legislatore dapprima aveva consentito l’accesso ai benefici penitenziari ai detenuti condannati per delitti ostativi di prima fascia anche nel caso in cui il contributo offerto risultasse “oggettivamente irrilevante” – cioè tale da non incidere sulle conseguenze ulteriori dell’attività criminale, né sull’accertamento dei fatti di reato o sull’individuazione dei loro autori [32]; successivamente su impulso della giurisprudenza costituzionale, aveva esteso la possibilità di fruire delle misure premiali anche all’ipotesi in cui la collaborazione con l’autorità giudiziaria fosse inesigibile, a causa dell’integrale accertamento del fatto e delle responsabilità operato con sentenza irrevocabile, o fosse impossibile, a causa della limitata partecipazione al fatto criminoso, accertata nella sentenza di condanna [33]. In tale ipotesi il condannato, “non collaborante suo malgrado”, poteva accedere ai benefici penitenziari a condizione che fossero stati acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata terroristica o eversiva, sebbene in tal caso fossero maggiori le quote di pena espiata, richieste dalla legge per l’accesso ai benefici. La categoria della collaborazione impossibile o inesigibile pareva aver perso consistenza a seguito della sentenza n. 253/2019 della Corte costituzionale, in conseguenza della quale è venuta meno la presunzione assoluta di persistenza dei legami con la criminalità organizzata: la giurisprudenza di legittimità, infatti, aveva inizialmente prospettato l’abrogazione implicita delle disposizioni in tema di collaborazione impossibile o inesigibile, sostenendo che il presupposto della [continua ..]


5. L’accertamento delle condizioni di accesso ai benefici

Sul piano procedimentale la riforma mette a punto un meccanismo di accertamento delle condizioni richieste dall’art. 4-bis ord. penit. per l’accesso alle misure premiali e alternative, che risulta particolarmente complesso e non si prospetta di facile attuazione. La competenza spetta al magistrato di sorveglianza – con riguardo alla approvazione dell’assegna­zione al lavoro esterno, alla concessione del permesso premio e della liberazione anticipata – o al tribunale di sorveglianza per le rimanenti misure alternative alla detenzione. Il d.l. n. 162/2022 aveva inizialmente riservato al tribunale di sorveglianza la competenza a decidere anche in materia di ammissione al lavoro esterno e di concessione dei permessi premio ai detenuti per alcune categorie di reati ostativi [39], ma in sede di conversione del decreto tali modifiche sono state soppresse, mantenendo l’attuale ripartizione di attribuzioni tra i giudici di sorveglianza: considerate la delicatezza e la complessità della valutazione sottesa alla decisione in ordine alla concessione dei benefici penitenziari, sarebbe stato opportuno accollare la responsabilità di tale decisione ad un organo collegiale, ma questa soluzione avrebbe comportato un aggravio di lavoro per il tribunale di sorveglianza, un’ulteriore dilatazione dei tempi di decisione, già destinati a prolungarsi in considerazione dei nuovi adempimenti istruttori previsti dalla riforma e la perdita di un grado di giudizio, privando l’interessato della possibilità di presentare reclamo al tribunale di sorveglianza avverso il provvedimento emesso dal magistrato [40]: si è quindi preferito soddisfare le esigenze di snellimento e mantenere inalterato l’ambito di competenza di magistrato e tribunale di sorveglianza. Il procedimento per la concessione di benefici penitenziari quindi si svolgerà davanti a organi giudiziari diversi, seguendo modalità e forme differenti a seconda del beneficio richiesto: la decisione in caso di assegnazione al lavoro esterno, permessi premio o liberazione anticipata sarà assunta dal magistrato di sorveglianza de plano; la decisione in ordine alle altre misure alternative alla detenzione sarà riservata al tribunale di sorveglianza all’esito del procedimento di sorveglianza. In tal caso la struttura del procedimento adottato per decidere sulla concessione del beneficio richiesto non [continua ..]


6. Ergastolo ostativo e liberazione condizionale

Il meccanismo ostativo alla concessione dei benefici penitenziari previsto dall’art. 4-bis ord. penit. riguarda l’assegnazione al lavoro esterno, la concessione di permessi premio, le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI della legge penitenziaria – vale a dire affidamento in prova, detenzione domiciliare, semilibertà – fatta eccezione per la liberazione anticipata. La disciplina restrittiva si applica anche alla liberazione condizionale, pur non espressamente indicata nell’art. 4-bis ord. penit., in forza dell’esplicita previsione contenuta nell’art. 2 del d.l. 13 marzo 1991, n. 152, conv. dalla l. 12 luglio 1991, n. 203 [50]. La necessità di superare l’assetto previgente, che, come si è detto, non consentiva al condannato alla pena dell’ergastolo per uno dei reati ostativi l’accesso alla liberazione condizionale, ha richiesto un intervento mirato sull’art. 2 d.l. n. 152/1991. Tale disposizione è stata profondamente innovata dalla riforma che, da un lato, ha inteso coordinare la disciplina della concessione della liberazione condizionale con le modifiche apportate all’art. 4-bis ord. penit. in relazione alle condizioni di accesso ai benefici penitenziari e alla procedura da seguire nell’accertamento di tali condizioni e, dall’altro, ha inciso sul regime della liberazione condizionale, con riguardo alle condizioni di accesso alla misura, all’effetto estintivo e al regime della libertà vigilata. Sotto il primo profilo il legislatore, riformulando il primo comma dell’art. 2 d.l. n. 152/1991 e richiamando le disposizioni contenute nell’art. 4-bis ord. penit. relative alle condizioni necessarie per l’accesso ai benefici e al loro accertamento, ha esteso alla liberazione condizionale la nuova disciplina prevista dall’art. 4-bis ord. penit. per la concessione dei benefici al condannato non collaborante, fondata sul nuovo regime di presunzione relativa [51]. Sotto il secondo profilo il legislatore, modificando il secondo comma dell’art. 2 d.l. n. 152/1991 [52], ha introdotto per i condannati all’ergastolo per reati ostativi, che non abbiano collaborato con la giustizia [53], un regime differenziato rispetto ai condannati all’ergastolo comune innanzitutto con riguardo ai requisiti richiesti dalla legge per essere ammessi alla liberazione condizionale: infatti, [continua ..]


7. La disciplina transitoria

Le novità introdotte dalla riforma hanno reso necessaria una specifica disciplina transitoria, prevista in chiusura dall’art. 3 del d.l. n. 162/2022. Al primo comma tale norma stabilisce l’irretroattività della previsione che ha introdotto nel novero dei reati ostativi i delitti diversi da quelli previsti dal primo comma dell’art. 4-bis ord. penit., ma a questi “connessi”. Secondo un consolidato orientamento affermatosi nella giurisprudenza di legittimità, le disposizioni concernenti l’esecuzione delle pene detentive, non riguardando l’accertamento del reato e l’erogazione della pena ma solo le modalità esecutive della stessa, non hanno carattere di norme penali sostanziali e quindi, in assenza di una specifica disciplina transitoria, sono in radice sottratte al divieto di applicazione retroattiva che discende dal principio di legalità della pena di cui all’art. 25, comma 2, Cost. e sottoposte al principio tempus regit actum [61]. Tuttavia, in alcune occasioni lo stesso legislatore ha ritenuto di limitare espressamente l’applicabilità di norme incidenti sul regime di esecuzione della pena soltanto alle condanne pronunciate per fatti posteriori all’entrata in vigore delle norme stesse [62]. Il quadro di riferimento è tuttavia mutato con la pronuncia della Corte costituzionale n. 32 del 2020 [63]. All’esito di una complessiva rimeditazione della tematica, la Corte costituzionale ha ridefinito il sistema dei rapporti tra divieto di retroattività sancito dall’art. 25, comma 2, Cost. e norme sull’esecu­zione della pena: se di regola le pene detentive devono essere eseguite in base alla legge in vigore al momento della loro esecuzione, quando tale legge comporti, rispetto al quadro normativo vigente al momento del fatto, non mere modifiche delle modalità esecutive della pena, ma una trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale del condannato, l’applicazione retroattiva di tale legge risulta incompatibile con l’art. 25, comma 2, Cost: ciò accade quando al momento del fatto sia «prevista una pena suscettibile di essere eseguita “fuori” dal carcere, la quale – per effetto di una modifica normativa sopravvenuta al fatto – divenga una pena che, pur non mutando formalmente il proprio nomen iuris, va [continua ..]


8. Un’occasione mancata

Formalmente con il d.l. n. 162/2022 il legislatore raccoglie la sollecitazione della Corte costituzionale che, affermata la necessità di interventi correttivi sul sistema di preclusioni e divieti contenuto nell’art. 4-bis ord. penit., auspicava che la modifica fosse «oggetto di una più complessiva, ponderata e coordinata valutazione legislativa» [68]: per preservare il regime differenziato da un intervento demolitorio della Corte, il legislatore elimina, infatti, la previsione che preclude in modo assoluto ai detenuti per i reati ostativi di prima fascia, non collaboranti, l’accesso ai benefici penitenziari, trasformando la presunzione assoluta di pericolosità in presunzione relativa, superabile in presenza di determinate condizioni. Ciò ha consentito alla nuova normativa in materia di ergastolo ostativo di superare il vaglio del Comitato dei Ministri del Consiglio di Europa [69]. Nella sostanza la nuova disciplina si limita a recepire il monito della Corte costituzionale, ma chiaramente non intende alleggerire o ridimensionare il sistema di sbarramenti alla concessione dei benefici penitenziari. Molti sono i segnali che tradiscono l’intento del legislatore di inasprire la disciplina dell’ostatività penitenziaria, una volta apportate, obtorto collo, le modifiche necessarie a scongiurare il pericolo di una declaratoria di incostituzionalità. Certamente è apprezzabile l’eliminazione della preclusione assoluta ai benefici penitenziari, in assenza di collaborazione con la giustizia, ma il timore è che il congegno messo a punto dal legislatore non sia in grado di garantire effettivamente al detenuto per reati ostativi di prima fascia, non collaborante, la possibilità di vedere valutata in concreto la sua pericolosità, in considerazione della evoluzione della sua personalità. Il sistema di condizioni richieste dalla novella per superare la presunzione assoluta di pericolosità risulta estremamente complesso, articolato, farraginoso; l’onere di allegazione posto in capo al detenuto – che diviene onere di prova contraria, quando emergono indizi della permanenza dei legami con la criminalità organizzata – richiede all’interessato la dimostrazione dell’inesistenza non solo di avvenimenti collocati nel presente – gli attuali collegamenti con l’organizzazione criminale o con il [continua ..]


NOTE