Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte costituzionale (di Xènia Gordo Alarcón)


Il giudice decide sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno proposta dalla parte civile quando pronuncia sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto

(C. cost., sent. 12 luglio 2022, n. 173)

Con la sentenza in commento, la Consulta è stata chiamata a pronunciarsi sulla questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 111 e 117, comma 1, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6, paragrafo 1, Cedu, dell’art. 538 c.p.p., nella parte in cui non prevede che il giudice decida sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno proposta dalla parte civile quando pronuncia sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p.

In particolare, il Tribunale militare di Roma, in qualità di giudice rimettente, ha rilevato la violazione del diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24, comma 2, Cost.): la disposizione censurata impedirebbe, infatti, la decisione in ordine alla pretesa risarcitoria o restitutoria della parte civile, anche qualora questa fosse fondata e meritevole di accoglimento.

segue

Inoltre, l’art. 538 c.p.p. sarebbe in contrasto con l’art. 3 Cost. in quanto comporterebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra la fattispecie di cui all’art. 131-bis c.p. e altre analoghe rispetto alle quali, pur a fronte di una sentenza penale di proscioglimento dell’imputato, è consentita la sua condanna civile restitutoria o risarcitoria. In ultima analisi, la disposizione, ponendo a carico della parte civile l’aggravio di dover introdurre un nuovo giudizio dinanzi al giudice civile, lederebbe l’art. 111 Cost., sotto il profilo della ragionevole durata del processo. Per la stessa ragione, infine, il rimettente ha considerato violato il diritto a un processo equo garantito dall’art. 6 Cedu. La Consulta ha ritenuto le questioni rilevanti e fondate. Nel dettaglio, la Corte ha rammentato che l’istituto previsto dall’art. 131-bis c.p. trova fondamento non già nella mancanza di offensività del fatto, bensì nella logica dell’extrema ratio della sanzione penale: l’offensività permane, è soltanto la punibilità che viene meno. Invero, la sentenza che dichiara la non punibilità del fatto ex art. 131-bis c.p., pur integrando una decisione di proscioglimento, accerta che il reato è stato commesso dalla persona dichiarata non punibile ed ha efficacia di giudicato riguardo all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e alla conferma che l’imputato lo ha commesso. Ciò nonostante, la norma censurata stabilisce che il giudice decide sulla domanda «quando pronuncia sentenza di condanna» e ne deriva, pertanto, l’impossibilità per il giudice penale di conoscere della domanda formulata dalla parte civile. La mancanza di una pronuncia sulla pretesa risarcitoria o restitutoria comporta che la parte civile debba promuovere ex novo un giudizio civile, nonché soffrire il pregiudizio che, nell’immediato, le spese da essa sostenute nel processo penale restino a suo carico, non potendo il giudice penale porle a carico dell’imputato in mancanza di una formale soccombenza. Per quanto concerne la ratio dell’art. 538 c.p.p. laddove prevede la decisione del giudice soltanto in caso di condanna, la Corte ha rilevato che l’azione civile assume carattere accessorio e subordinato rispetto all’azione penale e, pertanto, il diritto alla restituzione o al risarcimento del danno ha un orizzonte limitato in sede penale. Tuttavia, la legge disciplina talune eccezioni alla citata regola – come quelle poste dagli artt. 576 e 578 c.p.p. – in cui il processo penale può concludersi con un giudicato penale assolutorio e uno civile di condanna. Pertanto, la mancata deflessione della disposizione censurata rispetto alla sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 131-bis c.p. determina il contrasto [continua..]

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Fascicolo 6 - 2022