Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Decisioni in contrasto (di Giada Bocellari)


Traduzione degli atti: obbligatoria anche quando c’è l’elezione di domicilio presso il difensore (Cass., sez. VI, 2 agosto 2021, n. 30143) La pronuncia in commento acuisce il contrasto giurisprudenziale già esistente in ordine al delicato tema della traduzione degli atti da notificare all’imputato alloglotta, nel caso di elezione di domicilio presso il difensore di fiducia. Secondo un primo orientamento (Cass., sez. V, 6 novembre 2017 n. 57740; Cass., sez. II, 16 marzo 2017 n. 31643), deve escludersi un obbligo di traduzione degli atti quando l’imputato alloglotta abbia eletto domicilio presso il difensore di fiducia, atteso che, in tal caso, nella omessa traduzione non sarebbe individuabile alcuna concreta lesione dei suoi diritti. Richiamando una pronuncia della Corte Costituzionale (C. Cost., 5 maggio 2008 n. 136), i giudici di legittimità hanno, infatti, affermato che la nomina del difensore di fiducia comporta l’insorgere di un rapporto di continua e doverosa informazione da parte del difensore verso il cliente, che dovrebbe enucleare anche un obbligo-dovere di traduzione degli atti nella diversa lingua dello stesso o, comunque, un dovere di farne comprendere il significato. Tale filone giurisprudenziale si pone in continuità con quello, più risalente e consolidato, riguardante l’imputato latitante o irreperibile (Cass., sez. II, 17 febbraio 2015, n. 12101; Cass., sez. VI, 19 giugno 2014, n. 47896; Cass., sez. VI, 11 giugno 2009, n. 28010; Cass., sez. VI; 13 novembre 2007, n. 47550): la Suprema Corte, infatti, ha più volte ribadito che le regole sulla nomina dell’interprete e sulla traduzione degli atti sono funzionali alla corretta comprensione di ciò che accade nel processo, ma la condizione è che lo straniero partecipi o intenda partecipare attivamente allo stesso e voglia valutare personalmente le strategie processuali, con la conseguenza che tali norme non possono, invece, trovare applicazione per chi si sia sottratto al processo, rendendosi latitante o irreperibile. In tutti i casi in cui, dunque, gli atti vadano notificati al difensore, si esclude la sussistenza dell’obbligo di traduzione, atteso che il destinatario della comunicazione è perfettamente in grado di comprenderne il contenuto e, eventualmente, in virtù del mandato fiduciario, di riferirlo al proprio assistito nella lingua da lui prescelta. Secondo un diverso e più condivisibile orientamento (Cass., sez. I, 23 marzo 2017, n. 23347; Cass., sez. V, 28 settembre 2016, n. 48916), cui aderisce la pronuncia in commento, l’obbligo di traduzione sussiste, invece, anche quando l’imputato alloglotta – purché non sia né irreperibile né latitante – abbia eletto domicilio presso il difensore di fiducia, atteso che quest’ultimo è deputato solo a ricevere gli atti destinati al proprio assistito ed a [continua..]

» Per l'intero contenuto effettuare il login

inizio