Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte europea dei diritti dell'uomo (di Rocco Neri)


Ingiusta detenzione, trattamenti degradanti e giusto processo (Corte e.d.u., 22 luglio 2021, Badalyan c. Azerbaijan) Il ricorso riguarda presunti maltrattamenti durante la detenzione di un cittadino armeno in violazione dell’art. 3 Cedu sul divieto di trattamenti inumani e degradanti, e la detenzione illegale in contrasto con l’art. 5 Cedu. La vicenda riguarda un armeno che, il 9 maggio 2009, in un bosco, era stato raggiunto da quattro sconosciuti azeri che, con la scusa della richiesta di una sigaretta, lo avevano attaccato, immobilizzato ed avevano, poi, proceduto a legargli le mani, conducendolo con la forza oltre il confine azero per darlo in mano alle autorità locali. Il ricorrente, completamente sano, senza problemi fisici o psicologici, era un civile senza alcun incarico militare, quindi era disarmato e non aveva attraversato il confine spontaneamente; anzi, era stato rapito in territorio armeno. Dopo l’episodio qui velocemente sintetizzato, l’uo­mo era stato sottoposto a dure torture, fisiche e mentali da parte della polizia azera, da cui era considerato un prigioniero militare; proprio per questa ragione, egli veniva regolarmente molestato con lo scopo di ottenere informazioni. L’istante non veniva informato dei motivi della propria detenzione in una lingua a lui comprensibile, non è mai stato portato davanti ad un tribunale per tutelare il suo diritto di difesa e per contestare la legittimità della sua detenzione. Durante la prigionia in Azerbaijan, le condizioni di salute del ricorrente non sono mai state registrate o documentate. Solamente il 5 novembre 2010, l’uomo era individuato dal Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) come prigioniero armeno detenuto in Azerbaijan. In seguito, egli veniva regolarmente visitato dal CICR, restando in detenzione fino al 17 marzo 2011, data nella quale veniva consegnato alle autorità armene con la mediazione dello stesso CICR nell’ambito di uno scambio di prigionieri. Passando alla situazione sanitaria del ricorrente al momento della sua liberazione, i rapporti medici forniti mostrano che egli soffriva di un disturbo delirante cronico e di paranoia reattiva ritardata e che è stato curato per ventinove giorni nel 2011. Le sue condizioni di salute mentale si sono, poi, ulteriormente deteriorate e, nel 2015, gli è stata diagnosticata una schizofrenia paranoide. L’uomo ha, così, ricevuto le prestazioni di invalidità statale a causa della sua precaria salute mentale fino al 15 dicembre 2016. La Corte riprende alcune osservazioni già svolte altrove per descrivere il contesto generale delle relazioni tra Armenia e Azerbaijan (Corte e.d.u., Grande camera, 2015 n. 40167/06, Sargsyan c. Azerbaijan, paragrafi 117 e 119), ritenendole rilevanti anche nel presente caso. All’epoca dei fatti in commento – e, pure, successivamente – non c’erano relazioni [continua..]

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