Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Prescrizione del reato, inammissibilità dell´impugnazione e reato continuato: un nodo gordiano (di Francesco Porcu)


La vexata quaestio relativa al rapporto fra la declaratoria ex art. 129 c.p.p. e le cause di inammissibilità dell’impugnazione si interseca con le problematiche sottese alla struttura oggettivamente cumulativa della sentenza e al riconoscimento del vincolo della continuazione ex art. 81, comma 2, c.p., ingenerando l’interrogativo circa la possibilità, per il giudice ad quem, di rilevare le eventuali cause di non punibilità (in senso lato) – ed in particolare l’intervenuta prescrizione – non soltanto in relazione ai capi per i quali l’impugnazione non sia affetta dalla suddetta patologia, ma altresì in ordine a tutti i capi avvinti dal medesimo disegno criminoso, benché oggetto di impugnazioni inammissibili. Il contributo, nel tentativo di offrire una risposta all’interrogativo de quo, analizza preliminarmente il travagliato percorso giurisprudenziale che ha condotto la giurisprudenza ad abbandonare la distinzione fra cause originarie e cause sopravvenute di inammissibilità dell’impugnazione, attualmente ricondotte entro una categoria unitaria ritenuta (tendenzialmente) ostativa rispetto alla declaratoria ex art. 129 c.p.p.; analizza dunque lo statuto processuale del reato continuato, soffermandosi sui singoli istituti disciplinati dal codice di rito che attribuiscono rilevanza a tale ipotesi peculiare di concorso di reati e che consentono, ove analizzati con approccio sistematico, di corroborare la conclusione secondo cui il legame ex art. 81, comma 2, c.p. non è idoneo a determinare, sotto il profilo in esame, una “contaminazione positiva” tra regiudicande autonome.

Limitation period for the alleged offence, unacceptability of any challenge and ongoing corruption: a Gordian knot

The vexata quaestio related to the link between declaratory ex art 129 c.p.p. and the issue of unacceptability of any challenge is involved with the issues underpinning with the structure objectively cumulative of the sentence and furthermore recognising the lien of the entail ex art. 81 paragraph 2, c.p., bringing up the possible question about the chance, for the judge ad quem, to evaluate the potential causes of unacceptability (at large), particularly by expiry of the statute of limitations period – not only related for the charges regarding the topic above, but for everything gripped by the same crime, because of the appeal unacceptability. The contribution, in the attempt to shed light to the de quo question, assesses preliminary in the difficult juridical path, which led the law to remove the dissimilarity between original causes, and causes incurred with the appeal unacceptability. Those are currently into a uniformed category (generally) prohibitive compared to the declaration ex art. 129 c.p.p.; analysing the procedural statute of ongoing corruption, regarding each institute regulated by Code of criminal procedure, which give attention on that unique hypothesis about participation of any offence. Furthermore, this will give the chance to evaluate, after systematic approach analysis, and corroborate the final conclusion under which that bound between them is not suitable to determine a “positive contamination” of matter of judgement.

 
PRESCRIZIONE DEL REATO E INAMMISSIBILITÀ DELL’IMPUGNAZIONE: “UN BINOMIO INSTABILE” Il rapporto fra prescrizione del reato e inammissibilità dell’impugnazione rappresenta una sorta di evergreen del diritto processuale penale che vanta una sedimentata tradizione giurisprudenziale e sul cui sfondo si staglia la più ampia tematica del rapporto, tutt’ora sprovvisto di chiari indici normativi atti a fissare un ordine di priorità [1], fra l’obbligo di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p. e gli altri provvedimenti, talora dal contenuto antitetico, che devono essere adottati d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento (o del processo) [2]. Sul tema de quo, affatto articolato, il massimo organo di nomofilachia si è espresso in un numero assai considerevole di pronunce, le quali, lentamente, hanno condotto alla definizione di alcuni punti fermi, in un itinerario che, tuttavia, non sembra ancora concluso [3]. Il trend ermeneutico è comunque chiaro: negli ultimi arresti la Cassazione, pur con alcune deviazioni estemporanee e talune precisazioni dovute ad una più attenta valutazione di alcune fattispecie (si pensi alle ipotesi di abolitio criminis, di remissione della querela, ecc. [4]), ha progressivamente eroso gli spazi riservati all’operatività dell’art. 129 c.p.p. laddove il ricorso non superi il vaglio di ammissibilità. La via per giungere a siffatto risultato, come è noto, è consistita nel ricondurre progressivamente ad unitarietà l’istituto dell’inammissibilità dell’impugnazione, sconfessando – almeno sotto il profilo degli effetti – la distinzione, di matrice dottrinale e giurisprudenziale, fra cause originarie e cause sopravvenute di i­nam­missibilità: si è cioè assistito alla progressiva dilatazione dell’area delle cause originarie d’inam­mis­sibilità a discapito dello spazio riservato a quelle sopravvenute, sino a pervenire al definitivo abbandono di siffatta dicotomia [5]. Può peraltro scorgersi, in tale indirizzo ermeneutico, il chiaro intento di preservare il ruolo istituzionale della Suprema Corte, contrastando la prassi della proposizione di ricorsi meramente dilatori, funzionali – quasi esclusivamente – a procrastinare il passaggio in giudicato della sentenza nella prospettiva di poter lucrare, in extremis, una prescrizione non ancora maturata all’esito del giudizio di merito [6]: è così emerso «il carattere paradossale di una giurisprudenza che, mentre appare irremovibile nella difesa della natura “sostanziale” della prescrizione, con le conseguenze, in tema di favor rei, che sono connesse a tale qualificazione, sia [continua..]

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Fascicolo 3 - 2018