Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Non luogo a procedere: sentenza processuale o di merito?


CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE V, SENTENZA 27 GENNAIO 2017, N. 4175 – PRES. BRUNO; REL. SETTEMBRE

Il Giudice dell’udienza preliminare “deve” pronunciare sentenza di non luogo a procedere quando risulta positivamente ed inequivocabilmente dagli atti una situazione che esclude l’esistenza del fatto di reato o la sua commissione da parte dell’imputato, nonché nel caso in cui gli elementi acquisiti siano talmente poco significativi da rendere inutile il vaglio dibattimentale, perché non idonei a determinare la condanna dell’imputato. Al Giudice suddetto è rimessa una valutazione di merito, da condurre nel rispetto della funzione propria dell’udienza preliminare: quella di fare da filtro rispetto ad imputazioni “azzardate”.

> < [Omissis]     RITENUTO IN FATTO   Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma ha pronunciato sentenza di non doversi procedere nei confronti di Z.P. e P.A. per insussistenza del fatto. I due erano accusati (il primo quale giornalista e il secondo quale direttore responsabile) di aver pubblicato sul quotidiano (omissis) un articolo di contenuto denigratorio riguardante il calciatore B.M., perché contenente le seguenti espressioni: (omissis), con riferimento alle avventure galanti di cui B. sarebbe stato protagonista e al fatto che, allorché si apriva il calcio mercato, B. era spesso oggetto di compravendita; (omissis), con riferimento, ancora una volta, alle storie passionali che l’avrebbero coinvolto; (omissis), nonché (omissis), con riferimento al fatto che, nel corso di una intervista, era stato lo stesso B. a definire (omissis) l’assassinio del padre – avvenuto quand’egli aveva undici anni – ad opera della camorra. Il Giudice ha ritenuto scriminate le espressioni perché costituenti esercizio del diritto di critica nei confronti di un personaggio pubblico. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione il difensore di B.M. con due motivi. 2.1. Col primo lamenta – in relazione alla ritenuta sussistenza del diritto di critica – l’erronea applicazione dell’art. 51 cod. pen. e la manifesta illogicità della motivazione con cui è tale sussistenza è stata giustificata. Contesta, al riguardo, che i fatti narrati siano veri (le maglie del club indossate erano state 9 e non 19; era stato accostato a donne che nemmeno conosceva; era stato stravolto il senso dell’intervista relativa alla morte del padre), che vi fosse un interesse pubblico alla divulgazione delle notizie riportate nel giornale (in particolare, quella in cui si ricordava che, nel 2006, era stato trovato positivo al cortisone e per questo squalificato per tre mesi) e che fosse stato rispettato il requisito della continenza espressiva. 2.2. Col secondo deduce la violazione dell’art. 425 cod. proc. pen., per essere stata emessa una sentenza di merito e non meramente processuale. Con memoria depositata in data 28/11/2016 P.M. Z. e A. P. hanno chiesto il rigetto del ricorso.   CONSIDERATO IN DIRITTO   Il ricorso non merita accoglimento. In base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, la legittimità della critica – anche di quella satirica – va valutata in base ai canoni della continenza espressiva, della verità della propalazione e della rilevanza pubblica della notizia. Tali canoni non possono dirsi superati nella specie. La verità delle propalazioni, infatti, è stata contestata solo genericamente e assertivamente dal ricorrente, sicché di nessun elemento dispone questa Corte per verificare se le maglie indossate da B. siano state 9 e [continua..]

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Fascicolo 4 - 2017