Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corti europee (di Giorgio Crepaldi)


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DIRITTO AD UN EQUO PROCESSO – RELATIVITÀ OGGETTIVA DEL DIRITTO (Corte e.d.u., 13 luglio 2017, Shuli c. Grecia) Nel trittico delle sentenze che ci si appresta ad analizzare, la Corte europea torna a pronunciarsi sul diritto ad un equo processo, sancito dall’articolo 6 della Convenzione: i Giudici alsaziani tracciano, infatti, una lettura sistematica dei principi promananti dalla norma in esame. Mentre, infatti, il primo paragrafo dell’articolo in commento consacra il diritto di ciascuno a che la propria causa sia esaminata “equamente, pubblicamente ed entro un limite di tempo ragionevole”, da un Tribunale indipendente e costituito per legge, il terzo paragrafo disciplina, invece, alcune concrete implicazioni del principio de quo: tali sono il diritto dell’imputato a ricevere adeguate e comprensibili informazioni circa l’accusa (lettera a), quello di disporre del “tempo” e delle “facilitazioni” necessarie a predisporre un’adeguata difesa (lettera b), quello di difendersi personalmente e tramite l’assistenza di un difensore – fornitogli d’ufficio qualora lo esigano “gli interessi della giustizia” – (lettera c), quello di poter esaminare i testimoni a carico e di convocare ed interrogare testimoni a discarico (lettera d), nonché, infine, quello all’assistenza gratuita di un interprete, qualora l’imputato non parli o non comprenda la lingua usata in udienza (lettera e). La Corte, ad ulteriore specificazione, definisce i contorni e l’estensione del diritto in commento, attribuendogli una natura non assoluta bensì relativa. Relatività, quest’ultima, che si esplica in una duplice accezione: oggettiva e soggettiva. Per ciò che attiene alla prima connotazione, i Giudici alsaziani ammettono che il diritto ad un equo processo possa essere assoggettato a limitazioni da parte dell’ordinamento di uno Stato membro. Le autorità nazionali godono, infatti, di un certo margine di discrezionalità nel dare attuazione ai summenzionati principi attraverso norme di diritto interno: rimane, tuttavia, di competenza della Corte la finale e complessiva valutazione circa la conformità dei suddetti limiti rispetto ai principi espressi dalla Convenzione. A detta dei Giudici alsaziani, del resto, le restrizioni oggettive apportate al principio de quo non trovano fondamento sic e simpliciter nel potere discrezionale facente capo a ciascuno stato membro, ma si giustificano solo ed esclusivamente quando questi confini perseguano un legittimo scopo, quale potrebbe essere quello di assicurare un’adeguata amministrazione della giustizia, e solo quando sussista un ragionevole rapporto di proporzionalità tra il contenimento imposto ed il risultato stabilito (v. Parere Lupeni Greek Catholic Parish e altri contro Romania N. 76943/11, §89, CEDU 2016 [continua..]

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