Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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La Corte costituzionale restringe ancora i confini della testimonianza assistita (di Gian Marco Baccari)


Con la pronuncia in commento il Giudice delle leggi, sulla scia della sentenza n. 381 del 2006, ha stabilito che la deposizione dell’imputato connesso o collegato assolto in via definitiva per insussistenza del fatto deve avvenire senza l’assistenza del difensore e non necessita dei riscontri. Aumentano così gli statuti testimoniali nel contesto di un quadro normativo già molto complesso.

The constitutional Court reduces assisted witness's boundaries once again

The constitutional Court, in the wake of the previous judgement n. 381, 2006, decides that the related defendant’s deposition after being acquitted in fact must be done without the advocate’s assistance and doesn’t require any corroborations. Thus the number of the witness’s statutes increases within an already complex legislative framework.

LA GENESI DELLA PRONUNCIA La questione sottoposta alla Corte scaturisce da un processo in cui l’accusa di “spaccio” di sostanze stupefacenti rivolta a tre persone era incentrata esclusivamente sulle dichiarazioni rese da colui che aveva acquistato la droga dagli imputati e che era già stato assolto con l’ampia formula liberatoria “perché il fatto non sussiste” [1]. Costui, quindi, era stato sentito in dibattimento correttamente come “testimone assistito” ai sensi dell’art. 197-bis c.p.p e non mediante il mezzo di prova dell’esame di imputato connesso o collegato (art. 210 c.p.p.). Tuttavia, le dichiarazioni accusatorie avrebbero potuto condurre alla condanna soltanto in presenza di «altri elementi di prova», in virtù della regola di valutazione contenuta nell’art. 192, comma 3, c.p.p., richiamata espressamente dall’art. 197, comma 6, c.p.p. A fronte della mancanza nel caso concreto dei necessari riscontri, il giudice rimettente ha denunciato l’illegittimità di quest’ultima disposizione per contrasto con l’art. 3 della Costituzione. Nell’ordinanza di rimessione vengono richiamati gli argomenti già utilizzati a suo tempo dalla Consulta per sottrarre in parte l’imputato assolto «per non avere commesso il fatto» alla disciplina della testimonianza assistita [2]. Si afferma, in particolare, che l’irrevocabilità di una sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto pone la persona assolta nella stessa situazione di indifferenza del teste ordinario rispetto all’oggetto del processo. Per questo stesso motivo, inoltre, la disciplina è stata denunciata anche sotto il profilo della necessaria assistenza difensiva al dichiarante assolto in via definitiva con la formula in parola. Tale questione, pur se non rilevante nel giudizio a quo, veniva portata all’esame del Giudice delle leggi nell’auspicio di una perfetta assimilazione tra «la posizione del coimputato per reato connesso assolto “perché il fatto non sussiste” a quella del coimputato per reato connesso “assolto per non aver commesso il fatto”». L’ITER ARGOMENTATIVO Con la pronuncia in commento la Corte ha accolto, in via diretta, la questione di illegittimità dell’art. 197-bis, comma 6, c.p.p., nella parte in cui richiede l’obbligo dei riscontri anche per le dichiarazioni rese dall’imputato assolto in via definitiva con la formula “perché il fatto non sussiste”; in via derivata, la questione di illegittimità parziale del comma 3 dell’art. 197-bis c.p.p. in ordine all’obbligo dell’assi­stenza difensiva per l’assunzione della testimonianza di quest’ultimo. La trama della decisione riproduce in maniera quasi identica i contenuti della [continua..]

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Fascicolo 4 - 2017