Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

13/01/2017 - Cass., Sez. V, 13 gennaio 2017, n. 1691

argomento: decisioni in contrasto - impugnazioni

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Secondo un consolidato orientamento, fondato sulla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (Corte EDU, sez. III, 5 luglio 2011, Dan. C. Moldavia) il giudice di appello non può pervenire a condanna, a riforma della sentenza di assoluzione di primo grado, basandosi esclusivamente o in modo determinante su una diversa valutazione delle fonti dichiarative senza aver proceduto, anche d'ufficio, ai sensi dell'art. 603, c. 3 c.p.p., a rinnovare l'istruzione dibattimentale attraverso l'esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo, ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado. In particolare l’obbligo di disporre la rinnovazione delle prove dichiarative è stato affermato anche con riguardo all’esame dei periti e dei consulenti tecnici dalla corte di Cassazione secondo la quale la rivalutazione delle perizie e delle consulenze in atti deve essere preceduta dal riascolto del teste, in considerazione della funzione svolta dal perito nel processo e delle modalità di acquisizione dei risultati a cui l’esperto è giunto nello svolgimento dell’incarico peritale (Cass., sez. II, 12 agosto 2015, n. 34843).

Di segno opposto la sentenza in esame in cui si afferma che la dichiarazione resa dal perito o dal consulente tecnico non costituisce prova dichiarativa assimilabile a quella del testimone, in quanto la loro relazione forma parte integrante della deposizione e può essere disattesa dal giudice, che può discostarsi da essa purché argomenti congruamente la propria diversa opinione. Pertanto in tale caso il giudice di appello non ha l’obbligo di procedere alla rinnovazione dibattimentale nel caso di riforma della sentenza di assoluzione sulla base di un diverso apprezzamento di essa.