Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
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Le Sezioni Unite si pronunciano sull'interesse a ricorrere del Pubblico ministero (di Chiara Rosa Blefari, Cultore di Diritto processuale penale – Università degli Studi Luiss Guido Carli)


Con la sentenza in commento le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono tornate a pronunciarsi sulla complessa questione dell’interesse del pubblico ministero a impugnare il provvedimento con cui il Giudice del riesame, non solo rilevi l’incompetenza del giudice che ha pronunciato l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere, ma altresì la annulli, per carenza dei presupposti.

The Cassation Court states about the interest of the public prosecutor to challenge the order by which the judge of the review

With this sentence the United Sections of the Cassation Court have again ruled on the complex question of the interest of the public prosecutor to challenge the measure with which the Judge of the review, not only did it find that the judge who issued the order for the application of pre-trial detention in prison was incompetent, but it also annulled it because the conditions were not existed.

Interesse del Pubblico ministero a impugnare il provvedimento con cui il giudice del riesame, rilevata l’incompetenza del giudice che ha disposto la misura cautelare, annulli l’ordinanza applicativa Sussiste l’interesse del pubblico ministero a impugnare il provvedimento con il quale il Tribunale del riesame, rilevata l’incompetenza del giudice per le indagini preliminari, annulla, per carenza delle condizioni di applicabilità, l’or­dinanza con cui quello stesso giudice ha disposto la misura cautelare della custodia in carcere, se l’impugnazione è funzionale a garantire il tempestivo intervento del giudice competente. [Omissis]   RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 16 marzo 2019 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trapani applicava a (omissis), assistente capo della Polizia di Stato, la misura cautelare della custodia cautelare in carcere, ritenendo sussistenti a suo carico gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di corruzione propria, commesso in Trapani nell’aprile del 2016, nonché le esigenze cautelari di cui alle lett. a) e c) dell’art. 274 cod. proc. pen. Il provvedimento genetico aveva in realtà contenuto assai più articolato, riguardando la posizione anche di altri soggetti in riferimento a ulteriori reati. Avendo constatato l’eterogeneità del luogo di consumazione dei diversi illeciti oggetto della richiesta cautelare, il G.i.p. riteneva in ogni caso idoneo a radicare la propria competenza esclusiva il rilevato rapporto di connessione ai sensi dell’art. 12 lett. b) e c) cod. proc. pen. intercorrente tra gli stessi ed il fatto che più gravi, ai sensi del successivo art. 16, dovevano essere considerati alcuni degli episodi corruttivi, certamente consumati in Trapani, oggetto di contestazione, ancorché non nei riguardi del (omissis). Avverso tale provvedimento l’indagato avanzava richiesta di riesame al Tribunale di Palermo, deducendo: a) l’incompetenza territoriale del giudice emittente e della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trapani in favore del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo; b) l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, stante l’assenza di riscontri in ordine all’individuazione quale autore della rivelazione del segreto d’ufficio, oggetto dell’ipotizzato patto corruttivo; c) l’insussi­stenza delle esigenze cautelari, stante l’immodificabilità del materiale probatorio (costituito essenzialmente da intercettazioni telefoniche) e l’avvenuta sospensione dal servizio; d) la violazione dei principi di proporzionalità e adeguatezza. Il Tribunale del riesame di Palermo, con l’ordinanza impugnata, accogliendo il gravame proposto dall’indagato, ha riconosciuto l’incompetenza per territorio del giudice che aveva adottato la misura, [continua..]

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SOMMARIO:

1. L’ampiezza del sindacato del Giudice del riesame sull’ordinanza emessa dal giudice incompetente - 2. L’interesse del Pubblico ministero all’impugnazione dell’ordinanza del Tribunale del riesame e la soluzione prospettata dalla Corte di Cassazione - 3. Riflessioni conclusive - NOTE


1. L’ampiezza del sindacato del Giudice del riesame sull’ordinanza emessa dal giudice incompetente

L’annosa questione risolta dalle Sezioni Unite, con la pronuncia in commento, impone delle riflessioni che coinvolgono diverse disposizioni del Codice di rito. La complessità dell’iter logico-argomentativo sotteso alla sentenza deriva principalmente dal fitto intreccio di norme venutosi a creare in relazione alle tematiche coinvolte. Il punto di partenza è costituito dall’esatta perimetrazione da assegnare al concetto di “interesse ad impugnare” che fa capo, in tale frangente, al pubblico ministero. L’universo delle impugnazioni de libertate eredita da quello delle impugnazioni il principio della legittimazione e dell’interesse a ricorrere, coniugandolo, tuttavia, con lo specifico contesto che fa capo al regime e ai principi inerenti alle misure cautelari personali. La difficoltà riscontrata dagli interpreti in tale frangente deriva, tuttavia, dalla particolarità dell’im­pugnazione proposta dal PM, ossia la statuizione da parte del giudice del riesame, sulla competenza del giudice per le indagini preliminari che ha applicato la misura cautelare, id est, in tal caso, la dichiarata incompetenza [1]. Il punctum pruriens della questione è quello, dunque, di comprendere, anzitutto, se sussista in tal caso un interesse del pubblico ministero a proporre ricorso per Cassazione avverso la pronuncia del giudice del riesame e, in secondo luogo, come si declini tale interesse. È del tutto evidente che la soluzione al problema non sia né immediata né pacifica. Come evidenziato dalla Corte, che nella sentenza in commento richiama numerose e più o meno datate pronunce della giurisprudenza di legittimità, la questione non può essere risolta se prima non si chiarisce quale sia l’ampiezza dei poteri del giudice del riesame, e cioè, se vi sia la possibilità per quest’ultimo di sindacare nel merito la pronuncia del giudice competente, statuendo circa la presenza o meno dei requisiti che legittimano l’applicazione di una misura cautelare personale [2]. Sul punto la giurisprudenza di legittimità è, ormai da anni, ampiamente divisa tra diversi orientamenti, all’interno dei quali si sono sviluppati, a loro volta, ulteriori orientamenti che divergono dalla matrice per piccolissimi ma non irrilevanti dettagli. Secondo un primo orientamento [3], sposato dalla giurisprudenza di [continua ..]


2. L’interesse del Pubblico ministero all’impugnazione dell’ordinanza del Tribunale del riesame e la soluzione prospettata dalla Corte di Cassazione

Dopo aver chiarito l’ampiezza del sindacato del giudice del riesame sull’ordinanza genetica, emessa dal giudice dichiarato incompetente, risulta più agevole la disamina del nodo centrale della sentenza pronunciata dalle Sez. un., e cioè, se sussista o meno l’interesse del PM all’impugnazione del provvedimento del giudice del riesame. A tal fine, appare indispensabile un previo e breve excursus sul ricorso per Cassazione in tema di misure cautelari e sul concetto di interesse a proporre impugnazione. Il ricorso per cassazione, disciplinato dall’art. 311 c.p.p., costituisce il terzo strumento, dopo riesame e appello, del sistema di impugnazioni predisposto dal legislatore nell’ambito della disciplina delle misure cautelari. Esso si articola nella forma del ricorso diretto (c.d. per saltum), alternativo al riesame nonché del ricorso per gradi avverso le decisioni emesse a seguito di riesame o di appello. Tale sistema di impugnazione dà vita ad un procedimento incidentale dotato di completezza ed autonomia sia quanto alla procedura di individuazione ed applicazione delle misure di cautela sia con riferimento a strumenti di controllo e di gravame [19]. L’intento perseguito dal legislatore, difatti, è quello di assicurare l’esame di merito di tutti i provvedimenti sulla libertà personale, con garanzia del contraddittorio e susseguente ricorribilità per Cassazione [20]. L’indubbia natura di impugnazione del ricorso cautelare di legittimità rende estensibile al mezzo de quo una delle condizioni di ammissibilità del gravame, ossia l’interesse, che deve sempre sussistere quale causa di ammissibilità dell’impugnazione. La problematica ha assunto nel corso degli anni dimensioni notevoli, a causa dei diversi contenuti che sono stati di volta in volta attribuiti al termine “interesse” e, soprattutto, alla tipologia di vantaggio che si potrebbe conseguire attraverso la proposizione del mezzo; senza trascurare la diversità di connotati legata alla parte che interponga il ricorso [21]. Ed è proprio al contenuto dell’interesse e del vantaggio che bisogna far riferimento per comprendere le motivazioni che fondano la decisione delle Sezioni unite. Per proporre ricorso, anche nell’incidente cautelare, il soggetto legittimato deve perseguire un interesse che sia concreto e attuale, [continua ..]


3. Riflessioni conclusive

La questione affrontata e risolta dalla Corte nella sentenza in commento si inserisce nel solco di una querelle di lunga durata e mai del tutto risolta. A ben vedere, infatti, ciascuno degli orientamenti giurisprudenziali, avvicendatisi nel tentativo di risolvere il contrasto venutosi a creare, reca in sé degli spunti interessanti, dotati di assoluto fondamento giuridico. E del resto, il contrasto si è certamente originato a causa della complessità delle argomentazioni e degli istituti sottesi al problema in esame, che risulta strutturato in maniera concentrica, di tal ché non può giungersi alla soluzione, se prima non si affrontano i vari passaggi che vi conducono. La chiave per la soluzione della questione consiste anzitutto nell’individuazione dell’esatto contenuto da assegnare al concetto di “interesse a impugnare”. Nessuno degli orientamenti ripercorsi risulta essere privo di fondamento; in particolare, quello teso a negare l’interesse del PM che ha proposto la misura a impugnare, si basa su argomentazioni fedeli ad un ragionamento logico saldamente ancorato alla struttura stessa del Codice di procedura penale. La dichiarazione di incompetenza, in altre parole, rappresenterebbe il momento risolutivo dei poteri, non solo del giudice incompetente, ma anche del PM che aveva inizialmente richiesto la misura. Dal momento successivo alla declaratoria dell’incompetenza, insomma, interesse e legittimazione, latamente intesi, passerebbero al nuovo titolare delle indagini. Le ragioni sottese, invece, all’orientamento favorevole alla sussistenza dell’interesse a impugnare del pubblico ministero, hanno radici profonde e radicate in un ragionamento capillare, che ripercorre e ricollega tra loro diverse disposizioni del Codice di procedura penale e le aggancia a principi costituzionali, dai quali non può prescindersi. Mediante il riferimento all’art. 27 c.p.p. [28], i sostenitori di tale orientamento ricostruiscono un iter logico che si preoccupa di mantenere saldo il bilanciamento tra i vari interessi in gioco, ossia quello del Pubblico ministero a non veder caducata del tutto l’efficacia della misura e quella dell’imputato a godere delle garanzie che gli spettano (in particolare la possibilità di contraddittorio in costanza della limitazione della sua libertà personale). Sposare una tesi piuttosto che un’altra dipende, [continua ..]


NOTE