Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Consentito e “riservato” il colloquio in carcere con il difensore straniero? (di Francesca Romana Mittica, Dottore di ricerca in Diritto pubblico – Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”)


Il diritto del detenuto di conferire riservatamente con il proprio difensore non va mai autorizzato ma costituisce una “garanzia” indefettibile per esercitare in modo compiuto la difesa; la violazione di tale diritto genera ripercussioni deleterie sull’intera vicenda processuale. Tuttavia, la captazione dei colloqui in carcere tra imputato e difensore sembra legittima laddove il professionista non sia patrocinante in Italia, stante il ruolo “precario” di quest’ultimo sul territorio nazionale. L’autore, a tal riguardo, invoca un cambio di rotta, se non con un intervento del legislatore, quantomeno della giurisprudenza.

Is the interview in prison with the foreign defender allowed and “reserved”?

The right of the prisoner to confer confidentially with his defender must never be authorized but constitutes an indefectible "guarantee" to exercise the defense in a complete way; the violation of this right generates deleterious repercussions on the entire procedural matter. However, the capture of talks in prison between defendant and defender seems legitimate where the professional is not patronizing in Italy, given the “precarious” role of the latter on the national territory. In this regard, the author calls for a change of course, if not with an intervention of the legislator, at least in the jurisprudence.

I SOGGETTI AUTORIZZATI AL COLLOQUIO L’ordinamento penitenziario, nel perseguire – su impulso della Costituzione – la finalità del reinserimento sociale, è indirizzato a promuovere ed organizzare l’adesione di entità pubbliche e private al progetto rieducativo dei condannati e degli internati [1]. Nella prospettiva di un collegamento tra la comunità intramuraria e il mondo esterno sono consentite, senza alcuna autorizzazione, come accade per il difensore [2], una serie di visite da parte di alcuni individui qualificati, elencati all’art. 67 ord. pen., in modo da favorire una coassunzione di responsabilità della società rispetto al carcere [3], sia con riguardo alla tutela del principio dell’umanità dello stato di detenzione [4], cui consegue un trattamento di sostegno degli imputati [5], sia rispetto alla finalità essenziale del recupero ampiamente auspicato dei soggetti in vinculis [6]. Si tratta di cariche, di natura giurisdizionale, religiosa o politica e dei rispettivi accompagnatori per ragioni del loro ufficio [7]: persone che non hanno una funzione legata alla difesa o al processo ma le quali hanno titolo ex lege ad interagire con il detenuto per le finalità di cui sopra. Invece, in virtù del loro incarico possono accedere al colloquio gli avvocati e, previa autorizzazione, gli interpreti, i consulenti tecnici e i loro ausiliari. Inoltre, possono accedere agli istituti, per ragioni del loro ufficio e con il premesso del magistrato, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria. Anche i giornalisti devono essere autorizzati, dal direttore del carcere se devono rivolgere un’inter­vista a condannati, internati o imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, o negli altri casi, dall’autorità giudiziaria che procede. Vale la stessa cosa per i rappresentanti consolari, per i quali, però, la direzione deve acquisire il consenso del detenuto. Infine, con il bene placet del magistrato procedente, o del direttore del carcere se si tratti di soggetto già raggiunto da una condanna di primo grado, sono ammessi i colloqui con i congiunti e i conviventi, o se ricorrono ragionevoli motivi con persone diverse, nel rispetto delle limitazioni e delle previsioni indicate all’art. 37 del d.p.r. 230 del 2000. Orbene, per focalizzare l’attenzione sul rapporto tra detenuto e difensore e al fine di circoscrivere il perimetro delle libertà, appare utile operare un raffronto con le condizioni di chi non è sottoposto ad un’autorizzazione per effettuare un colloquio con la persona ristretta. Preliminarmente occorre specificare che i colloqui visivi con l’avvocato sono privilegiati in quanto confidenziali, non hanno limiti numerici o di nulla osta né vi sono limiti di durata, essendo costui unicamente tenuto alla osservanza [continua..]

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