Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte costituzionale (di Francesca Proia)


Decreto penale di condanna: è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale relativa alla conversione della pena (C. Cost., ord. 10 marzo 2020, n. 66) La Consulta è stata chiamata a pronunciarsi sulla questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., dell’art. 459, comma 1 bis, c.p.p. nella parte in cui prevede che il valore giornaliero di conversione della pena detentiva in pecuniaria sia pari nel minimo a 75 euro e, nel massimo, fino a tre volte tale ammontare, tenuto conto della condizione economica complessiva dell’im­pu­tato e del suo nucleo familiare. In merito al primo parametro evocato, la norma in questione è stata ritenuta dal giudice a quo lesiva del principio di uguaglianza in quanto prevede – per il solo procedimento per decreto – un trattamento sanzionatorio irragionevolmente differenziato rispetto a quello sancito nell’ambito del rito ordinario. Da una parte, perché nel primo caso, la pena detentiva giornaliera oscilla tra i 75 e i 225 euro, mentre nel secondo caso, in base al combinato disposto degli artt. 135 c.p.p. e 53 della legge del 24 novembre 1981, n. 689, il tasso di ragguaglio è compreso tra i 250 e i 2500 pro die; dall’altra, perché la scelta del rito è rimessa unicamente alla discrezionalità del pubblico ministero che può procedere o meno con la richiesta di decreto penale di condanna. A parere del giudice remittente, la natura discriminatoria e l’irragionevolezza dell’art. 459, comma 1 bis, c.p.p. non sono temperate neppure dalla possibilità per il giudice di sindacare la congruità della pena nel procedimento per decreto in quanto la pena è stata precedentemente determinata dal pubblico ministero ed i parametri di valutazione prefissati dalla norma stessa. Trattasi, inoltre, di un effetto premiale esclusivo del rito de quo. Di conseguenza, ‹‹l’irrogazione di una pena pari a anche meno di 1/20 di quella irroganda all’esito del giudizio ordinario››, si pone in aperto conflitto con l’art. 27 Cost., in quanto non compatibile con le finalità deterrenti e rieducative della pena. Il Giudice delle leggi, richiamando la sentenza n. 155 del 2019, con la quale aveva affrontato identiche questioni, ha nuovamente ritenuto insussistenti i profili di illegittimità costituzionale in relazione agli artt. 3 e 27 Cost. La scelta di prevedere un effetto premiale più ampio per l’imputato giudicato con decreto penale di condanna non determina alcuna disparità di trattamento tra lo stesso e gli imputati giudicati con rito ordinario o con altri riti speciali. Si tratta, piuttosto, di una caratteristica peculiare dell’istituto de quo che ne incentiva la scelta. I Giudici costituzionali, inoltre, hanno sottolineato che non sussistono [continua..]

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