La Corte di Cassazione ha stabilito che la motivazione del sequestro probatorio deve investire anche il rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità tra i beni oggetto del vincolo e le finalità investigative perseguite. Pare così ampliarsi, in ottica garantista, l’onere motivazionale di un provvedimento che dispone il sequestro a fini di prova.
The Court of Cassation established that the motivation for the probationary seizure must also invest the respect for the principles of adequacy and proportionality between the assets covered by the bond and the investigative purposes pursued. Thus, from a guarantee point of view, the motivational burden of a provision that provides for the seizure for trial purposes seems to be widening.
La vicenda concreta - La motivazione del sequestro probatorio - La decisione della Suprema Corte: i principi di adeguatezza e proporzionalità in materia probatoria - NOTE -
La sentenza che si annota ha stabilito la necessità che il provvedimento che dispone il sequestro probatorio di materiale documentativo sia adeguatamente motivato in ordine ai principi di adeguatezza e proporzionalità rispetto alle concrete finalità investigative perseguite. La Corte di Cassazione è così tornata ad accendere i riflettori su di una tematica – quella del contenuto della motivazione del sequestro probatorio – che ha spesso attratto gli sforzi ricostruttivi della dottrina e della giurisprudenza. Prima procedere all’esame del decisum della S.C., occorre dare conto delle vicende processuali di riferimento. La sentenza qui in rilievo trae origine dal ricorso per cassazione proposto avverso l’ordinanza con cui il Tribunale di Gorizia confermava un decreto di sequestro probatorio di numerosi documenti cartacei di natura tecnica e contabile (inerenti all’attività economica svolta da una società di capitali facente capo agli indagati), nonché di una somma di denaro in contanti e di copia dei file contenuti in server informatici e in pen drive, nell’ambito di un procedimento penale instaurato per il delitto di turbata libertà degli incanti di cui all’art. 353 c.p. La difesa evidenziava come la motivazione dell’ordinanza fornita dal collegio giudicante fosse apparente [1]. In modo più preciso, secondo le prospettazioni difensive il Tribunale di Gorizia aveva confermato un decreto di sequestro probatorio privo di adeguato sostegno motivazionale circa il rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità tra i beni oggetto del vincolo e le finalità investigative. Infatti – osservavano i difensori – il sequestro della documentazione era stato massivo, vale a dire che aveva colpito l’intera documentazione delle attività svolte dalla società degli indagati in molti anni, nonostante il reato di turbativa d’asta formalmente contestato nel capo d’imputazione fosse soltanto uno, riguardante una sola gara di appalto. Adita sulla questione, la S.C., nell’accogliere le doglianze difensive nei limiti che verranno esposti nel prosieguo, ha ricordato che «è illegittimo, per violazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità, il sequestro a fini probatori di un materiale documentativo, compreso quello presente in un sistema informatico, che [continua ..]
La decisione in commento si presenta come l’approdo di un lungo percorso evolutivo della giurisprudenza, la quale, in materia di motivazione del sequestro probatorio [2], ha oscillato tra due posizioni opposte [3]. Alla stregua di un primo orientamento [4], ormai superato, il corpo del reato dovrebbe essere automaticamente soggetto a sequestro. Ciò in forza della sua diretta relazione con il reato stesso, cosicché l’esigenza probatoria, in casi di questo tipo, sarebbe in re ipsa. Ne deriva per l’autorità giudiziaria un onere motivazionale piuttosto leggero. Essa, invero, dovrebbe limitarsi ad indicare che il bene oggetto di apprensione va qualificato alla stregua di “corpo del reato” [5], nulla dovendo aggiungere circa il suo collegamento con i fini investigativi. I sostenitori di questa impostazione fanno leva sulla formulazione dell’art. 253, comma 1, c.p.p., ove si afferma che il sequestro è disposto dall’autorità giudiziaria con decreto motivato ed ha ad oggetto il corpo del reato e le cose pertinenti al reato «necessarie» per l’accertamento dei fatti. Proprio l’uso dell’aggettivo “necessarie”, concordato nel numero e nel genere all’espressione «cose pertinenti al reato», sembra suggerire la scelta del legislatore di limitare l’obbligo motivazionale del sequestro probatorio alle sole cose “pertinenziali” e non anche al corpo del reato. Si è sostenuto, in questo senso, che per riferire il termine “necessarie” anche al corpus delicti l’aggettivo doveva essere declinato al maschile plurale [6]. Ne consegue che, alla luce di questa impostazione esegetica, l’autorità giudiziaria dovrebbe esplicitare le ragioni dell’apprensione del bene solo nel caso in cui il sequestro abbia ad oggetto le cose pertinenti al reato. Al contrario, il rapporto di immediatezza intercorrente tra il corpo del reato e l’illecito fonderebbe una presunzione di necessità di porre in essere il sequestro. In base ad un secondo orientamento [7], che si ritiene ad oggi prevalente, la motivazione del sequestro probatorio dovrebbe presentare la medesima pregnanza, sia che esso cada sul corpo del reato, sia sugli elementi pertinenziali. Le conseguenze pratiche di questa diversa tesi sono rilevanti: muta, rispetto all’orientamento [continua ..]
Quanto deciso dalla S.C. si pone in perfetta continuità concettuale con l’orientamento secondo cui il sequestro probatorio deve essere adeguatamente motivato sotto il profilo delle concrete finalità investigative che si intendono perseguire. Anzitutto, si osservi come, nel caso di specie, il pericolo di un eventuale dissidio interpretativo risultava attenuato dalla qualificazione – da parte del Tribunale di Gorizia – della documentazione della società degli indagati in termini di cosa pertinente al reato. Ne deriva che, al di là dell’orientamento sposato, in ogni caso sussisteva, nella vicenda qui in rilievo, il dovere di motivare sotto il profilo della necessità dei beni sequestrati per l’accertamento dei fatti. Tuttavia, la S.C. ha stabilito che tale onere motivazionale è stato disatteso, in quanto l’adozione del provvedimento di sequestro dei documenti della società è risultata priva di apprezzabili ragioni investigative. Ricorda il decidente, a tal proposito, che «è illegittimo, per violazione dei principi di proporzionalità ed adeguatezza, il sequestro a fini probatori di un materiale documentativo, compreso quello presente in un sistema informatico, che conduca, in difetto di specifiche ragioni, ad una indiscriminata apprensione di tutte le informazioni ivi contenute». «Questa regula iuris», continua la Corte di Cassazione, «ispirata all’applicazione estensiva del principio fissato dall’art. 275 c.p.p. per le misure cautelari personali, ritenuto operante anche per quelle reali, in base alla quale è possibile affermare che è di certo illegittima, se non accompagnata da specifiche ragioni, una indiscriminata acquisizione dell’intero contenuto di un sistema informatico, perché anche un singolo computer può essere equiparato ad un intero deposito in senso fisico, tenuto conto delle sue enormi potenzialità di archiviazione di grandi masse di dati”, vale a maggior ragione nell’ipotesi di sequestro esteso ad un intero archivio di documentazione cartacea, laddove il vincolo non sia proporzionato rispetto ai bisogni probatori ovvero non sia altrimenti spiegata la ragione investigativa che giustifica un vincolo indiscriminato dell’intero materiale». Il punto nevralgico della decisione in commento è costituito proprio dalla estensione, [continua ..]
[1] Così la decisione in commento, nella quale si evidenzia che il difensore nella propria richiesta si era limitato a segnalare l’esigenza di utilizzare il personal computer in considerazione della “corposità” del fascicolo processuale. [2] O subito dopo l’arresto in flagranza o il fermo di indiziato di reato (art. 104, comma 4, c.p.p.). [3] Sul tema – con riferimento anche alla disciplina del previgente codice di rito – si vedano, senza pretesa di esaustività, R. Adorno, Diritto al difensore dell’imputato in vinculis e procedimento cautelare, in D. Negri-P. Renon (a cura di), Nuovi orizzonti del diritto alla difesa tecnica. Un itinerario tra questioni attuali e aperture del quadro normativo, Torino, Giappichelli, 2017, p. 138 ss.; R. Archidiacono, Divieto di colloquio col difensore e riflessi sullo stato di detenzione dell’indagato, in Giust. pen., 1993, c. 558 ss.; V. Bonini, Effettività del diritto di difesa e disciplina dei rapporti tra difensore ed assistito in vinculis, in AA.VV., Il giusto processo, Milano, Giuffrè, 1998, p. 183 ss.; L. Bresciani, sub art. 104 c.p.p., in M. Chiavario (coordinato da), Commento al nuovo codice di procedura penale, Torino, Utet, 1998, p. 76 ss.; D. Certosino, I colloqui difensivi dal codice Rocco alla riforma dell’ordinamento penitenziario, in questa Rivista, 2019, p. 1510 ss.; M. Colamussi, In tema di colloqui dell’imputato in custodia cautelare, in Cass. pen., 1995, p. 2199 ss.; G. Conso, Colloqui con l’imputato detenuto e diritto di difesa, in Arch. pen., 1970, p. 242 ss.; D. Curtotti Nappi, Difesa penale, in Dig. pen., Agg. III, Torino, Utet, 2005, p. 388 ss.; C. Fiorio, Libertà personale e diritto di difesa dell’imputato detenuto, in L. Giuliani-R. Orlandi (a cura di), Indagini preliminari e giudizio di primo grado. Commento alla legge 23 giugno 2017, n. 103, p. 55 ss.; A. Giarda, Il regime carcerario dell’imputato in custodia preventiva, in V. Grevi (a cura di), Diritti dei detenuti e trattamento penitenziario, Bologna, Zanichelli, 1981, p. 265; R.E. Kostoris, L’isolamento del detenuto in custodia cautelare tra sistema penitenziario e nuovo processo penale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1990, p. 1391; T. Procaccianti, sub art. 104 c.p.p., in G. Conso-G. Illuminati (a cura di), Commentario breve al codice di procedura penale, Padova, Cedam, 2015, p. 438 ss.; R. [continua ..]