Sequestro preventivo di denaro e mancata esecuzione per mancanza di risorse: sussiste l’interesse a proporre riesame
(Cass., sez. VI, 2 dicembre 2022, n. 45869)
La sentenza in commento costituisce un importante arresto in tema di sequestro preventivo di somme di denaro, laddove afferma che tale provvedimento deve ritenersi sempre impugnabile, anche quando la misura ablativa non sia stata eseguita per mancanza di risorse nella disponibilità dell’indagato.
Si tratta di una pronuncia importante ed innovativa sul punto, posto che, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente (Cass., sez. VI, 26 gennaio 2017; Cass., sez. III, 30 aprile 2019, n. 17839; Cass., sez. VI, 27 gennaio 2021, n. 3465, in tema di sequestro probatorio), deve, invece, ritenersi inammissibile la richiesta di riesame ex art. 324 c.p.p. avverso il decreto di sequestro preventivo che non sia ancora stato eseguito, non essendo ravvisabile alcun interesse concreto ed attuale a proporre impugnazione. A sostegno di tale impostazione, i giudici di legittimità hanno sempre fatto leva sull’indicazione del dies a quo del termine per impugnare contenuta nel primo comma dell’art. 324 c.p.p. (“dalla data di esecuzione o dalla diversa data in cui l’interessato ha avuto conoscenza dell’avvenuto sequestro”), la quale, oltre a delimitare l’intervallo temporale entro il quale può essere proposto il riesame, ne delimiterebbe anche la stessa proponibilità, atteso che “con l’individuazione di tale termine iniziale, il legislatore ha inteso evidenziare come soltanto a partire da tale momento possano validamente attivarsi gli strumenti di reazione previsti dall’ordinamento avverso il provvedimento ablativo assunto dall’A.G.”.
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La sentenza in commento, discostandosi da tale consolidato orientamento, riapre, di fatto, un contrasto che si era già evidenziato nella giurisprudenza formatasi nei primi anni di vigenza del codice di procedura penale tra l’impostazione che riteneva l’esecuzione del sequestro presupposto necessario per l’impugnazione (Cass., sez. III, 15 luglio 1993 n. 1664) e quella che riteneva di poterne prescindere (Cass., sez. III, 3 dicembre 1997, n. 4169; Cass., sez. IV, 29 aprile 1994, n. 605). La Suprema Corte, nella pronuncia in esame, chiarisce, anzitutto, che la questione (valorizzata dall’orientamento contrastante) dell’interesse ad impugnare deve essere tenuta distinta da quella della decorrenza iniziale del termine per impugnare, con la conseguenza di non poter automaticamente concludere per l’inammissibilità dell’impugnazione proposta prima della materiale apprensione del bene e di dovere, invece, dare rilievo determinante al diverso profilo della verifica della sussistenza di un interesse attuale e concreto alla rimozione del provvedimento. La regola della verifica dell’interesse ad impugnare non può, a sua volta, prescindere dagli effetti che dal sequestro derivano rispetto alla sfera giuridica del soggetto che ne subisce le conseguenze e così, nel caso in cui l’oggetto del sequestro sia la produzione di un vincolo che fissa un valore di riferimento che funge da misura per operare l’ablazione di beni presenti e futuri, la valutazione dell’interesse ad impugnare non può essere la medesima utilizzata per il sequestro di cosa determinata. Il provvedimento che disponga il sequestro di denaro fissando un importo di riferimento genera, infatti, un vincolo permanente di valore sulle consistenze pecuniarie anche future del soggetto, condizionando da subito ogni prospettiva di accrescimento patrimoniale, arrecando un immediato pregiudizio sotto il profilo dell’interesse ad escluderne l’efficacia anche prima dell’effettivo reperimento delle somme di denaro per l’importo stabilito; del resto, precisa la Corte di legittimità, la sottoposizione ad un vincolo di valore che colpisce anche gli introiti futuri, purché costituiti da somme di denaro, rende evidente come l’interesse alla rimozione di detto vincolo prescinda dall’attuale reperimento delle somme di denaro, poiché il pregiudizio è comunque correlato al carattere permanente dello stesso ed alla sua operatività slegata da una precisa e predefinita delimitazione temporale. Appare, altresì, evidente – secondo la Corte – la irragionevolezza di una posticipazione della tutela giudiziaria rispetto all’immediato pregiudizio che deriva dalla stessa determinazione del preciso importo da assoggettare a vincolo cautelare, nonché al diritto dell’indagato di ottenere una verifica immediata della [continua..]